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Latina. Sogin, chieste le dimissioni di Zaccheo. Francesco Parisi (SE): «Questa terra è sempre più terra di frontiera e di conquista...»

«È oopportuno che venga con urgenza riposizionata la dirigenza della Sogin poiché sulla questione del nucleare a Latina non sembra che le procedure sin qui seguite siano frutto di programmi concordati con gli altri enti che ne dovrebbero definire i percorsi». Scrive Francesco Parisi (Sinistra Ecologista): «Infatti, malgrado nel 2000 la Sogin abbia presentato un piano generale di smantellamento della centrale che prevedeva il completamento degli interventi entro il 2020, nell’ipotesi di poter disporre del deposito nazionale di stoccaggio a partire dal gennaio 2009 non è stata in grado di gestire con efficacia né il piano, né l’ipotesi del deposito. Per opportuna memoria, è opportuno qui ripercorrere le varie tappe della questione: La centrale di Latina è il frutto dell’iniziativa condotta dall’ENI a partire dal 1957 nel settore nucleare, allorché fu costituita la SIMEA con capitale sottoscritto al 75% dall’Agip Nucleare (ENI) e al 25% dall’IRI. Il presidente dell’ENI Enrico Mattei assunse la presidenza dell’AGIP nucleare, mentre al vertice della SIMEA fu chiamato Gino Martinoli. L’ENI decise di realizzare un reattore di tecnologia inglese a gas grafite (GCR-Magnox) alimentato con combustibile a uranio naturale metallico. Nel novembre ‘57 la SIIMEA comunicò agli inglesi della NPPC (Nuclear Power Plant Co.) l’intenzione di acquistare un reattore da 200 Mwe del tipo OCR Magnox, allora in costruzione a Bradwell, Inghilterra. I1 contratto fra SIMEA e NPPC fu firmato il 31 agosto 1958, quando i lavori di predisposizione del sito erano già iniziati. La centrale di Latina fu completata in quattro anni e fu la prima centrale nucleare a entrare in funzione in Italia. All’epoca dell’entrata in servizio era il reattore più grande in Europa con una potenza elettrica di 210 MW. 11 reattore raggiunse la prima criticità il 27 dicembre 1962. Il primo parallelo della centrale con la rete elettrica nazionale venne effettuato il 12 maggio 1963, al termine delle prove sui sistemi d’impianto. Dall’inizio dell’esercizio fino all’ultimo arresto (26 novembre 1986), l’impianto ha prodotto circa 26 miliardi di kWh con un fattore di disponibilità medio del 76% e massimo del 96% (nel 1983). Dal 1986 la centrale è rimasta ferma a seguito della sopravvenuta chiusura dell’impianto per decisione governativa (Delibera CIPE del 23 dicembre 1987). Dall’aprile 1991 la licenza di esercizio è stata modificata per condurre le attività necessarie per la messa in custodia protettiva passiva dell’impianto (CPP). La centrale di Latina è il frutto dell’iniziativa condotta dall’ENI a partire dal 1957 nel settore nucleare, allorché fu costituita la SIMEA con capitale sottoscritto al 75% dall’Agip Nucleare (ENI) e al 25% dall’IRI. Il presidente dell’ENI Enrico Mattei assunse la presidenza dell’AGII’ nucleare, mentre al vertice della SIMEA fu chiamato Gino Martinoli. L’ENI decise di realizzare un reattore di tecnologia inglese a gas grafite (GCR-Magnox) alimentato con combustibile a uranio naturale metallico. Nel novembre ‘57 la SIIMEA comunicò agli inglesi della NPPC (Nuclear Power Plant Co.) l’intenzione di acquistare un reattore da 200 Mwe del tipo OCR Magnox, allora in costruzione a Bradwell, Inghilterra. I1 contratto fra SIMEA e NPPC fu firmato il 31 agosto 1958, quando i lavori di predisposizione del sito erano già iniziati. La centrale di Latina fu completata in quattro anni e fu la prima centrale nucleare a entrare in funzione in Italia. All’epoca dell’entrata in servizio era il reattore più grande in Europa con una potenza elettrica di 210 MW. 11 reattore raggiunse la prima criticità il 27 dicembre 1962. Il primo parallelo della centrale con la rete elettrica nazionale venne effettuato il 12maggio 1963, al termine delle prove sui sistemi d’impianto. Dall’inizio dell’esercizio fino all’ultimo arresto (26 novembre 1986), l’impianto ha prodotto circa 26 miliardi di kWh con un fattore di disponibilità medio del 76% e massimo del 96% (nel 1983). Dal 1986 la centrale è rimasta ferma a seguito della sopravvenuta chiusura dell’impianto per decisione governativa (Delibera CIPE del 23 dicembre 1987). Dall’aprile 1991 la licenza di esercizio è stata modificata per condurre le attività necessarie per la messa in custodia protettiva passiva dell’impianto (CPP). Nel 2000 SOGIN, alla quale nel frattempo era stata trasferita la proprietà della