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Latina. Cattolici da legare. In Cina continua la medievale lotta per le investiture ecclesiastiche. Solo un sano laicismo ci può salvare

Era il 1075, quando Gregorio VII col “Dictatus papae” proclamava ufficialmente la superiorità del papa romano sugli altri vescovi e sullo Stato. Così operando, il pontefice voleva sottrarsi al potere ristabilito dagli imperatori della dinastia di Sassonia prima e di Franconia poi. Questi, infatti, avevano svincolato il potere statale dalle ingerenze pontificie attribuendosi la nomina dei vescovi-conti. Col “dictatus papae”, tutti i prelati, vescovi compresi, sarebbero dipesi dal papa romano. E per essere considerati cattolici dovevano essere da lui nominati o deposti. Anche l’imperatore doveva assoggettarsi, pena la scomunica, che svincolava i feudatari dall’obbligo di obbedienza nei suoi confronti, compreso il versamento dei tributi (regalie). Una vera manna “celeste”! Il papa si arrogava questo potere, e tanto altro, ribadendo che gli derivava da Dio. Quindi, nessuno poteva giudicare il suo operato perchè –recitava il “dictatus papae”- “La Chiesa romana non ha mai errato e mai errerà in perpetuo”. Che la cosa già allora venisse puntualmente smentita poco interessava alle gerarchie, protese ad eliminare ogni dissenso anche con la violenta repressione. Il problema delle investiture ecclesiastiche sembra essere tornato per la Chiesa di Roma di cogente attualità. Visto che in Cina vengono nominati i vescovi senza il suo permesso. A marzo scorso monsignor Lajolo ribadendo che i cattolici debbono «la fedeltà al Successore dell'Apostolo Pietro che Cristo stesso ha messo a guida della sua Chiesa”, ha sottolineato che “non si può essere cattolici se non si è in comunione con il Papa». Il che significa il riconoscimento del primato ecumenico del Vaticano, realizzabile attraverso la cura del gregge dei fedeli, mediante vescovi di nomina pontificia. Ma le cose stanno andando in tutt’altra direzione da quella auspicata dalle gerarchie vaticane. Pertanto, è ancora il problema delle investiture (proprio come nel medioevo) a non far dormire sonni tranquilli. Senza il consenso della Chiesa di Roma, il 3 aprile, a Kunming è stato designato vescovo Ma Yinglin. E il 2 maggio a Wuhu, è stata la volta di Liu Xinhong, nella diocesi di Anhui. In questi ultimi quindici giorni le proteste vaticane, anche per bocca di Joaquim Navarro Valls, si sono intensificate. Ma la Chiesa cinese non sembra affatto intimorita dagli anatemi e dalle pressioni diplomatiche della segreteria della Santa Sede sul governo di Pechino. Neppure quando è stato sottolineato (come ai tempi del “dictatus papae”) che “ Il Vescovo che senza mandato pontificio consacra qualcuno Vescovo e chi da esso riceve la consacrazione, incorrono nella scomunica late sententiae ". Il 14 maggio, intanto, senza mandato pontificio, Zhan Silu è diventato vescovo della diocesi di Fujan, (80 mila fedeli). E stando ad un’agenzia di AsiaNews, presto dovrebbero seguire almeno altre 20 nomine senza placet vaticano. La lotta per le investitura continua?

Maria Mantello

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