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San Felice. L'Ascolteranno gli americani. Amedeo Minghi: «Ho deciso di raccontare me e quel clima che ha vissuto la mia generazione...»
Davanti le Telecamere di ParvapoliS Amedeo Minghi, in occasione della presentazione del
suo ultimo libro, "L'Ascolteranno gli americani". «Sì, ma attenzione: più che l'ultimo
è l'unico».
Dalla canzone alla parola scritta... «Sì, bella o brutta la parola resta, come direbbe
Totò. È una bella responsabilità. Però essendo autobiografico molte cose si autogiustificano.
È la mia storia». Ma è anche la storia di chi si è rispecchiato nelle sue canzoni...
«Come esito finale, sicuramente sì. Ma sono storie private. Avevo bisogno di fare
chiarezza su tante cose. Mi capita di non essere compreso fino in fondo».
Dicevamo proprio storia di una generazione...
«È stata scritta con l'intento di raccontarsi, ma anche di descrivere il comportamento
e le emozioni di una generazione che, come me, si è formata e maturata, a cavallo degli
anni Sessanta e Settanta, in un momento di particolare entusiasmo creativo che ha cambiato
la musica leggera italiana e non solo. È una testimonianza delle trasformazioni
avvenute nel mondo della discografia e, al contempo, la descrizione di mutamenti sociali
e culturali vissuti in prima persona».
In copertina c'è l'immagine del passato e del presente... «Il futuro non lo conosce
nessuno. Quello che possiamo fare è riflettere sul passato, raccontarci, quella
copertina rispecchia questo». Cos'è la storia per te? «È uno specchietto
retrovisore. Vedi chi ti sta sorpassando bene e chi è pericoloso».
C'è uno spartito dietro queste parole? «Se volete, sì». Ha mai pensato alle
emozioni, ai pensieri dei lettori? «Credo che possano avere delle sorprese.
Ci sono tante cose che non si sanno o che non si dicono».
Elisabetta Rizzo
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