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Latina. Referendum, no grazie. Giorgio Santini e Salvatore D'Incertopadre: «È una riforma inutile e pericolosa. Sbagliata nel metodo»

Davanti le Telecamere di ParvapoliS con Giorgio Santini, segretario nazionale della Cisl e con Salvatore D'Incertopadre, segretario generale della Cgil di Latina. Ieri le tre organizzazioni sindacali, Cgil, Cisl e Uil, hanno presentato le ragioni del "No" al referendum del 25 e 26 giugno sulla riforma della parte II della Costituzione Italiana. Santini, qual è la valutazione che i sindacati danno di questa riforma? «Noi pensiamo che sia una riforma sbagliata e pericolosa. Sbagliata nel metodo, perché la Costituzione, che pure può essere aggiornata (ma non deve essere stravolta), va aggiornata con un metodo condiviso, nel Parlamento, cercando la maggioranza e la convergenza di tutti e non gli uni contro gli altri. È pericolosa perché contiene purtroppo, soprattutto sul piano dei diritti sociali come la sanità, l'istruzione, la sicurezza, forme pericolosissime di separazione, che vanno a ridurre le uguaglianze tra i cittadini, a seconda della regione di residenza. È sbagliata poi perché introduce la figura, che non esiste in nessuna altra costituzione nel mondo, di un primo ministro con i pieni poteri sul Parlamento e sul Capo dello Stato, che obiettivamente ridurrebbe pericolosamente gli spazi della democrazia, sia di quella politica, ma anche di quella sociale, cioé della possibilità dei cittadini di partecipare, di avere una democrazia più viva e partecipata. Per questo motivo noi diciamo di andare a votare, e di votare "No", non per bloccare tutto, ma per fare in modo che anche gli aggiornamenti (non demolizioni) necessari alla Costituzione, si facciano con un metodo unitario e condiviso». D'Incertopadre, Santini parlava di aggiornamenti alla Costituzione che sono comunque necessari. In particolare, i sindacati cosa chiedono? «Siamo naturalmente d'accordo sulle questioni che attengono alla riduzione del numero dei parlamentari, anzi, avremmo voluto che un intervento portasse questa riduzione in tempi immediati, ma soprattutto noi riteniamo che sia necessario creare delle condizioni di stabilità per i governi. Riteniamo però che questo non sia necessariamente fattibile solo attraverso una modifica della Costituzione: la stabilità di governo, così come abbiamo ottenuto risultati per l'elezione dei governatori regionali, si può ottenere anche con una buona riforma della legge elettorale». In che modo? «Nel senso che una riforma elettorale può creare delle condizioni per cui il governo possa essere stabile non consegnando al Primo Ministro o al Presidente del Consiglio pieni poteri, ma creando le condizioni per cui, all'interno del Parlamento, il governo possa lui assumere quei poteri per fare in modo di essere stabile e forte. Anche su questa questione del "ribaltone" (rispetto al quale ci sono anche delle contraddizioni, perché si dice che il Primo Ministro viene eletto dal popolo, ma poi si consente comunque di cambiarlo, con un meccanismo contorto), riteniamo che ci possano essere delle norme precise per cui, se il governo cade, si va di nuovo alle urne. In questo modo un governo sarebbe molto attento a creare le condizioni per cui, sulle questioni che attengono alla legislazione, si possano creare delle convergenze anche con l'opposizione, per evitare proprio la caduta del governo, altrimenti si torna alle urne». Santini, alcuni dei temi più dibattuti all'interno di questa riforma sono gli effetti della devoluzione alle Regioni di attribuzioni quali scuola, sanità e polizia locale. Cosa proponete? «La devolution è pericolosa perché ha in sé il germe della esclusività; le leggi debbono sempre contemperare due principi, quello dell'autonomia (e noi tutti siamo d'accordo che si governa meglio tanto più si è vicini alle istanze delle persone) e quello del principio dell'uguaglianza e della solidarietà, altrimenti diventa una ricerca del privilegio, del più forte rispetto al più debole. Ecco, noi siamo sicuri che, ove passasse il "Si" e venisse confermata la devolution, noi avremmo fatalmente che ogni regione (ovviamente quelle economicamente più forti sarebbero più avvantaggiate) avrebbe il suo sistema sanitario. Ogni cittadino, per esempio calabrese, che non avesse le possibilità di fare un viaggio magari a Milano, sarebbe così privato del diritto fondamentale della salute, del bisogno di un intervento, di cose che purtroppo sono già presenti nella società, ma che in questo modo verrebbero accentuate e rese la regola, non una eccezione da cambiare. Noi pensiamo che si possa contemperare la ricerca dell'autonomia amministrativa, ma anche il principio della solidarietà e dell'uguaglianza e che lo si debba fare attuando l'articolo già presente nella Costituzione, il cosiddetto articolo del federalismo fiscale e cioé quell'articolo che dà a tutti i livelli dello Stato (dal Governo centrale alla Regione, alle Province ai Comuni), competenze e risorse analoghe, ma soprattutto obbliga costantemente questi quattro livelli della nostra Repubblica a concordare, a mettersi d'accordo su come ripartire le risorse e su come governare le competenze legislative. La secessione, la devolution, fa saltare questo equilibrio del rapporto tra autonomia amministrativa e uguaglianza e solidarietà, e non è accettabile, perché produrrebbe ingiustizie sempre più forti, a danno delle aree del Paese - e dei soggetti - più deboli, come i lavoratori, come i disoccupati, come i pensionati a basso livello, come tutte le persone che hanno condizioni di vita e di reddito difficili, che noi vogliamo ovviamente migliorare, ma che in questo modo verrebbero condannate ad una sempre maggiore disuguaglianza». D'Incertopadre, il centro destra afferma che, se passa il "Si", si può tornare a parlare di migliorare questa riforma in Parlamento, mentre, se passa il "No", non sarà possibile, a causa di veti che sarebbero posti al governo da quella che viene definita "sinistra estrema". Qual è la vostra valutazione? «Io credo che questo dimostri il senso di irresponsabilità del centro destra, nel senso che hanno dichiarato (anche in campagna referendaria) che anche la loro riforma ha dei grandi pasticci. La serietà imporrebbe quindi che, a fronte di una forte dichiarazione dei cittadini per il "No", ci si mettesse seduti intorno ad un tavolo per discutere su quali argomenti e su quali questioni dare più forza alla nostra Costituzione, in particolare più forza rispetto alle questioni che riguardano la partecipazione democratica di tutti i cittadini. La nostra Costituzione, quella del '48, ha consentito questo: una forte partecipazione della gente alla gestione e alla possibilità di esigere i diritti di libertà che la nostra Costituzione sancisce. Il senso di responsabilità di tutte le forze politiche è che si discuta di come consentire una corretta applicazione, anche modificando alcune cose all'interno della Costituzione. Queste dichiarazioni, che spesso hanno senso solo in campagna elettorale, dimostrano grande irresponsabilità, soprattutto di alcuni ministri, e faccio riferimento alle cose che spesso dice Calderoli in televisione, e dimostrano che c'è un disinteresse completo all'interesse nazionale del Paese».

Andrea Apruzzese

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