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Latina. I Tarocchi di Leonardo, ovvero: come ci si siede nel bidet? Considerazioni sparse sui regali e sul significato ultimo dell'esistenza

La settimana scorsa era il mio compleanno. Lo riconosco a malincuore: cresco anch'io. Tra i regali il più particolare che ho ricevuto sono i Tarocchi di Leonardo, un mazzo le cui illustrazioni sono tratte dai quaderni di appunti, dai disegni e dagli scritti del genio del Rinascimento. In effetti ho una grande ammirazione per i Tarocchi disegnati da Freda Harris e cito spesso Oswald Wirth, il cui mazzo per me è ormai più classico del Tarocco di Marsiglia. Certo, l'intuizione delle cose a venire era pragmatica, pre-scientifica, fondata sulla concreta osservazione delle cose; così che a prima vista uno cosa c'entri Leonardo con la divinazione in senso stretto se lo chiede. Ancora prima di toglierci attorno la coccarda, il nastro e tutta la carta. Ma tralasciando di decifrare il destino, restano negli arcani i grandi temi affrontati: l'Uomo vitruviano, la sezione aurea, il rapporto tra causa ed effetto. In numerose opere di Leonardo ricorre un tratto enigmatico: il dito puntato. Compare anche in alcune delle carte del mio nuovo mazzo di tarocchi: VI I Gemelli, XI L'Esperienza, e XVII L'Indicatore della Via. Lo ritroviamo inoltre nell'Ultima cena, nel San Giovanni Battista e nella Vergine delle rocce (nella versione del Louvre). Qual è il significato di questo dito puntato? «Nella carta VI I Gemelli si direbbe che Sant'Anna ricordi a Maria che Gesù non è semplicemente suo figlio, ma è nato per uno scopo più alto. Nella carta XVII L'Indicatore della via è evidente il ruolo profetico di san Giovanni Battista (raffigurato anche nella VI) volto ad annunciare la via del Signore. Ma come interpretare la donna che misteriosamente punta il dito nella carta XI L'Esperienza? Forse vi è un'allusione all'enigma dell'anima, che riusciamo a comprendere solo tramite la nostra individuale esperienza di vita. L'anima di ciascuno è infatti un enigma in attesa di essere sciolto. Il destino non è un percorso immutabile o irrevocabilmente stabilito, ma un piano che si disvela via via e che ciascuno scopre nell'esperienza del vivere. Il tesoro di qualità nascosto dentro di noi ci aiuta a comprendere l'enigma del nostro codice personale. Vi è in Leonardo una natura angelica gemella: l'anima che si spinge nell'indagine più in là di quanto si estenda la realtà fisica. Questa intima dualità tra l'uomo e il suo genio è raffigurata spesso nella sua arte, in dipinti come la Vergine delle rocce, dove Cristo e il Battista sono mostrati insieme da bambini. Una parte di Leonardo è san Giovanni Battista – un indicatore della via che guarda avanti e apre la strada a qualcuno più grande di lui. Ma l'altra parte di Leonardo è il Cristo, in lotta con la propria umanità per realizzare la divinità che porta in sé e che mira ai più alti principi di chiarezza e illuminazione. Nel De Hominis Dignitate, Pico Della Mirandola scrisse, citando Zoroastro, che l'anima è alata e che "quando cadono le ali precipita nel corpo e vola al cielo quando le crescono". Quando i discepoli chiesero a Zoroastro come ottenere ali dell'anima capaci di levarsi in volo, questi raccomandò loro: "Irrorate le ali con le acque di vita". Quella di Leonardo è un'anima che perse le ali. Le cercò tutta la vita, agognando di levarsi di nuovo in volo. E se qualcuno mai meritò di volare, fu quest'uomo poliedrico, brillante e impaziente che seppe irrorare le ali del sogno con le acque di vita così bene che il suo volo non è ancora concluso». E a chiunque abbia aspirazioni, indaghi e osservi, egli ha prestato le ali. Restano squadernate, nel mazzo disposto a schema, le grandi domande dell'esistenza. Chi sono, da dove vengo, dove vado, a che velocità e a cosa servono gli autovelox se so dove sono. Se capita solo a me di voler mandare a quel paese i disagiati che a Latina sono impiegati per i parcheggi e di dovermi trattenere per non sentirmi un verme poi. Perché le signore sopra i cinquant'anni somigliano sempre ai cani che portano a spasso? E soprattutto perché vorrei fare tanto il principe azzurro con le donne a cui tengo se so che resto rospo pure se mi baciano? E infine, è un dubbio che Antonio Pennacchi mi attaccò e che mi è rimasto attaccato addosso come il colore della pelle: come ci si siede nel bidet, come le spalle ai rubinetti o con le palle ai rubinetti?
PS. Quest'ultima cosa però non serve chiederla necessariamente ai Tarocchi. Gli americani, con il loro spirito pratico, hanno già risolto la questione: hanno proprio tolto di mezzo il bidet.

Mauro Cascio


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