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Fondi. Nuova scoperta su Santo Angelo del Pesclo. Albino Cece: «Nuova luce sulla storia del monastero grazie a Seconnino e Petrone»
Sui Monti Aurunci, in territorio di Fondi ma al limite dei confini con Monte San Biagio e Vallecorsa esistono ancora, e ben conservati, i resti di un monastero dedicato a Sant’Angelo del Pesclo.
Di esso hanno scritto i massimi ricercatori della storia locale di Fondi, ma nessuno ha mai saputo, eccetto il contemporaneo monaco cassinese Dell’Omo, della sua dipendenza dalla Badia di S. Maria della Gloria di Anagni appartenente all’ordine monastico florense, fondato dal monaco calabrese Gioacchino da Fiore.
La scoperta è avvenuta attraverso le vie misteriose della rete Internet che ha consentito di attivare un contatto tra il fondano Fernando Seconnino residente in Australia e direttore del sito www.laportella.net con l’arch. Pasquale Petrone della Soprintendenza B. A. P. per la Calabria, specialista dell’architettura Florense ed incaricato a compilare "l'Atlante delle fondazioni florensi d'Europa". Ulteriori contatti sono poi avvenuti con lo scrivente ed il proprietario e webmaster Antonio Marzano.
Per le ricerche sul campo e la fotografia si è rivelata preziosa la collaborazione di Antonio Masella di Itri che ha fornito ogni utile dettaglio ai ricercatori “al tavolino” anche perché il sito di Sant’Angelo del Pesclo non è raggiungibile in macchina ma bisogna fare oltre mezz’ora di strada a piedi lungo sentieri da tempo in disuso, e questo ha forse anche salvato il monastero dalle umane intemperanze.
Il monaco calabrese Gioacchino da Fiore, dal quale nascono poi i gioachimiti, ebbe i natali a Celico di Cosenza nel 1135 circa; tra il 1182 e il 1183 si reca all'abbazia cistercense di Casamari (Fr) dove trascorre circa un anno e mezzo; nel 1184 , si trova a Veroli (Fr) dove, dinanzi alla curia di Papa Lucio III, interpreta una oscura profezia ritrovata tra le carte del defunto cardinale Matteo d'Angers; nel 1188, si reca a Roma e ottiene che l’abbazia di Corazzo in Calabria da lui fondata, venga affiliata all'abbazia di Fossanova (Lt); nello stesso anno torna in Calabria e con lui va anche il monaco cistercense di Fossanova Raniero da Ponza, in seguito molto legato a papa Innocenzo III e al cardinale Ugolino da Ostia, futuro papa Gregorio IX mente l’abate Luca di Casamari trascorre con lui a Pietralata una intera quaresima; nel 1198, dopo la morte di Enrico VI, va a Palermo dall'imperatrice Costanza per chiedere la con¬ferma delle donazioni avute dal marito. Papa Innocenzo III (30 agosto -1 settembre) lo incarica di predi¬care la crociata per la liberazione della Terra Santa insieme a Luca di Casamari, divenuto nel frattempo abate della Sambucina in Calabria; il 30 marzo del 1202 si ammala e muore a San Martino di Canale in Calabria.
Gioacchino da Fiore così viene citato dal sommo Dante nel Paradiso (XII, 140) fra Rabano Mauro(monaco benedettino nato a Magonza circa il 784) e San Tommaso d’Aquino (nato a Roccasecca nel 1224, figlio del conte Landolfo d'Aquino, imparentato con la famiglia imperiale di Hohenstaufen):
Rabano è qui, e lucemi dallato
il calavrese abate Giovacchino,
di spirito profetico dotato.
Ad inveggiar cotanto paladino
mi mosse l'infiammata cortesia
di fra Tommaso e 'l discreto latino;
e mosse meco questa compagnia».
Come si può intuire dal breve profilo biografico di Gioacchino da Fiore grande fu il suo legame con i cistercensi di Casamari e Fossanova che affiliarono quindi la regola di Gioacchino all’interno dell’ordine cistercense medesimo.
I Cistercensi ritengono che la Badia di Santa Maria della Gloria sia stata fondata in Anagni (Fr) dal proprio ordine monastico nel 1226 e che essa venne chiusa nel 1477.
Secondo le ricerche effettuate dall’arch. Lopetrone, però, essa era una fondazione di Gioacchino da Fiore e dipendente direttamente da San Giovanni in Fiore; aveva almeno 16 dipendenze monastiche nel Lazio Meridionale, numerose altre nell’Italia meridionale e in Irlanda, Galles, Inghilterra.
Il Pontefice Gregorio IX, con una bolla rilasciata a Rieti il 17 Giugno 1234 incarica il Vescovo di Fondi (LT) di riformare il monastero di S. Angelo di Pesco secondo l'ordine florense.
La dipendenza florense del monastero fondano va quindi ricondotta al periodo compreso tra il 1234 fino almeno al 1477.
Attorno a questo santuario esistono ben conservati i resti di insediamenti rurali medievali, una grotta ed una cappella detta del Volo dell’Angelo dove la tradizione ci riporta una ripetuta apparizione dell’arcangelo S. Michele.
L’insediamento rurale medievale si concretizza nella presenza di numerosi “sieri di pagliaio” cioè di mura a secco di forma rotonda, quadrata e rettangolare od ovale dello spessore di oltre i 50 cm., a doppia cortina riempita di materiali lapidei di risulta, sui quali veniva apposta una copertura di “stramma” (ampeloderma tenax); la struttura veniva adibita ad abitazione e stalla. Adesso si conservano le sole basi lapidee (sieri), e sono molto diffuse sul territorio montano aurunco tanto da formare spesso delle vere e proprie “borgate”.
Secondo l’arch. Pasquale Lopetrone: “La maestosità del monumento racconta molto di più degli antichi codici conservati nelle biblioteche. e negli archivi.
I "sieri di pagliaio" fanno parte dell'insediamento Religioso e sono da considerarsi come un tutt'uno con il monastero.
Il modello pseudo eremitico, che si prospetta a S. Angelo è di un interesse straordinario, quale ultima testimonianza autentica del modello d'insediamento che trova riferimenti scritti, ma non più dati materiali così palesi, in S. Giovanni in Fiore, Fiumefreddo, Altilia di S. Severina, Badia di Anagni, badia di Camaiore, Pedona di Camaiore, per quanto ho potuto finora accertare.
A quest'elenco si aggiunge anche S. Angelo di Fondi, che diventa il più significativo proprio perchè il sito conserva il modello che andrebbe rilevato e studiato”.
È necessario sottolineare che i dati conservati in S. Angelo sono di estremo interesse e gettano nuova luce sul modello florense. Questo insediamento religioso, può diventare il valore aggiunto al Parco Naturale dei Monti Aurunci e le istituzioni del Parco devono difenderlo, proteggerlo, conservare e valorizzare nella sua essenza originaria.
Albino Cece
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