Venerdì 02/05/2025 
Parvapolis
categorie
Home page
Appuntamenti
Cronaca
Cultura
Economia
Politica
Sport


Parvapolis >> Cultura

Roma. Questo buio feroce con successo all'Argentina. Lo avevamo lasciato a Villa Fogliano, a Latina. Ora è in uno dei templi del Teatro

Lo avevamo lasciato il 24 luglio a Villa Fogliano con il toccante monologo autobiografico ‘Racconti di giugno’ e lo ritroviamo dal 3 al 15 ottobre con la sua nuova piece ad aprire la stagione di prosa del più autorevole teatro di Roma, l’Argentina. Pippo Delbono, sin dalle prime scene, insiste nella sua scelta di un percorso forte, intenso e di sconvolgente impatto emotivo sullo spettatore, mostrando il corpo seminudo di un uomo magrissimo sdraiato a terra con una maschera algida sul viso e circondato solamente da alti pannelli bianchi. Inizia così ‘Questo buio feroce’, performance tratta dal testo autobiografico dello scrittore americano Harold Brodkey, che descrive gli ultimi due anni della sua vita stroncata da AIDS esattamente 10 anni fa. E Pippo Delbono, dichiaratamente sieropositivo ed omosessuale, fa sfilare su questi enormi pannelli bianchi il suo originale caravanserraglio di attori-non attori, personaggi presi dal suo costante itinere ‘on the road’ alla ricerca di una viscerale emotività che l’accogliente e rassicurante tubo catodico televisivo con i suoi edulcorati ed addomesticati show ‘d’intrattenimento’ non può dargli, al pari degli ipocriti e mondani salotti pseudoculturali di tanti suoi colleghi. Se la tragica esilità del corpo dato in pasto allo spettatore da subito rimanda volutamente alla povertà che affligge ancora gran parte del mondo - e Delbono cita volutamente la Birmania, terra dilaniata dalla dittatura, dalla sofferenza e dalla miseria ma con grande dignità, come da lui valutata in un recente viaggio-, l’alterità fisica degli altri protagonisti fa i conti con l’ipocrisia delle ‘normalizzanti’ regole sociali, è una lente d’ingrandimento per analizzare i mali di un sistema che propone l’omologazione a tutti i costi, ‘costringendo’ la creatività e la spiritualità dell’individuo a soccombere. L’occhio teatrale di Delbono amplifica il decadimento morale di oggi, la musica a tutto volume col microfono che distorce la voce crea un effetto di allucinata accusa da incubo nei confronti della società del benessere mentre la beffarda enfasi in crescendo dell’attore scandisce le frasi: ‘Milioni di persone muoiono per rendervi liberi e felici ’, ‘Isolati nei vostri appartamenti con l’aria condizionata voi siete liberi e felici ’. Delbono affida alla propria voce fuori campo il ruolo di sottolineare le disincantate riflessioni, intrise di leggiadra poetica e di cruda amarezza dello scrittore americano nelle fasi di distacco dalla vita: ‘La separazione è tutto quello che possiamo sapere del paradiso, la separazione è tutto quello che ci basta sapere dell’inferno’, ‘La giovinezza è un perenne amare i sensi e non pentirsene ’. Ma è soprattutto la solitudine dell’individuo, il silenzio feroce che annerisce l’anima, la consapevolezza che l’incomunicabilità è il dramma peggiore di questa era, a dare allo spettacolo quel senso d’incombente morte che aleggia in ogni individuo e che convive nel quotidiano, un dualismo terrificante. E contro questa minaccia di annientamento della personalità reagisce con tutta la sua veemenza Delbono creando, in ‘Questo buio feroce ’, momenti di alto spessore poetico e creativo che ridanno speranza al desiderio di comunicazione degli esseri umani, come nella scena del gioco di sguardi - rincorrersi e ritrovarsi -, stupendamente reso da due tra gli attori ‘altri’ dell’universo artistico delboniano. La performance, senza intervallo, dura un’ora e mezza tra travestimenti bizzarri –particolarmente suggestivi i costumi uniti alle musiche in stile settecento veneziano-, esibizioni musicali (rifacimenti a Sinatra ed alla Baez) e passi di danza che riecheggiano Pina Bausch. Lo stesso Delbono si esibisce in reiterati movimenti gestuali di grande effetto emotivo. Alla fine, la sera del debutto, il pubblico ha tributato alla compagnia ben dieci minuti di applauso.

Claudio Ruggiero


PocketPC visualization by Panservice