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Latina. Un agroalimentare spaziale. Fabio Piccolo: «Per il 2020 una base sulla luna. Ma il prototipo è già presente all'Istituto agrario...»

Davanti le Telecamere di ParvapoliS con Fabio Piccolo, responsabile marketing della Aero Sekur, l'azienda di Aprilia impegnata nella realizzazione del progetto "Agrospazio", per l'unione di ricerca spaziale e industria agroalimentare. Ieri ed oggi si tiene a Sperlonga (presso la ex chiesa di S. Maria Speloncae nel centro storico) il secondo workshop dal tema "Agrospazio. Ricerca e territorio" organizzato da Federlazio Latina in collaborazione con Aero Sekur (azienda con sede ad Aprilia, da più di quarant'anni all'avanguardia nel settore aerospaziale e difesa), Copit (Comitato Parlamentari per l'Innovazione Tecnologica), Asi (Agenzia Spaziale Italiana) ed Esa (Agenzia Spaziale Europea). Dopo i primi due anni di studi e progettazioni (l'iniziativa è partita infatti nel maggio del 2004), si è giunti alla realizzazione di un dimostratore, che è in fase di sperimentazione presso l'Istituto per l'Agricoltura "San Benedetto" di Borgo Piave (Latina). La struttura sarà poi ulteriormente sperimentata a partire dal 2007 in ambienti estremi come l'Alaska. La serra potrà principalmente essere utilizzata come sistema autonomo e quindi estremamente più economico per il sostentamento degli astronauti nello spazio. Ma può essere utilizzato anche per la coltivazione del territorio, potendo volgere a favore un riciclo di acqua, una crescita delle piante anche in assenza di sole, un rimedio alla desertificazione prodotta dalle attuali serre. Agrospazio, progetto pensato e portato avanti dalla Federlazio di Latina, è la cornice teorica del progetto Lawinio (Latina Wildlife and Vegetation Initiative in Orbit), e mette insieme cinque università (due facoltà della Sapienza di Roma; una di Foggia, una della Tuscia, ed ora l'Università di Tuxton in California), più l'Istituto Agrario di Borgo Piave. Accanto a queste, sono attive nel progetto anche le associazioni di categoria agricole ed i competenti assessorati della Regione Lazio e della Provincia di Latina. Fondamentale e prestigiosa anche la collaborazione dell'Agenzia Spaziale Italiana (Asi), dell'Agenzia Spaziale Europea (Esa) e del Copit che hanno riconosciuto la validità del progetto. Alla realizzazione del dimostratore (frutto della tecnologia costruttiva dei sistemi gonfiabili in cui l'Aero Sekur è all'avanguardia) hanno collaborato anche Galileo Avionica, Alenia Spazio ed il Ministero della Difesa. Al termine della prima fase di sperimentazione sulla terra, partirà la seconda fase, che prevede l'installazione della serra (e del suo contenuto) sulla Luna entro il 2020, attraverso una base permanente abitata che possa funzionare da avamposto di ricerca tecnologica, nonché da trampolino di lancio verso l'obiettivo finale: l'esplorazione di Marte, da compiersi entro il 2030. «L'idea del progetto - spiega Piccolo - è quella di realizzare delle coltivazioni che non abbiano bisogno di terra per ottenere i prodotti tipici della nostra regione. Questo significa non avere problemi di batteri, di inquinamento, di acque reflue, prodotti dalle serre e che possono avere un impatto ambientale sia sulla produttività del terreno che sull'ambiente circostante (ad esempio le spiagge, che ci sono molto care e che sono un elemento trainante dell'economia turistica della zona). L'idea è quindi di realizzare delle produzioni in serre caratterizzate dal ciclo chiuso, che significa non consumare acqua, riciclare tutti i prodotti di risulta della coltivazione e produrre, da questo riciclaggio, anche dell'energia che ci possa consentire, dal punto di vista elettrico, di far