centrale, ha presentato alle autorità competenti il progetto di smantellamento dell’impianto. Presso la centrale di Latina non è presente combustibile nucleare. Durante l’esercizio tutto il combustibile utilizzato nell’impianto è stato allontanato e inviato in Inghilterra per il ritrattamento. Nel periodo marzo-giugno 1991 è stato alienato anche il combustibile fresco non utilizzato presente in centrale. La quantità complessiva di combustibile scaricato dal reattore e inviato all’impianto di riprocessamento dall’avviamento dell’impianto fino al completo svuotamento del nocciolo è pari a 1.425 tonnellate. Le operazioni per l’estrazione definitiva degli elementi di combustibile dal reattore, iniziate l’i 1 luglio 1988, sono state completate il 4giugno 1991. Sono stati scaricati 22.441 elementi di combustibile, per un peso complessivo di circa 256 tonnellate. L’irraggiamento medio degli elementi scaricati dal reattore è risultato pari a circa 2.300 MWD/t. Per l’allontanamento del combustibile dalla centrale sono state necessarie 16 spedizioni all’impianto di riprocessamento. L’ultimo trasporto è stato completato il 5 luglio 1991. Le attività si sono svolte senza inconvenienti utilizzando le normali apparecchiature previste per il ciclo del combustibile, interessate da interventi preliminari di manutenzione straordinaria. Durante l’esercizio della centrale e per le operazioni di messa in custodia protettiva passiva dell’impianto sono stati prodotti rifiuti che possono essere classificati come segue: attrezzature, apparecchiature, materiali ferrosi contaminati; alette degli elementi di combustibile; fanghi e liquidi radioattivi; cartucce dl KOFC (resina di emaciano,cobalto,ferrato di potassio); cartucce di tufo; manufatti derivanti dal condizionamento di alcuni materiali contaminati; filtri degli impianti di ventilazione locali contaminati; filtri dell’impianto KCFC; materiali ferrosi attivati; lana di roccia; materiali derivanti da interventi di decontaminazione (polveri, detriti. …); rifiuti tecnologici. Il volume lordo dei rifiuti è pari a circa 950mc. per una attività totale di 2,4x1013 Bq Attuale collocazione dei rifiuti rifiuti radioattivi presenti presso la centrale di Latina sono immagazzinati temporaneamente nei seguenti depositi: • deposito fusti; • edificio ex Parson ristrutturato per lo stoccaggio di materiali voluminosi a bassa attività; • platea all’aperto per lo stoccaggio dei manufatti in calcestruzzo; • deposito seminterrato per contenitori a medio-alta attività (cartucce e filtri KCFC); • fosse splitters per l’immagazzinamento delle alette del combustibile irradiato; • serbatoio fanghi contenente liquidi contaminati e fango e, in un locale adiacente, cartucce di tufo e materiali metallici di vario genere; • depositi nell’edificio reattore (ex sala preparazione combustibile fresco, ex sala combustibile nuovo, ex sala generatori a bassa frequenza); • ex magazzino combustibile fresco. Altri materiali attivati e contaminati sono contenuti nelle seguenti aree dell’impianto: • Fori cimitero: sono 24 condotti del diametro di 35 cm circa e della lunghezza di 24 m, accessibili dal piano di carico reattore annegati nello schermo biologico e contenenti materiali irraggiati quali pinze, barre di controllo, tappi, cavi, ecc. • Fori magazzino: sono 36 condotti realizzati in modo analogo ai fori cimitero e contengono principalmente tappi, vari tipi di scivoli ed attrezzi usati all’interno del reattore; sono lunghi 14 m e hanno un diametro variabile da 35 a 25 cm. • Fori assorbitori: sono 6 e differiscono dai precedenti solo nelle dimensioni; contengono assorbitori estratti dal reattore; hanno una altezza di 10 m ed un diametro di 11 cm. • Camera d’angolo di sud-est: è un locale non accessibile adiacente allo schermo biologico dove sono stati scaricati, tramite appositi fori, i materiali provenienti dalle celle calde quali assorbitori, termocoppie di 8o elemento, cavi, ecc. Le attività previste per portare a termine il decommissioning della centrale di Latina fanno riferimento ad una condizione finale di sito esente da vincoli radiologici, con eventuali successivi interventi di ripristino ambientale di tipo convenzionale. Gli interventi, che dovranno essere completati entro il 2020, comprendono: la bonifica del sito da rifiuti pericolosi, convenzionali e non la rimozione di tutti i materiali contaminati e attivati dagli edifici ed aree che li ospitano le rimozione dei materia cementizi contaminati ed attivati finalizzata al rilascio radiologico di tutte le opere civili il