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Latina. Casa della Musica. Massimo Rosolini: «Nella nostra idea di utilizzo dell'area non c'è solo l'auditorium, ma uno spazio polifunzionale»
Davanti le Telecamere di ParvapoliS Massimo Rosolini, assessore all'urbanistica del Comune, in occasione dell'incontro pubblico che il Comitato Spontaneo per la Casa della Musica ha avuto con il Comune per la realizzazione della struttura.
La Casa della Musica si farà, e come verrà realizzata?
«Sono lieto che l'Amministrazione Comunale si confronti con i cittadini, che in questo caso sono musicisti di elevate qualità, che propongono un loro progetto per l'utilizzazione dei capannoni dell'ex Consorzio Agrario, che il Comune ha acquistato, salvandoli da un possibile destino di demolizione. Destino che abbiamo evitato, perché oggi quei volumi sono nostri, sono una testimonianza storica, anche con qualità architettoniche notevoli e li vogliamo salvare e mantenere. Su quegli immobili l'Amministrazione ha presentato un'ipotesi di utilizzo, che è anche una richiesta di finanziamento alla Regione per avere risorse per ristrutturarli. La loro stessa collocazione, dietro al Teatro, vicino ai giardini pubblici e in asse con il Palazzo "M" (che dovrà diventare un elemento dell'Università, quando la Guardia di Finanza si sposterà negli spazi dell'ex Icos ristrutturati) li fa essere parte di un'asse culturale nel centro della città. Noi pensiamo ad un polo culturale, ovvero ad un luogo che possa accogliere più funzioni, ed avevamo pensato ad un sistema che contenesse una biblioteca, un auditorium (quindi le attività per la musica), attività culturali varie e la possibilità di aprirsi alla città, ovvero di fruirne tutto il giorno, come in tutte le città europee (ad esempio al Musée d'Orsay a Parigi). La Casa della Musica, ad un certo punto, è intervenuta con una sua ipotesi, di destinare l'intero complesso ad auditorium. Su questo si è creato un dibattito, che io ritengo positivo, in quanto non si sta discutendo tra un'iniziativa commerciale o speculativa ed una di carattere culturale. Qui ci sono due ipotesi di altissimo valore culturale che si confrontano, ma che devono fare i conti sulla loro possibile realizzabilità. Il Comune ha fatto uno sforzo per acquistarli, ha richiesto finanziamenti per avviarne la ristrutturazione, e poi ha posto l'opera a finanza di progetto: significa realizzare opere pubbliche con finanziamenti privati. Aspettando che il privato presenti progetti compatibili con lo schema progettuale, lo realizzi, ne abbia ristoro, e poi lo lasci al Comune. Questo è il nostro percorso, che comporta anche una definizione delle funzioni: è ovvio che un'opera che non abbia nessuna ricaduta per il privato, non fa partire il project financing. Questi sono i paletti in cui dobbiamo muoverci per realizzare qualcosa. La Casa della Musica ci fa una proposta interessantissima, affascinante, molto bella e vogliamo capire qual è la compatibilità. Ho chiesto a Paradiso di conoscere quanto occupa fisicamente il loro progetto e la fattibilità finanziaria del progetto. Solo quando avremo conosciuto tutti questi aspetti, potremo dire cosa è possibile realizzare. La contrapposizione non c'è: stiamo ragionando sul recupero a fini culturali di un'immobile storico della città. È un dibattito molto avanzato, speriamo di arrivare ad una soluzione che rappresenti non solo la vocazione di quegli edifici, ma della città stessa. Non vogliamo musei chiusi o edifici separati dal tessuto urbano».
Ci può essere l'impegno da parte dell'Amministrazione Comunale per trovare altri filoni di finanziamento pubblico, come richiesto dal Comitato?
«L'impegno c'è sempre. L'Amministrazione cercherà tutte le strade (molte le ha già percorse, alcune volte ha trovato porte aperte, altre volte erano chiuse perché non c'erano risorse), non lascerà nulla di intentato: la formula del project financing era doverosa. Se non l'avessimo usata, qualcuno oggi avrebbe già potuto rimproverarci di aver perso una possibilità. L'opera in project è un'offerta: se qualcuno vuole collaborare con il Comune, ben venga. Ma non esclude altri tipi di percorso».
Andrea Apruzzese
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