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Latina. L'ennesimo audace colpo dei viaggi randagi. Francesco Munaro in Niger, presso l'etnia Bororo, per la Festa della Bellezza...

Davanti le Telecamere di ParvapoliS con Francesco Munaro, protagonista della serata di "Viaggi Randagi" all'Airod Music Hall di Latina, con le sue immagini ed il racconto della sua esperienza di viaggio in Niger, presso l'etnia Bororo, in occasione della Festa della Bellezza. Come nasce la sua passione per i viaggi? «Nasce, curiosamente, da un viaggio organizzato, in un villaggio in cui ero servito e riverito e in cui si mangiava benissimo. Mi confrontavo con un mio amico, entusiasta del viaggio: dentro di me sentivo però come questo viaggio era qualcosa di finto, ad uso e consumo nostro, e che la realtà era fuori, magari nel paesino alle spalle del nostro villaggio turistico. Avvertendo questo disagio, iniziai a pensare di organizzare qualcosa di diverso, fin dall'anno successivo». Perché proprio il Niger? «Nonostante il "Gerewol", la Festa della Bellezza, sia un viaggio "maturo", il viaggio dei viaggi, che fai in un momento particolare, nel mio caso è nato fortuitamente, in un momento in cui volevo prendermi una pausa nel breve spazio di due settimane. Preso un catalogo, scoprii che il Gerowol si svolgeva proprio nel periodo che io avevo a disposizione: avevo in mente i volti che avevo visto in fotografia, questi visi truccati, queste labbra nere per evidenziare i denti, che le pubblicazioni davano di questa festa». Cosa ti è rimasto di questa esperienza? «È sempre difficile dire cosa ti rimane di un viaggio: mi è rimasto tanto, forse, essendo un viaggio anomalo. Mi spiego: normalmente, quando si viaggia con un tour operator, si tende a vedere tanto ma a soffermarsi poco; a questa festa invece si è rimasti sei giorni accampati in tenda nei pressi del luogo ove si svolgeva. Ho quindi la sensazione di un viaggio dilatato nel tempo, ai ritmi di un pastore nomade, che ha fatto giorni e giorni a piedi per giungere alla festa. Un tempo dilatato che ti fa vedere cose che altrimenti non vedresti». Cosa ti ha colpito della popolazione locale? «Tante cose, ma principalmente la dignità, nel senso che il Niger è poverissimo, è in una carestia paurosa, e c'è una situazione grave di fame e disagio, in un territorio arido. È uno degli stati più poveri del mondo. Eppure, nonostante noi lasciassimo l'accampamento sostanzialmente incustodito per ore e ore durante il giorno mentre eravamo alla festa, nessuno ha mai toccato nulla e neanche è mai venuto a chiedere niente. Poi anche la grande fierezza, che era legata al carattere della festa, che andava ad esaltare la bellezza maschile». Come è nata la voglia di condividere questa tua esperienza con gli amici di Viaggi Randagi? Ricordiamo anche che sei appositamente venuto a Latina dalla tua città, Padova. «Ho risposto all'invito di Aldo e Roberto, che sono i due creatori e coordinatori. Già un paio di mesi fa mi proposero di portare le mie foto e diedi la mia disponibilità e pensai anche che, a livello di immagini, questo viaggio potesse essere un buon inizio. Tra l'altro li ho conosciuti proprio in un viaggio, in Birmania, a Natale. E mi piaceva proprio l'idea di condividere con altri amici appassionati una passione di viaggio, emozioni e fotografia». Munaro ha affascinato tutti gli amici presenti all'Airod, grazie non solo al suo racconto, ma anche ad una serie completa di immagini, realizzate con attenzione e sensibilità, che hanno illustrato in maniera approfondita un momento particolare della vita dell'etnia Bororo. Quel "gerowol", la festa della bellezza che segna la fine della stagione delle piogge, in cui tutti i maschi giovani si truccano, si acconciano i capelli, vestono i costumi tradizionali, per mettersi in mostra. La festa dura giorni e giorni e ogni giorno si svolge una danza che dura ore ed ore: i maschi, in un grande cerchio, saltano e ballano ritmati da urla cadenzate. Ad un certo punto, due giovani donne avanzano nel cerchio e fanno la loro scelta, a nome di tutte le ragazze presenti (e sono ovviamente molte), decretando il più bello di quella danza. Nelle foto di Munaro risaltano proprio i volti e le espressioni: i visi dei maschi sono truccati con un grande ovale giallo-arancio che li incornicia; una lunga linea bianca verticale scende dalla fronte verso la punta del naso; le labbra sono dipinte di un nero carbone profondo, per lasciar risaltare il bianco dei denti. Durante la danza, assumono una particolare espressione, caratterizzata dagli occhi e le labbra spalancate. La scelta delle due ragazze è naturalmente simbolica: la festa ha fondamentalmente l'obiettivo di far incontrare e conoscere le persone che, nel corso dell'anno, non hanno questa possibilità. L'etnia Bororo è una popolazione nomade, che trascorre la gran parte dell'anno in gruppi isolati, andando alla costante ricerca di qualcosa da mangiare, per sé e - soprattutto - per i loro beni più preziosi, i pochi animali che allevano.

Andrea Apruzzese

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