monitoraggio finale del sito ed il suo rilascio da vincoli radiologici interventi di ripristino ambientale Gli obiettivi primari che saranno perseguiti durante lo svolgimento delle attività includono: la minimizzazione dei rischi radiologici e convenzionali sia per i lavoratori cito per la popolazione; la riduzione del volume dei rifiuti e conseguentemente, il rilascio della maggior quantità possibile di materiali; la minimizzazione dell’impatto ambientale rappresentato dalle attività di decommissioning; il contenimento dei costi e rispetto dei tempi programmati, compatibilmente con i vincoli interni ed esterni presenti Il programma temporale generale del decommissioning della centrale di Latina è stato sviluppato tenendo conto delle seguenti milestones principali: inizio costruzione deposito nazionale: giugno 2005 disponibilità deposito nazionale: gennaio 2009 rilascio del sito: settembre 2020 Le milestones di cui sopra sono state assunte per delineare convenzionalmente tre fasi sequenziali: Periodo 2001-2005: in questa fase si procederà alla rimozione di componenti e materiali che presentano contaminazione relativamente bassa. nonché alle predisposizioni necessarie per gli interventi successivi. Periodo 2006-2008: in questa fase, nella quale procede la costruzione del deposito, si eseguono attività su componenti a contaminazione intermedia e comunque in gran parte rilasciabili con modesta produzione di rifiuti secondari. Periodo 2009-2020: a valle della effettive disponibilità del deposito nazionale, si procede alla rimozione del materiali maggiormente attivi ed al loro progressivo trasferimento al deposito stesso. Per meglio delineare la sequenza delle attività. all’interno delle fasi sopra descritte è possibile individuare altre milestones intermedie; entro il 2004: demolizione dell’edificio turbine; realizzazione della facility per il trattamento dei materiali derivanti dallo smontaggio dei generatori di vapore, con annessa area buffer di rifiuti in attesa della disponibilità del deposito nazionale; entro il 2005: predisposizione degli impianti di cantiere; entro il 2007: smontaggio generatori di vapore ed esecuzione delle attività finalizzate a rendere disponibili le aree dell’edificio reattore necessarie per realizzare l’assetto previsto all’inizio delle attività di smantellamento del reattore; entro il 2009: predisposizione edificio reattore e realizzazione della waste management facility (WMF) ; gennaio 2009: inizio trasferimento rifiuti al deposito nazionale: consente di programmare la graduale dismissione dei depositi in sito. 2018: rilascio senza vincoli radiologici degli edifici reattore. effluenti e pond; consente di passare ad una gestione convenzionale delle attività di smantellamento, pur mantenendo un limitato presidio per la decontaminazione, il monitoraggio materiali e il trattamento rifiuti, nel secondo semestre 2018: trasferimento dei carichi elettrici alle alimentazioni di cantiere:; Si colloca immediatamente a valle del rilascio dei principali edifici: a partire da questo momento si prevede la cessazione dell’alimentazione dei servizi ausiliari elettrici. Fin qui i dati oggettivi del programma di dismissione della centrale. Vorremmo sapere quali sono state le ragioni che hanno fatto ripensare ai dirigenti della Sogin tutto quanto era già stato programmato, nonché il ruolo del sindaco Zaccheo che, pare, sia l’unico sindaco d’Italia a non saltare sulla sedia alla notizia della trasformazione di un sito in via di recupero all’utilizzo civile, invece alla sua definitiva destinazione a luogo di contaminazione ed interdetto alle funzioni compatibili con la vita. Tutto ciò in barba ai programmi di rilancio turistico della zona pontina e alla riqualificazione della costa. Bisognerebbe chiedersi cosa ne pensano gli operatori turistici ed immobiliari, nonché gli abitanti di un borgo come quello del Sabotino su siffatti progetti. Bisognerebbe sapere se erano nei programmi del sindaco quando chiese loro il voto. Purtroppo, questa storia ben si colloca nell’idea che questa amministrazione ha di pianificazione nella gestione dell’uso del territorio e delle attività che in questo si svolgono. Questa terra sembra sempre di più terra di frontiera dove lo speculatore di turno inventa improbabili destinazioni d’uso del territorio trovando humus favorevole ad ogni iniziativa a prescindere dall’impatto che queste hanno sulla qualità della vita di chi la abita e che qui tenta di costruire il proprio futuro».

Mauro Cascio


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