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2001, Odissea nel Basso Lazio

«Meno tre, due, uno. Meno Uno. E gliela faccio io la festa». Ma cominciamo dal principio. Piazza del Popolo era pronta alla Mezzanotte. Come noi. Ci eravamo pure lavati, che – ci hanno detto – è tornato di moda. La nostra mente correva già alla piazza imbandita. Il brindisi con i concittadini. Gli auguri del Sindaco. Uno sguardo alla Palla, vera protagonista della città (come, del resto, di tutte le nostre storie). Magari una costola rotta sul ghiaccio. Soprattutto il gran finale con i botti - anche perché il terzo della seconda serie era offerto da ParvapoliS. Una sola cosa ci tratteneva ancora in casa: il discorso del Colle (ovviamente, con meno pretese di quello della Montagna). Birra gelata, salatini, volume a palla, bambini chiusi in garage. All'improvviso, capiamo perché Meucci non ha mai preso il Premio Nobel. Ognuno ha il Presidente che si merita. E di conseguenza il discorso di fine anno che si merita. «Devi scrivere l'articolo di Capodanno. Con quello che ti pago, non ti puoi rifiutare». E non ci sono santi, neanche Silvestro. Perché Lui deve andare in Camapania Felix. Abbandoniamo zampogne e lenticchie, con gli altri cuochi d'artificio. E ci mettiamo davanti allo scherno del computer. Il Capo ha sempre ragione. Anche se rompe i veglioni. E, se non facesse danno, che Capo...danno sarebbe? Vorremmo fargliela pagare, però sappiamo che a Lui questo non dispiace. Comunque ci ha dato carta bianca. Quando già cominciamo ad usarla, il nostro vater di fiducia ci propone una visione. Dell’antico eroe di Itaca che cercava la sua casa; e dell'opera che lo ha reso immortale: “Torna a casa Ulisse”. Entrambi sognavamo solo la nostra isola felice. E nostra moglie davanti alla tele. Invece, siamo costretti a navigare. Trascinati dai capricci del Dio del Fare – perché, purtroppo, Nettuno ci può giudicare. E il nostro destino, per il nuovo anno, si fa più chiaro. Dalla partenza da una piccola PoliS. Al periodo nel quale ci intratterremo con qualche Troia – non certo per introdurvi quello che abbiamo nascosto nel cavallo. Attraverseremo poi, per l’intero anno, le acque di dodici splendide sirene ( le dodici fatiche di Mercole) rapiti dall’ego del loro canto. Cercheremo di metterci sotto le giovenche di Poliseno (che speriamo chiuda un occhio). Trascorreremo altro tempo con la maga Circense – vedendo se ha domande da porci – e con Diana, la dea della caccia. Incontreremo la Ninfa Calinps, Cassandra con le sue profezie, l’Enciclope, verremo ammirati dalla bella Mausica, amante dei naviganti senza tastiera. Esploreremo luoghi mitici come l’Internetmodale, l’Ateneolo Pontino e l’Arco tematico, che nessuno riuscirà a tendere. Fino a conoscere gli Dei dell'Olim palus. Racconteremo le storia della nostra patria, nella speranza che qualche cane ci riconosca. Insomma, cari lettori, se vi piace l’avventura, quest’anno navigate al nostro seguito. Oppure rimanete a casa, a fare la figura dei Proci. Quelli che preferiscono la concorrenza sappiano però che ogni Iliade ha il suo tallone d’Achille. E soprattutto “considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza”. Perché i bruti sono quelli che ti pugnalano alle spalle – scusatele – anche se hanno inzuppato nel tuo piatto. Quelli del “Tu quoque, Bruti, fili mei”. Quelli che rivedi a Filippi e ti fanno pure la Filippica. Quelli che ti fanno venire voglia di farla finita. Allora, muoia Panzone con tutti i Fili mei. E 365 di questi giorni!

Alessandro Lampasi


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