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Latina. Halloween, la banalità e la necessità concettuale di una "teoria della stronzata". Ce ne sono tante. Tocca organizzarle in un sistema

Uno dei tratti salienti della nostra cultura è la quantità di stronzate in circolazione. Tutti lo sanno. Ciascuno di noi dà il proprio contributo. Tendiamo però a dare per scontata questa situazione. Gran parte delle persone confidano nella propria capacità di riconoscere le stronzate e di evitare di farsi fregare. Così il fenomeno non ha attirato molto interesse, né ha suscitato indagini approfondite. Non esiste una teoria, né una chiara definizione terminologica e concettuale. Harry G. Frankfurt, in quello che fu il caso editoriale qualche mese fa e che è tornato recentemente in libreria in una nuova ristampa, «Stronzate» (Rizzoli) attraverso riflessioni su Wittgenstein, Pound, Sant'Agostino in una prosa rigorosa ed irriverente rappresenta un primo passo in direzione di una "teoria delle stronzate" e una brillante analisi critica della cultura contemporanea. «Per quanto il produttore di stronzate proceda con diligenza e coscienziosità, resta vero che cerca sempre, in un modo o in un altro, di passarla liscia. C'è di sicuro nella sua opera, come nell'opera di qualunque artigiano negligente, un certo grado di lassismo che elude o resiste alle richieste di una disciplina austera e disinteressata. E tale lassismo non può essere equiparato alla semplice trascuratezza o indifferenza ai particolari. Wittgenstein dedicò gran parte delle sue energie filosofiche a identificare e combattere quelle che considerava forme insidiose e malefiche di "nonsenso". Questo, con ogni evidenza, si rifletteva anche nella sua vita personale. È un tratto che emerge da un aneddoto raccontato da Fania Pascal che lo conobbe a Cambridge negli anni Trenta: «Mi avevano tolto le tonsille ed ero all'ospedale, abbattuta e depressa. Wittgenstein mi venne a trovare. Gracchiai: "Mi sento come un cane che è stato investito da una macchina". Lui ne fu disgustato: "Lei non sa come si sente un cane che è stato investito da una macchina". [...] Se la similitudine usata è rivoltante, quale uso linguistico figurato o allusivo non lo sarebbe? Nell'interpretazione di Wittgenstein lei è impegnata in un'attività in cui la distinzione tra ciò che è vero e ciò che è falso è cruciale, eppure non presta nessun interesse al fatto che ciò che dice sia vero o sia falso. È in questo senso che l'affermazione di Pascal non ha nessun legame con un interesse per la verità: Pascal non si preoccupa del valore di verità di ciò che dice. La sua affermazione non si fonda né su una credenza che è vera né, come deve accadere per una menzogna, su una credenza che non è vera». È proprio questa assenza di un legame con un interesse per la verità – questa indifferenza per come stanno davvero le cose – che è essenziale per la definizione di stronzata. E se le cose sono così come dice Frankfurt la situazione è davvero disperata, non abbiamo scampo, siamo tutti circondati da stronzate. Dentro e fuori l'Unione Europea.
PS. Oggi è Halloween, una delle mie notti preferite. Una persona deliziosa che mi sta regalando ultimamente il piacere di stare con lei mi ha promesso di leggermi, anche in lingua originale per sentirne la musicalità, le poesie di Mihai Eminescu, mentre in sottofondo scorrerà una balada di Ciprian Porumbescu, che è una cosa di una intensità struggente e di una tristezza infinita che Baglioni in confronto è una botta di vita. Mi sembra sempre così legata all'essenziale la sua anima. Speriamo che mantenga la promessa, e che all'ultimo non decida di fare una stronzata pure lei...

Mauro Cascio


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