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Latina. L'equinozio del calcio. Mauro Grimaldi: «L'errore è stato quello di legare sorti e destino intorno ad un unico (povero) imprenditore»

La presentazione, nei locali dell’Hotel Europa, del “Città di Latina” – società che milita nel campionato nazionale di calcio a 5 – offre lo spunto per una serie di riflessioni. La prima, forse la più evidente, è che finalmente si ragiona in termini di progettualità ed organizzazione. Il modello che sta prendendo forma attorno a questa società si pone in linea con quelli che sono i nuovi standard di gestione sportiva , dai quali, per una serie di implicazioni, non si può prescindere. Una sorta di laboratorio che si colloca, rispetto agli impegni sportivi, con una mentalità dinamica ed aziendale, curando ogni aspetto della gestione. Basta osservare l’organigramma societario per capire come ogni piccolo particolare – dal consiglio di amministrazione al responsabile della comunicazione fino al tecnico del web – è curato con attenzione. Questo è un aspetto da non sottovalutare per un nuova cultura dello sport, sopratutto a Latina, dove le ultime vicende calcistiche hanno “mortificato” un’ampia fascia di sportivi. Latina – è innegabile – eccelle in varie discipline, dal volley al basket, dalla canoa alla vela, dal tennis al calcio a 5, ma soprattutto eccelle in cultura sportiva, con un’Amministrazione competente e vicina ai problemi dello sport. Questa è la seconda riflessione, che porta a legare queste affermazioni ad un’Amministrazione comunale capace, che pone lo sport al rango degli altri settori che si trova a gestire. Ne conosce la portata sociale, capisce l’importanza del fenomeno aggregativo e di salvaguardia dei valori, non trascura l’impatto economico che lo sport ha sulla società e, cosa non trascurabile, è consapevole del fatto che l’immagine di una città spesso si lega al modello che riesce ad esportare fuori dai suoi confini, ed in questo lo sport è maestro. Il caso del volley docet. Da tutto questo, paradossalmente, è escluso il calcio, in un momento in cui, tra l’altro, altre province ottengono successi storici. Senza entrare nel merito delle responsabilità ( non sarebbe elegante), possiamo però esporci su una terza riflessione. La filosofia che ha accompagnato il calcio fino ad oggi ( non solo a Latina) è stata quella di coagulare attorno alla società calcistica importanti forze economiche, di solito concentrate in un unico imprenditore di riferimento. Tutto questo in assenza di un progetto e delle professionalità necessarie. I soldi – anche se costituiscono uno dei volani dell’attività sportiva – non sono sufficienti, come abbiamo visto, a garantire un risultato importante. Una pubblicità molto nota diceva “ La potenza è nulla senza controllo”. Ecco, mutuando questo principio nella vicenda che ci interessa, forse si riesce a capire meglio il perché certe situazioni si siano verificate. Non è una causalità, ma il frutto di una serie di concause, tra cui metterei anche la mancanza di una seria programmazione. Ogni progetto, non necessariamente sportivo, ha bisogno, innanzitutto, di uomini e di idee, poi di finanziamenti. Ormai lo sport, il calcio in particolare, non è più un’isola felice che vive di luce riflessa. Non basta il mecenate di turno per dare continuità ad una realtà, occorre una società seria, le persone giuste, un progetto onesto e realistico. Queste sono le basi da cui non si può prescindere. Poi si può ragionare su tutto. Tra l’altro – ultima riflessione – tra gli “obblighi” principali di una società sportiva ( ma il calcio, per la sua portata nella società, ne ha di maggiori), c’è quello di costituire un punto di riferimento ed aggregazione per i tifosi, un modello in cui identificarsi, un qualcosa in cui credere. È un’enorme valore aggiunto per ognuno di noi. Per cui anche il rapporto con il territorio non va trascurato. La gente, i tifosi devono essere coinvolti emotivamente, ma anche “educati” ad un nuovo tipo di cultura dello sport. Un cultura che non può, e non deve solo limitarsi al solo risultato sportivo ( spesso solo occasionale) ma ad un progetto a lungo termine, che deve vivere in simbiosi con la città, nel bene e nel male, ma con la consapevolezza che le risorse (economiche ed umane) non vadano disperse, ma capitalizzate, per raccoglierne i frutti una volta maturi.

Mauro Grimaldi


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