funzionare le pompe per far circolare le soluzioni che vengono utilizzate al posto della terra. Questa è una necessità per quanto riguarda le applicazioni spaziali, perché quando si organizzano missioni nello spazio e si deve pensare, per il 2020, ad una base permanente sulla Luna, necessariamente dovremo pensare ad un ambiente dove non c'è terra e quindi la cosa importante è realizzare delle coltivazioni che possano prescindere da questa e possano avere un impatto totalmente zero. In una missione spaziale, non esiste un sistema di gestione e smaltimento rifiuti e quindi la cosa fondamentale è non produrne. E questo sarebbe un risultato eccezionale anche per quanto riguarda le tecnologie da usare sulla terra». Quali sono i tempi e gli step del progetto? «Il progetto è organizzato con una collaborazione vasta tra le università della Tuscia, di Foggia e di Roma, l'Istituto Professionale di Stato per l'Agricoltura e l'Ambiente "San Benedetto" di Latina, la società di ingegneria Aero Sekur, che nella pratica realizza gli equipaggiamenti con cui vengono effettuate le coltivazioni. Stiamo realizzando un dimostratore che, in fase prototipale è già presente presso il San Benedetto. A valle di questo prototipo, intendiamo riuscire a creare un sito pilota in un ambiente estremo, ovvero in un ambiente che, sulla Terra, possa replicare le condizioni spaziali, ad esempio l'Antartide o l'Alaska, o un deserto come quello dell'Arizona, visto che l'Università dell'Arizona, che realizza i dimostratori di serre spaziali per la Nasa, ha deciso di collaborare con noi e con il nostro progetto, e di mettere a disposizione la propria esperienza ed il proprio know-how per far crescere tecnologia anche in Italia e nella provincia di Latina». Ci sono dei prodotti agricoli che potrebbero adattarsi meglio di altri? «Quelli mediterranei vanno tutti bene. Le produzioni realizzate tipicamente in idroponica sono ad esempio la lattuga, che consente anche di fare più piani separati all'interno della serra (e quindi di moltiplicare lo spazio), il pomodoro, i cetrioli e anche le patate. Praticamente, tutti i prodotti tipici della nostra dieta». Una dieta mediterranea anche nello spazio? «Esatto». La prima giornata del Workshop Agrospazio (moderata da Antonio Di Micco, direttore di Federlazio Latina), tenutasi ieri, ha visto i relatori impegnarsi in particolare sui temi dello sviluppo della ricerca e dell'innovazione e sulla necessità portata avanti dalle PMI (riconosciuta in modo bipartisan) di affrettare i tempi per snellire leggi e burocrazie in favore delle aziende impegnate nel settore. La seduta è stata aperta dall'on. Domenico Di Resta, consigliere della Regione Lazio, che ha evidenziato come «sono state fatte scelte importanti nel Bilancio dell'Ente, ed in particolare due voci sono significative: è stato istituito un fondo unico per la ricerca e l'innovazione, con 60 milioni di euro in tre anni, che vede come suo obiettivo la realizzazione di una rete tra pubblico e privato. La seconda voce è il finanziamento di cento milioni di euro in quattro anni per la ricerca su energie intelligenti e rinnovabili». Di Resta ha sottolineato che la provincia di Latina è da candidare nel quadro della rete di eccellenza regionale come sede di centro di ricerca e innovazione, per il suo moderno sistema di agricoltura. Al consigliere regionale ha fatto eco l'assessore alle Attività Produttive della Provincia di Latina Silvio D'Arco, che, dopo aver lodato il progetto «avveniristico, importante e prestigioso, una tappa storica per lo sviluppo del sapere nel campo della ricerca internazionale», ha sottolineato l'impegno istituzionale della Provincia nel seguire lo sviluppo del progetto stesso che «serve al Paese, alla competitività del