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Latina. Un agroalimentare spaziale. Isabella Morelli e Roberto Formicola: «Gli esperimenti più riusciti su pomodori, melanzane e peperoni»
Davanti le Telecamere di ParvapoliS con Isabella Morelli, in rappresentanza del Dirigente dell'Istituto Professionale di Stato per l'Agricoltura e l'Ambiente "San Benedetto" di Latina e con Roberto Formicola, docente di Scienze Agrarie ed Economia presso lo stesso istituto, impegnato nella sperimentazione della serra spaziale progettata e realizzata dalla Aero Sekur di Aprilia. Il progetto viene presentato in questi giorni nel workshop "Agrospazio" in svolgimento a Sperlonga, organizzato da Federlazio Latina in collaborazione con Aero Sekur (azienda da più di quarant'anni all'avanguardia nel settore aerospaziale e difesa), Copit (Comitato Parlamentari per l'Innovazione Tecnologica), Asi (Agenzia Spaziale Italiana) ed Esa (Agenzia Spaziale Europea).
Prof.ssa Morelli, qual è il ruolo dell'Istituto San Benedetto all'interno di questo progetto?
«Abbiamo conosciuto l'Università dell'Arizona grazie all'Aero Sekur, che ci ha presentato il progetto nel mese di dicembre. Ritenendolo valido, e ritenendolo un'innovazione in campo agricolo, siamo stati entusiasti ed abbiamo offerto la logistica ed il personale adatto alla coltivazione di ortaggi in idroponica».
Prof. Formicola, come funziona e quali sono le caratteristiche principali di questa serra?
«Il sistema si chiama Nft: è a ciclo chiuso, costituito da canalette, all'interno delle quali circola l'acqua e vengono inserite le piantine con cubetti di lana di roccia, che è un materiale inerte, per cui non rilascia sostanze nutritive che possano interferire con la soluzione che circola all'interno dell'acqua. Le canalette hanno una chiusura a strappo, sono in polietilene, bianco all'esterno e nero all'interno, ed hanno una leggera pendenza verso il centro della serra: l'acqua circola, ed arrivando nel punto più basso, viene prelevata da una condotta in Pvc e riportata al serbatoio attraverso una pompa e reimmessa in circuito attraverso delle cannelle irriganti. È quindi un ciclo chiuso: tutta l'acqua e la soluzione non assorbita, ritornano in circolo, fino ad una resa molto alta dell'assorbimento dell'acqua e della soluzione nutritiva».
Questa serra è stata pensata per lo spazio, si parla di portarla sulla Luna nel 2020 e su Marte nel 2030, ma può anche essere utilizzata sulla terra, magari in aree particolari, come i deserti?
«Si, sono stati già fatti esperimenti in aree desertiche come l'Arizona. Basta creare in queste serre delle condizioni adatte al tipo di pianta da coltivare, in quanto ogni pianta ha esigenze specifiche relative alla temperatura, all'umidità, al tipo di elementi nutritivi che assorbe (sia come qualità che come quantità). Questi esperimenti hanno già dato ottimi risultati, soprattutto come qualità e come risparmio enorme di terreno: all'interno della serra non è necessario rispettare le distanze interfila tra le piante, come è obbligatorio fare in pieno campo, a causa della competizione tra le radici, la competizione per la luce, e per altri fattori nutritivi della pianta. Arriviamo quindi a sessanta piantine in uno spazio di dieci metri quadri».
Quali le piante più adatte?
«Gli esperimenti più riusciti finora sono sulle solanacee: pomodori, peperoni, melanzane. Hanno dato ottime produzioni, soprattutto come qualità».
Claudio Ruggiero
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