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Latina. Il processo farsa alla Juventus e l'incazzatura di Moggi. Quando il giudizio morale è altrettanto indegno della coscienza peccatrice
Luciano Moggi, in un'intervista su Libero giura che non getta
la spugna, che per difendere Juventus e tifosi andrà fino in fondo,
partendo dal Tar per arrivare fino all'Europa.
Il finale del processo-farsa – quello che scandalizza, quello che
indigna e di cui la stampa non parla, impegnata a trovare il mostro,
il marcio, a condannare, a emettere sentenze – potrebbe non essere
definitivo. A dispetto degli interisti che finalmente hanno trovato
un sistema per vincere scudetti anche senza giocare alla Play Station.
Ci sono tante eccezioni giuridiche che rendono
questo processo illegale: le intercettazioni a senso unico, la violazione
della privacy, la totale mancanza di prove, la presunzione di colpevolezza,
i gradi di giudizio come pura formalità. Ci sono tanti danni
a chi non ha sicuramente commesso reati: undici milioni di tifosi
e gli azionisti. Senza parlare del danno d'immagine all'Italia,
della fuga all'estero di tanti campioni, di una serie A notevolmente
più indebolita. Non un tribunale, ma il buon senso suggerirebbero
un esilio in Siberia per chi ha voluto questa cialtronata.
A noi questo giudizio pseudo-morale ci è sembrato altrettanto
indegno della presunta coscienza peccatrice. A commento del
testo vangelico "Nolite iudicare ut non iudicemini" già Hegel
aveva scoperto in questo giudizio – quello della folla invidiosa
nei confronti del grande uomo d'azione – l'ipocrisia e la bassezza
che si nascondono sotto il velo della virtù. Il giudice (bal basso)
dell'azione altrui parla invece di agire, vocalizza, e interpreta
sempre l'azione come il male, qualunque essa sia, al posto di scroprirne
la possibilie universalità. Ci si interessa del rutto, non di ciò
di cui il rutto può essere espressione.
Mauro Cascio
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