nostro territorio, a migliorare le condizioni di vita del nostro pianeta». Per il Presidente della Camera di Commercio di Latina, Enzo Zottola, la ricerca scientifica è una delle sfide più importanti: «Bisogna conciliare il binomio globale-locale, inteso come la strategica capacità di migliorarsi» ha affermato, aggiungendo che la ricerca e l'innovazione sono appannaggio anche delle piccole e medie imprese. L'on. Lelio Grassucci, membro del Copit ha evidenziato che per rilanciare la crescita più elevata è necessario lavorare per incrementare gli sforzi per la ricerca e l'innovazione, che possono sbloccare lo stato di crisi del Paese. «Il nostro è un Paese che investe meno dell'1,1% del Pil sulla ricerca, al contrario del 2% investito in media dal resto dell'Europa» ha esordito la parlamentare dell'Unione on. Maria Teresa Amici: «Le Pmi sono la realtà più diffusa, una realtà che vorrebbe innovare, ma che ha difficoltà a farlo: da parte nostra allora ci deve essere l'impegno per dare maggiori fondi alla ricerca, per chiedere finanziamenti reali al governo nazionale». «Vincere la sfida globale attraverso lo sviluppo del locale» è l'obiettivo secondo il senatore Riccardo Pedrizzi (An), da perseguire attraverso strette sinergie, che vedano coinvolte istituzioni, sistema bancario, associazioni di categorie, accanto alle aziende. Dopo aver lodato il progetto «che guarda alle stelle, ma consente di avere poi un vasto ritorno sulla terra, in termini di risultati di ricerca scientifica», il senatore ha lanciato all'on Di Resta l'invito a lavorare tutti insieme, maggioranza ed opposizione, su progetti a lungo termine. «Questo progetto - ha proseguito Pedrizzi - arriverà al 2030: pensate a quanti governi cambieranno, a quante persone cambieranno. Non è possibile che un nuovo governo annulli ciò che ha fatto il precedente. Sono necessarie le sinergie istituzionali: vanno bene i finanziamenti, ma occorrono normative che snelliscano i procedimenti burocratici». Le conclusioni sono state affidate al Presidente di Federlazio Latina, Marco Picca, che ha sottolineato come «abbiamo una serie di difficoltà a trovare gli interlocutori per i nostri progetti. Le nostre difficoltà sono maggiori, perché le Pmi hanno meno fondi rispetto alle multinazionali, ma intendiamo comunque realizzare le nostre idee, perché la ricerca è la chiave di volta dello sviluppo futuro». Per Picca il problema maggiore è quello dell'inasprimento delle regole «che altro non hanno fatto se non rendere più difficile la vita a chi vuol fare ricerca. Tanti sono venuti da fuori sul nostro territorio, ma se non creiamo le situazioni per farli affezionare, perché dovrebbero restare qui?». Le ultime parole della prima mattinata di workshop sono state della rappresentante di Alenia Spazio, Maria Antonietta Perino, che ha acceso la platea con la passione della sua scienza. Il giovane ingegnere nucleare ha evidenziato come, prima di portare la serra su Marte, «avremo bisogno di creare sistemi di trasporto, generatori di potenza (il fotovoltaico non potrà mai bastare per la richiesta di energia di una struttura che ospita dalle quattro alle sei persone), habitat, rover. La sfida è grande e affascinante: sulla Luna non c'è atmosfera, ma possiamo ricavare ossigeno dalle pietre. L'uomo è furbo, può farlo, gli esperimenti sulle pietre lunari riportate sulla terra lo hanno dimostrato. E sul nostro satellite c'è anche Elio3, che sarà il "petrolio" dei prossimi anni e che ci darà energia pulita». La seconda giornata del workshop "Agrispazio" di Sperlonga vedrà oggi gli interventi dei relatori scientifici, tra cui esimi rappresentanti dell'Esa, della Nasa, dell'Alenia Spazio.

Claudio Ruggiero

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