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Latina. Avanti miei Prodi. Stefano De Luca (Partito Liberale): «In politica estera il governicchio (abusivo) dimostra di essere alla frutta»
«Le difficoltà che il Governo si trova ad affrontare al Senato sul voto per il rifinanziamento
della missione militare in Afganistan, costuiscono per Prodi l’inizio della fine».
Così Stefano De Luca, segretario del Partito Liberale.
«Che l’esecutivo non avesse una maggioranza parlamentare sulla politica estera ed in particolare sul delicato tema delle missioni internazionali finalizzate alla lotta al terrorismo, era cosa nota.
Probabilmente non era prevista una così rapida accelerazione degli eventi, dopo che una soluzione equivoca aveva consentito alla coalizione di uscire indenne dal problema dell’Irak, evitando allo stesso tempo un ritiro brusco alla Zapatero da quell’impegno, che avrebbe potuto comportare una grave lacerazione dei rapporti con gli USA.
Il governo Prodi, piuttosto che rischiare di rendere determinanti i voti del centro-destra, correndo il rischio dell’immediata apertura della crisi, probabilmente finirà col porre la questione di fiducia.
Piegare in tal modo i senatori riottosi significa ovviamente compromettere i rapporti interni alla coalizione stessa, rinviando quindi nel tempo una inevitabile frattura.
Se infatti, con un gesto di apprezzata e rispettabile coerenza, Paolo Cacciari, ritenendo insanabile il dissenso, ha scelto la linea elegante delle dimissioni da deputato, è difficile che altri seguano il suo esempio.
È probabile anzi che la componente radicale della sinistra decida di organizzare il proprio dissenso dando vita ad un movimento trasversale.
Nella presente circostanza parlamentare finalmente il centro-destra ha scelto la linea giusta della coerenza alle proprie posizioni politiche.
La maggioranza degli elettori moderati infatti non poteva capire, né quindi condividere, la scelta muscolare di cercare la rivincita al più presto ed a ogni costo. I cittadini vogliono essere governati ed alla opposizione chiedono di presidiare il terreno delle loro idee, delle loro sensibilità, dei loro interessi, non un continuo muro contro muro per arrivare all’obiettivo del cambio della maggioranza al potere. Con la sua rapida quanto inaspettata decisione di sostenere la mozione del governo e di intervenire in Parlamento per motivarla, Berlusconi ha spiazzato quanti erano in procinto di proporsi come elementi determinanti per un allargamento al centro della maggioranza, o per sostituirne gli eventuali fuorusciti della estrema sinistra.
Comunque andranno le cose sul documento di politica estera, i veri problemi Prodi li avrà in autunno, sulla politica economica, dove le tensioni saranno ancora più forti e le rotture più vaste ed insanabili. In quell’occasione l’opposizione dovrà proporre una manovra diversa e cercare la sintonia con le componenti più moderate della maggioranza.
Il Governo ha preso un po di respiro con la trovata del decreto denominato “delle liberalizzazioni” ed ha spiazzato il centro-destra, che ha perso la grande occasione di far emergere chiaramente che il Provvedimento Bersani-Visco aveva poco o nulla di liberale, anzi conteneva molte, troppe norme, inquisitorie e liberticide.
D'altronde era facilmente accusabile di non aver proceduto, quando era maggioranza, alle predicate e non praticate liberalizzazioni, cedendo al ricatto delle corporazioni organizzate.- Coerentemente, anche di fronte al decreto del centro-sinistra, non è emerso altro che la difesa della posizione di retroguardia dei tassisti, che hanno finito con avere la meglio sul Governo.
Tale comportamente ci ha definitivamente convinto che se l’Ulivo è tuttaltro che una coalizione liberale, neppure l’attuale centro-destra è in grado di concepire e coerentemente portare avanti una linea che si ispiri a tali principi.
Le nostre preoccupazioni trovano puntuale conferma nei processi di aggregazione in corso nelle due aree politiche. La costruzione del Partito democratico a sinistra, infatti, si incaglia sul tema della adesione al Partito Socialista Europeo, che costituirebbe una sconfitta per l’area politica, che fa capo alla Margherita, la quale con la tradizione socialista non ha nulla a che vedere. A destra il partito unitario voluto da Berlusconi si profila come un partito conservatore, con venature populiste, sempre meno liberale, tanto da avere indotto l’UDC a prendere le distanze.
Parallelamente invece si registra la adesione di Alleanza Nazionale, che intravede un duplice vantaggio: da un lato evita il rischio di ritornare ad essere relegata nell’isolamento in cui si è trovato per anni il vecchio MSI, dall’altro coltiva la certezza che, in un futuro prossimo di tale partito unitario avrà il dominio. Ciò in considerazione della consapevolezza di avere una struttura territoriale di militanti molto organizzata, mentre contemporaneamente il disfacimento di Forza Italia, già in atto, si profila nel prossimo futuro inevitabile.
Il Partito Liberale deve al più presto rimediare al grave errore di avere aderito alla costituente per il Partito Unitario dei moderati, poiché ormai ne è chiaro il profilo poco liberale e clerico-conservatore, chiedendo ai propri esponenti di abbandonare il comitato promotore. Dovrà invece collegarsi con tutti i gruppi, e ne stanno emergendo tanti sul territorio, che sentono la esigenza di riportare al centro la barra della politica italiana.
In tale contesto il PLI potrà concorrere alla formazione di un soggetto politico liberale, laico, ma aperto all’apporto, anche determinante, dei cattolici liberali, che, distinguendosi dalle due formazioni che, a destra come a sinistra, si stanno realizzando, aderisca all’Internazionale Liberale ed al Partito Liberale Europeo.
Su tale ambizioso, ma urgente progetto, nell’interesse del Paese, il PLI dovrà spendere sin dalla ripresa autunnale, tutte le proprie energie».
Andrea Apruzzese
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