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Latina. Qui Il Territorio. Gli stipendi dei parlamentari? Sono pure troppo bassi. Abbiamo fatto una prova. E abbiamo scoperto che...

Quattro ore. Ci sono volute quattro ore davanti allo specchio per truccarmi da parlamentare. Una via di mezzo tra Anna Maria Procaccini Burani e Maria Teresa Amici. Ma penso di aver fatto un buon lavoro. E poi i parlamentari italiani non si conoscono neppure tra di loro. Silvio mi raggiunge davanti a Montecitorio. Quasi non lo riconosco. Un portaborse perfetto. Ci guardiamo in faccia. «E ora?», mi fa. «Ora facciamo finta di parlare della finanziaria. Il resto verrà da sé». Cominciamo a discutere animatamente. Silvio ogni tanto prende appunti. Si avvicina un uomo. Indossa con eleganza un vecchio vestito. «Sono un professore di storia, onorevole - dice con voce suadente ed educata -. Le propongo un corso di storia accelerato. E garantito. Al termine lei non confonderà più la rivoluzione francese con quella americana. O la prima guerra mondiale con la seconda». «Interessante. Davvero interessante. Cercherò di frequentare il suo corso. Però devo fare i conti con il tempo e con i costi. Sa, noi parlamentari abbiamo un sacco di spese. E i soldi non bastano mai». Il professore, ringraziandomi, mi dà un biglietto con il suo indirizzo. Poi con un leggero cenno del capo saluta e se ne va. «Uno spinello, onoré?». Mi giro. Dinanzi a me c’è un cinquantino pallido e trasparente. «Ho anche roba di prima scelta questa mattina. E pure con lo sconto». «No, grazie. Io prendo solo il caffè». «A proposito – dice Silvio -. Sono le undici passate. Andiamo a prenderlo un caffè?». Il bar è affollato. Ci sediamo a un tavolo. Un signore distinto e dai modi gentili si avvicina. «Si può?», chiede. «Si accomodi» «Sono dello studio legale Mafioletti Camorrese - dice stringendomi la mano -. Se ha qualche problemino con la giustizia, siamo a sua disposizione. Garantiamo riservatezza e competenza». «Ottimo», gli rispondo con un sorriso a trentadue denti. Ma ecco Chiara e Giacomo. Ci consegnano tre cimici e tre microtelecamere. E se ne vanno al Senato.
Il Ducato, di cui vi ho parlato nella precedente avventura, lo abbiamo parcheggiato in una strada secondaria di Latina. E’ tutto pronto. Sul primo monitor appare l’onorevole Riccardo Pedrizzi. Sta facendo l’ottava conferenza stampa in due giorni sull’ingiusta, inutile e pasticciona legge finanziaria. Poi eccolo a Cisterna, a Sezze, Aprilia e Terracina. E a calmare per la ventesima volta Vincenzo Zaccheo, incavolato nero contro Forza Italia e Zappalà. E a riacchiappare Fabrizio Cirilli, Roberto Migliori e Maurizio Lucci che scappano da Storace. L’onorevole Maria Teresa Amici è frenetica. Non riesce a stare ferma. Corre dappertutto. Nei comuni. Nelle scuole. Davanti alle fabbriche. Nelle sezioni dei Democratici di sinistra e della Margherita. In dieci giorni ha fatto sessantadue assemblee per difendere le scelte della legge finanzia. E per raccogliere suggerimenti, e proporre le opportune correzioni. Ma attenzione. Ora sta entrando in un bar. Per rassicurare il ceto medio, il barista in questo caso, sulle intenzioni di Prodi? No, no. Solo per prendere un cornetto e un cappuccino. «L’onorevole Gianfranco Conte? - dice Chiara sconsolata -. Scomparso. L’ultima volta è stato visto a Minturno tre mesi fa». «E la senatrice Anna Maria Procaccini Burani, allora? - interviene Giacomo -. Non se ne hanno notizie da Ferragosto. Quando andò a prendere un gelato alla frutta in un bar di piazza Mazzini, a Terracina». «Telefoniamo a ‘Chi l’ha visto?’», propone Silvio. «Ma non è meglio il commissario Maigret?», fa Giacomo. D’accordo per Maigret. Lo farò chiamare stasera da mio padre. L’immagine del senatore Claudio Fazzone è un po’ mossa. Si sente il rumore di un martello pneumatico. Alcuni operai stanno riparando le condutture lungo la strada rocchigiana, che Loreto Bevilacqua, sindaco di Roccagorga, non aveva voluto sistemare. Da mesi. Per far dispetto al presidente di Acqualatina. Fazzone dà anche una mano agli operai. E poi paga lui stesso le spese di riparazione. Ora il presidente provinciale di Forza Italia viene a Latina. Porta i suoi a mangiare una pizza. Ed offre lui. Sperando così di bloccare l’esodo verso la Margherita. «Per colpa di quei due disgraziati - pensa il senatore Michele Forte mentre se ne va in farmacia, e sul monitor passano le immagini litigiose e irridenti di Mauro Carturan e di Domenico Guidi -, per colpa di quei due disgraziati, spendo quasi la metà del mio stipendio per i calmanti, che il sistema sanitario manco passa».
Mio padre, cari amici, mi ha insegnato a rispettare i clienti. Tutti. Ed io lo faccio. Questa volta però i miei clienti hanno torto. Anche se si tratta di un ministro, di un sottosegretario, di un sindaco molto noto e di un presidente di provincia. So che rischio il mio onorario. Ma non posso tacere. E dico liberamente la mia opinione. Il governo ha ragione. Ha fatto bene Romano Prodi a tagliare il suo stipendio e quello dei ministri, dei sottosegretari, dei sindaci, dei presidenti delle province e dei consiglieri comunali e provinciali. Ha fatto bene, soprattutto, a non toccare gli stipendi dei deputati e dei senatori. Alcuni di voi potranno dire: «Ma hanno stipendi più alti dei loro colleghi francesi, tedeschi, spagnoli, inglesi, svedesi e olandesi. E non pagano treni, autostrade e aerei. Ed hanno tanti altri privilegi». Tutto vero. Ma avete visto quante esigenze hanno i nostri parlamentari? E quante spese devono sostenere? E poi, forse non lo sapete. Per loro è aumentato il costo del barbiere. E pure quello della buvette. Quasi un euro.

Maria Corsetti


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