Venerdì 02/05/2025 
Parvapolis
categorie
Home page
Appuntamenti
Cronaca
Cultura
Economia
Politica
Sport


Parvapolis >> Politica

Latina. Napolitano sì. Enrico Forte: «Non è mai stato un comunista, come non lo sono mai stato io. La sua politica fu definita "migliorista"»

Davanti le Telecamere di ParvapoliS con Enrico Forte, segretario provinciale di Latina dei DS. Giorgio Napolitano, uno dei massimi esponenti del Partito Comunista Italiano prima e dei Ds poi, sale alla più alta carica istituzionale: è il nuovo Presidente della Repubblica Italiana. Quale il significato per i Ds? «Intanto è un riconoscimento importante per una personalità come Giorgio Napolitano: una personalità decisiva anche in alcuni momenti della vita politica italiana in cui ha ricoperto incarichi istituzionali di rilievo (è stato Presidente della Camera dei Deputati, Ministro dell'Interno). Tutta la sua storia politica è stata una storia improntata all'equilibrio e alla ricerca di convergenze ampie, pur non rinunciando a valori e culture forti. Penso che sia un giorno importante, perché è il riconoscimento che anche culture "altre" (come sono state definite) possano concorrere a governare le istituzioni della Repubblica». Lei stava accennando alla storia politica di Giorgio Napolitano: è comunista da sempre (è iscritto dal 1945 ed è entrato la prima volta in Parlamento nel 1953 quale deputato del Pci), però, all'interno del Partito Comunista, è stato una figura "di rottura". Fu definito "il migliorista" ed era una persona che ricercava delle soluzioni "altre" rispetto alle concezioni comuniste degli anni Cinquanta e Sessanta. «Intanto lo dico io (che non sono mai stato comunista), che "comunista" non è una brutta parola e non è un'offesa per nessuno. Certo, Napolitano, all'interno di quella storia, di quella cultura, di quella ideologia, ha sempre interpretato un filone, definito all'epoca "migliorista" e che oggi definiremmo "riformista", quindi dobbiamo dire che alla fine le idee di Napolitano hanno prevalso, che il corso della storia ha dato ragione alle sue tesi. Questo lo ha fatto pur senza rinnegare mai la storia ed il partito da cui proveniva. Penso che sia ormai arrivato il tempo di non parlare più di ex, in Italia: ex comunista, ex fascista, ex democristiano, ex socialista. Sarebbe bene iniziare a ragionare in termini di quello che oggi siamo. Ognuno di noi ha il suo bagaglio di storia, di culture, di valori, di tradizioni, ma oggi siamo ciò che rappresentiamo, siamo quello che con le nostre azioni, con le nostre idee, vogliamo fare». Giorgio Napolitano è stato eletto al quarto scrutinio con i voti dell'Unione. La Casa delle Libertà ha votato scheda bianca, con l'eccezione della Lega che ha votato per Bossi. Perché non è stata possibile una convergenza più ampia sul nome di Napolitano? «Innanzitutto perché siamo reduci da una recentissima campagna elettorale che ha lacerato profondamente il Paese: una campagna caratterizzata da un forte scontro che non è facile da ricomporre in tempi brevi. A questo si deve aggiungere che ci sono altri due appuntamenti elettorali molto importanti, in comuni importanti come Roma, Milano, Napoli, e, successivamente, il referendum sulla cosiddetta devolution. Quindi la campagna elettorale, in pratica, non si è mai interrotta. Hanno prevalso soprattutto queste ragioni, in particolare in Berlusconi (meno in Fini e Casini che poi però hanno accettato la linea scelta dall'ex Presidente del Consiglio). Credo che sia stata un'occasione persa in questo senso, però le parole di stima ed apprezzamento, e l'atteggiamento tenuto dagli altri due leader della Casa delle Libertà, mi fanno sperare che alla fine, questa sarà una legislatura che inizia sì nelle differenze, ma che poi veda la ricomposizione di un quadro istituzionale sostanzialmente unitario». Ha accennato a Berlusconi: in queste ore sta definendo la sinistra una "sinistra pigliatutto". Come rispondete? «Napolitano è certo uomo di forti valori, ma anche uomo che nel corso della sua storia, pubblica e politica, ha dimostrato di mettere al primo posto gli interessi generali delle istituzioni. Napolitano era un candidato, così come dichiarato anche da Fini, da Casini, assolutamente non di parte. Ripeto, fin quando in Italia continuiamo a fare la politica da tifosi, stando allo stadio, questi sono i risultati. Spero che si chiuda definitivamente (oltretutto con un voto che è stato comunque apprezzabile, di scheda bianca), questa vicenda. Spero che ci siano regole condivise e istituzioni condivise, di cui il Paese ha bisogno. Poi, ci divideremo sulla politica e questo è giusto e normale che sia». Il ruolo di Massimo D'Alema: due passi indietro, prima come candidato alla Presidenza della Camera dei Deputati e - dieci giorni dopo - come candidato alla Presidenza della Repubblica. Quale sarà il suo ruolo futuro? «Bisognerebbe chiederlo a lui. Io non penso che abbia fatto due passi indietro: ha dimostrato, di fronte all'interesse generale prima della coalizione, per quanto riguarda la Presidenza della Camera, poi di fronte all'interesse generale del Paese, per quanto riguarda la Presidenza della Repubblica (la sua appariva come una candidatura più di divisione, di parte, rispetto a quella di Napolitano) di mettere da parte le legittime ed anche - penso - giuste aspirazioni di tipo personale, rispetto agli interessi più generali: ha dimostrato di essere un leader politico, uno dei pochi che ha questo Paese». Una doppia battuta finale: quale sarà l'eredità della presidenza di Ciampi e come sarà la presidenza di Napolitano? «Ciampi ci lascia una presidenza fatta di equilibrio, di un forte rapporto con il popolo italiano, un Presidente di tutti, riconosciuto e stimato da tutti, un forte senso dell'identità nazionale all'interno di un contesto europeo. È difficile dire cosa farà Napolitano: penso che la sua storia, quello che lui è stato e che rappresenta, è nel solco e nella tradizione di quello che Ciampi ha fatto in questi anni».

Andrea Apruzzese

 Riproduci il filmato oppure procedi con il download.

PocketPC visualization by Panservice