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Latina. La Marina, le idee, i concorsi. Claudio Damato: «I punti deboli sono quelli che si trovano in tutte le città italiane, dopo la guerra»
Davanti le Telecamere di ParvapoliS con Claudio Damato, preside della Facoltà di Architettura del Politecnico di Bari e commissario di giuria del Concorso Internazionale di Idee per la riqualificazione della Marina di Latina, a Latina per presentare, insieme agli studenti della sua Facoltà, i progetti di studio urbanistico del territorio della città di Latina.
Professore, quali sono le maggiori criticità dal punto di vista urbanistico?
«Questa parola è un po' criptica, io direi i punti deboli: sono quelli che si trovano in tutte le città italiane, così come sono state costruite e ricostruite dopo la seconda guerra mondiale. Latina soffre di una in-cultura di cui i primi responsabili sono forse proprio gli architetti, che hanno subito una sorta di amnesia, con l'avvento dell'architettura moderna: si sono scordati le tradizioni delle città, la storia, ed hanno voluto immettere degli oggetti moderni che potrebbero anche essere belli in sé, ma la criticità, come dice lei, dipende dal fatto che nessuno si è posto il problema di contestualizzare la propria opera. Faccio un esempio banale: se mi invitano ad una cena, io esco con un vestito confacente, se vado ad una scampagnata, mi vesto in un altro modo. Ovvero, noi sappiamo, nella nostra cultura di italiani, che il vestito è un atto di rispetto verso chi ti ospita e se mi capita di stare in una cena in cui si parla inglese, cerco di parlare inglese. Invece l'architettura moderna (esagero, naturalmente, per rendere più esplicito il mio pensiero), è un po' come il ballo moderno: è come se ognuno andasse in palestra, fa il suo esercizio e non gliene frega niente di ciò che sta facendo l'altro, quindi posso trovare una ragazza bellissima, che balla benissimo, che però non comunica. Quindi il dramma di Latina ma anche di Roma, di Milano, è che sono state costruite dimenticando il vanto della cultura architettonica italiana che era non solo quello di saper fare buone architetture, ma - dal Rinascimento - di saper fare le città. Questa è la maggiore criticità, per cui noi vediamo un insieme di edifici, alcuni belli, altri brutti, che parlano ciascuno la propria lingua, non comunicando tra loro».
Lei è qui a Latina con molti studenti che non solo prepareranno la loro tesi di laurea sul concorso per la Marina, ma affronteranno anche una ricerca e prepareranno uno studio storico ed una monografia sull'urbanistica della città.
«Si, il nostro ultimo anno nella facoltà di Architettura del Politecnico di Bari è congegnato in maniera tale che tutti gli insegnamenti sono diretti a due obiettivi principali: il primo è il progetto di sintesi, di fine carriera, e l'altro è la tesi. È ovvio che le due cose sono correlate e naturalmente il progetto di sintesi verterà proprio sulla Marina, ma non solo: dato che sono tanti gli studenti, circa dieci, alcuni progetti verteranno anche sul recupero del centro storico, del nucleo di fondazione, o di alcuni borghi, e tutto il lavoro fatto per acquisire il materiale, quindi la ricerca di archivio, sarà oggetto della tesi. Stamattina, discutendo con gli studenti e con i colleghi architetti dell'Amministrazione Comunale di Latina, ho detto (proprio per polarizzare l'attenzione), che tutto questo si concreterà, a parte il progetto, in un libro che spero sia la prima monografia esaustiva e completa della vicenda urbanistica di Latina».
Il prof. Damato ha sottolineato in conferenza stampa che «restaurare il paesaggio si può e conviene, attraverso l'abbattimento e la delocalizzazione. Non un abbattimento imposto, bensì contrattato. Da questo concetto ho tratto la strategia per una mostra dal titolo "Progetto Sud" per la prossima Biennale di Architettura di Venezia: ho identificato alcune situazioni con costruzioni incongrue ed abusive, quali Bari (Punta Perotti), Crotone, Siracusa e Pantelleria. Tra queste intendo inserire anche Latina».
Andrea Apruzzese
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