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Latina. Luca Barbareschi intervistato da Il Giornale. Parla di tutto e di più. Ma la Fondazione Palazzo della Cultura alla fine nemmeno la cita

Lui l’ha detto, non io. Il direttore artistico della Fondazione Palazzo della Cultura di Latina, Luca Barbareschi ha dichiarato - in un’intervista pubblicata lunedì 16 ottobre sul quotidiano “Il Giornale” - che “In Italia, se ti capita di dirigere un teatro, questo avviene solo in base alla lottizzazione del potere”. Il sillogismo più banale suggerisce a questo punto che lui a Latina c’è arrivato in quanto sponsorizzato da qualcuno che sta in alto. Quindi è un raccomandato di ferro. Ripeto: l’ha detto lui. Ma, se uno viene raccomandato e queste storie non gli piacciono, fa sempre in tempo a dire: no grazie, preferisco fare da me, magari andare in Gran Bretagna dove “esiste il libero accesso alla direzione di un ente pubblico” come dichiara sempre Barbareschi al giornalista Enrico Groppali “mediante l’audizione dei programmi che hai in testa e delle capacità rivelate in anni e anni di carriera. A cui sono stato lieto di concorrere, arrivando sesto dopo gli inglesi e primo tra gli stranieri, quando mi sono candidato al Royal Court Theatre”. Siamo contenti per te, in bocca al lupo Luca che oltre Manica non hai bisogno di un bel calcione per far vedere chi sei. D’altra parte “nemo propheta in patria”. E ci fa piacere apprendere che proprio per questo porterai a Broadway il tuo “Chicago” nonché Il Sogno del principe di Salina. Ultimo Gattopardo”. Ma che c’entra New York con la tua audizione in Gran Bretagna? Vabbé l’importante è arrivare. Non ho visto Chicago, ma dubito che Broadway apprezzerà il Gattopardo. O forse sì, soprattutto se continuate a recitare in italiano, così il pubblico non capisce e si concentra sulla scenografia ed i costumi che sono veramente superbi. Però, Luca, almeno accennare che oltre a recitare in teatro e a girare una fiction per una televisione tedesca, sei il direttore artistico del teatro di Latina potevi anche dirlo. Un po’ di promozione per questa città che un incarico te lo ha dato potevi farla. Scusa, dimenticavo che questo è un incarico che pesa come un macigno sulla tua carriera. Qui non abbiamo mai apprezzato i tuoi meriti. Hanno imposto te a noi e noi a te. Noi che nella nostra vile ignoranza ti abbiamo messo in mano una struttura bellissima e la possibilità di fare più o meno quello che volevi. Ivi compreso produrre spettacoli e far lavorare gli amici tuoi. Peccato però che siamo stati talmente stupidi (per non dire un’altra parola che comincia sempre per “st”) da scivolare sulla buccia di banana delle lobby di potere invece di chiamarti per i meriti. Io però sapevo che eri stato convocato in quanto artista di chiaro talento. Questo ci hanno detto e questo ci hai tenuto a ribadire più volte. E che la tua era una sorta di crociata contro l’ignoranza pontina. Eravamo lì a farci redimere da una stagione comunque apprezzabile e non vedo l’ora di vedere “Sei personaggi in cerca d’autore” nella rilettura di quel grandissimo che è Carlo Cecchi. E tu che fai? Confessi che hai lavorato come servo del potere? Mi risulta anche ben pagato. Anche se l’anno scorso ci hai tenuto a precisare che non ti era arrivato un euro dei circa 60mila l’anno che dovresti percepire. Ma in fondo a te i soldi del potere non piacciono. Quindi ci aspettiamo il tuo grande gesto, il vero colpo di teatro: prendere questi soldi e devolverli in favore di borse di studio per giovani aspiranti attori meritevoli di questa città.

Maria Corsetti


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