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Latina. Indagini e diritto di cronaca. Rita Calicchia: «Cautela nell'informare sulle prime fasi di indagine, anche a tutela di eventuali minori»

"...I nomi degli indagati e degli arrestati possono essere resi noti, ma il giornalista deve valutare con cautela i giudizi sulle persone indagate nei primi passi delle indagini e la stessa necessità di divulgare subito le generalità complete di chi si trova interessato da una indagine ancora in fase iniziale. La diffusione dei nomi delle persone indagate o arrestate potrebbe mettere a rischio la stessa riservatezza di minori coinvolti nell’indagine giudiziaria.
“….Questi principi sono stati riaffermati dal Garante in occasione di un caso recente, di cui hanno dato notizia alcuni giornali locali del Veneto, relativo all’arresto di un uomo sospettato di aver compiuto atti osceni in pubblico nei confronti di una minore e accusato poi, dopo una perquisizione, di detenere materiale pedo-pornografico. Il Garante richiama l’attenzione di giornalisti e forze di polizia sulla necessità di adottare ogni opportuna cautela nella diffusione di nomi e di foto di protagonisti in casi per i quali i reati sono ancora in via di accertamento preliminare e che, per giunta, vedono coinvolti minori in fatti delicati che attengono al pudore e alla vita sessuale. L’Autorità ha sottolineato come la diffusione dei nomi delle persone indagate o sottoposte a giudizio, pur legittima in alcuni casi se sussistono i presupposti del diritto di cronaca e non ci sono motivi di segretezza, deve essere valutata anche in ragione delle garanzie riconosciute all’indagato e all’imputato (come la stessa presunzione di non colpevolezza fino a condanna definitiva), anche allo scopo di evitare che la stessa divulgazione di nomi e precisi dettagli possa determinare danni ai minori vittime del reato, rendendoli indirettamente identificabili. Particolare attenzione deve essere prestata nella divulgazione di informazioni da parte delle forze di polizia, chiamate a selezionare preventivamente i dati da rendere pubblici, in particolare riguardo a dati personali non indispensabili, come ad esempio il luogo di residenza dei minori, l’indirizzo dove sarebbe avvenuta la presunta violenza, la foto dell’interessato”.
Riporto testualmente dalla Newsletter n. 233 del 8 - 11 novembre 2004 del Garante per la protezione dei dati personali (Reg. al Trib. di Roma n. 654 del 28 novembre 2002). Riporto e… rifletto. Spostando l’attenzione sui quotidiani odierni. Leggo di un latitante catturato dopo mesi nel piazzale vicino l’Icot. Un uomo di Sezze. C’è nome e cognome. Si dirà: aveva una sentenza di condanna definitiva da scontare. E allora giro pagina. Leggo di due disgraziati arrestati per un furto a Panorama. Ci sono i nomi e cognomi. Ma uno è straniero, e non frega niente a nessuno. Leggo di due balordi individuati come i presunti rapinatori di una piccola banca, in un piccolo paese. Ci sono i nomi e cognomi. Ma sono di Caserta e a Latina non interessa a nessuno. Leggo di un poveraccio che s’è suicidato perché in preda alla depressione. Un dramma personale immenso. Dovrebbe restare tale. Ma c’è nome e cognome.
Leggo anche di un “professionista insospettabile” arrestato per l’infamante accusa di aver abusato di ragazzini. E il nome non c’è. Perché gli inquirenti non hanno ritenuto di renderne note le generalità. Non so perché. Non so se è giusto. L’Ordine Nazionale dei Giornalisti ha fornito chiarimenti e puntualizzazioni su alcune problematiche emerse dagli incontri del gruppo di lavoro costituito tra l’Autorità e l’Ordine stesso. L’obiettivo, dice l’Ordine, è quello di sempre: trovare un punto di equilibrio tra il diritto di cronaca e il diritto di ogni persona ad essere rispettata, nella sua