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Latina. Sei personaggi: una commedia da fare. Maria Corsetti in ginocchio: «Pirandello enorme, Carlo Cecchi geniale ed attori strepitosi»

Bisognerebbe accorgersi più spesso che “I sei personaggi in cerca d’autore” sono una commedia più che una tragedia. Una commedia tragica, ma commedia. E soprattutto una rappresentazione dei drammi umani, visti nelle loro miserie, nella pochezza di un genere che devasta la vita per questioni molto meno importanti della vita. Anzi, a guardar bene, poco importanti in assoluto. Che significa che uno è figlio legittimo e l’altro no? Anche in senso cristiano siamo tutti figli di Dio. Ma c’è chi si sente autorizzato a disprezzare chi lo ha messo al mondo, solo per aver messo altri al mondo. Da questa ridicola presa di posizione di un figlio poco più che adolescente parte il dramma della commedia di Pirandello, in scena lo scorso fine settimana al teatro D’Annunzio di Latina nella rilettura di Carlo Cecchi. Una rilettura che, anche vedendo qualche “incursione” del regista nel testo, è più vicina al pensiero pirandelliano di tante altre. Si ride nella rappresentazione di Cecchi, ma non è una risata smargiassa. È piuttosto un ridere pensato, quel ridere al quale ti porta il paradosso che ogni giorno ti mette davanti la vita, splendida in quanto tale, terribile in quanto tale. Potremmo definirlo un ridere “colto”, ovvero che arriva dopo una elaborazione culturale, dopo che il pensiero ha distorto la realtà delle cose. Cioè che in modo naturale si nasce, si prova desiderio e si muore. Carlo Cecchi riesce - con tratti di puro genio e attori strepitosi - a mettere l’accento su quanto diventa, nel lavoro di Pirandello, innaturale per gli uomini nascere, provare desiderio e morire. Nei “Sei personaggi” si nasce in maniera illegittima, si desidera una donna che mai si sarebbe voluta desiderare, si muore giocando o ci si toglie la vita. Cecchi riesce a raccontare tutto questo senza provocare alcun senso di pesantezza nello spettatore in platea, anzi divertendolo e riuscendo a tramutare un piccolo imprevisto nella spiegazione concreta di cosa è “lo spettacolo nello spettacolo”: all’inizio del secondo atto della rappresentazione di sabato sera è rimasta aperta la porta che divide il foyer dalla sala del teatro. Cecchi, che interpretava il capocomico e quindi dava ordini sulle luci e sull’organizzazione della scena, ha chiesto di chiudere quella porta e lo ha fatto continuando a recitare in uno spettacolo che all’improvviso è come se fosse sceso tra il pubblico. Un miracolo che però a Carlo Cecchi non sarebbe riuscito se non avesse potuto contare su attori più che straordinari, ad iniziare dalla giovane e incredibile Antonia Truppo, La figliastra, per proseguire con un magistrale Paolo Graziosi, Il padre, con l’ottima e fugace apparizione di Madama Pace interprestata da Angelica Ippolito. E poi Riccardo Lupo, L’assistente del Regista, Francesco Ferrieri, Il figlio, Licia La Rosa, Il giovinetto (La bambina viene impersonata da una bambola). Infine il gruppo degli attori che stanno provando “Il giuoco delle parti” in scena quando irrompono i sei personaggi: Alessandro Baldinotti, Viola Graziosi, Francesca Leone, Paolo Mannina, Rino Marino, Diego Sepe. E altrettanto all’altezza del regista le scene ed i costumi, curati da Titina Maselli e le luci di Paolo Manti. Non sorprende, insomma, che questo spettacolo abbia registrato dieci minuti di applausi ininterrotti a Berlino, dove è andato in scena lo scorso anno. Un consiglio: se capitate a Parigi dal 12 al 16 dicembre prossimo lo spettacolo è in scena a L’Athenée Theatre Louis Jouves. Prenotate una poltrona.

Maria Corsetti


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