dignità, nella sua identità, nella sua intimità. Rifletto: quella persona, nello specifico, dev’essere l’indagato… Ma….. il bambino???????????? Non va forse tutelato? E le famiglie? Non hanno il diritto di sapere da chi è necessario guardarsi?. In uno Stato di diritto, è vero, un indagato non è di per se stesso un colpevole. Ma se così è, il principio deve valere per tutti. Perché in uno Stato di diritto, altrettanto vero è che “la legge è uguale per tutti”. Dunque fino a sentenza non è colpevole quello che è accusato di aver rubato la frutta al mercato o quell’altro che viene trovato con un chilo di droga sotto il letto. Fino a processo espletato, del resto, chi ci dice che quella droga non gliel’abbia messa in casa un vicino invidioso o magari indispettito con lui per questioni condominiali e deciso a fargliela pagare in qualche modo? Sono contro le liste di proscrizione per cultura e convinzione personale. Ma ritengo anche che il principio comunemente accettato secondo il quale la notizia di cronaca certa e verificata debba essere divulgata valga per tutti. Per i responsabili di qualsiasi reato. E per tutti. Non solo per chi fa più gossip come nel caso del parroco di Pomezia. Certo, un prete che attenta alla verginità dei ragazzini affidatigli all’oratorio fa notizia. E se le testimonianze vengono ritenute dagli inquirenti attendibili, è giusto che venga sbattuto in prima pagina prima ancora di qualsiasi processo. Ma questo vale anche per gli “insospettabili professionisti”. Anche per non generalizzare alimentando stupide cacce alle streghe. Del resto, chi non paga una cambiale per un momento di difficoltà economica, finisce sul bollettino dei protesti: un elenco pubblico di gente destinata ad essere messa al bando del sistema perché inattendibile dal punto di vista della solvibilità economica. Chi emette una cambiale a vuoto – si chiedeva tempo fa l’allora ministro delle comunicazioni Gasparri - è più pericoloso di un pedofilo?”. Chiudo riproponendo una riflessione pubblicata su Il Foglio a firma di Luigi Bitto, presidente del Tribunale di Bergamo:
“ ….la pubblicazione dei nomi delle persone condannate per violenza carnale, atti di libidine violenti o atti osceni nei confronti dei minori, purchè non si facciano i nomi di questi, è perfettamente lecita. Beninteso la pubblicazione, deve essere asettica come l'elenco dei protesti cambiari sul bollettino e non contenere nessun invito ad azioni violente o a pratiche. discriminatorie non necessarie nei confronti dei condannati. Si può discutere l'utilità dell'iniziativa, poiché probabilmente i maniaci sessuali più pericolosi non sono quelli già ufficialmente riconosciuti. Non ha senso però attaccare il quotidiano Libero per avere esercitato il diritto di cronaca. In ogni caso è bene ricordare che una delle ragioni, per le quali le sentenze sono rese pubbliche, è di consentire ai cittadini di guardarsi dalle persone dichiarate colpevoli di un reato. Gli inconvenienti della divulgazione sono soltanto uno degli aspetti sgradevoli di qualsiasi condanna”.
Badi bene, si parla di sentenza, quindi di dispositivi di condanna già pronunciati da una Corte a questo legittimata. Se vogliamo questo, se questo principio è comunemente accettato, facciamo in modo che sia così per tutti. Per i presunti rapinatori. Per i ladri non colti in flagranza di reato, ma “indiscutibilmente tali” per testimonianze e/o altro (anche per i pedofili in questione, ci sono le testimonianze…) Anche per i concussori ed i concussi. Anche per gli extracomunitari di cui non frega niente a nessuno. E anche per chi abusa dei bambini. Professionisti illustri compresi. Vogliamo aspettare le sentenze? Aspettiamole. Ma una volta emesse, pubblichiamo i nomi. Di tutti.

Rita Calicchia


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