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Latina. Settarismi religosi e democrazie da esportare. In nome di Dio si accetta ancora che si venga condannati a morte per adulterio...
Un’altra ennesima atroce ed inumana sentenza di morte sarà eseguita a breve. L’ha emessa il tribunale di Hail in Arabia Saudita. La vittima designata è una donna di 39 anni, vedova da sei anni, che però ha messo al mondo un figlio senza essersi risposata. Invero lei e il padre del suo ultimo bambino l’avrebbero fatto. Peccato però che la vedova non avesse nessun tutore per firmare quel contratto matrimoniale, che lei in quanto donna non poteva stipulare. Per la Shariyad islamica, dunque, è una pecatrice: un’adultera. E la pena prevista è la lapidazione. La stessa donna sembra esservisi rassegnata. Il quotidiano arabo “Al Watan”, che riporta la notizia, precisa infatti che essa considera giusto il castigo inflittale. Una vera e propria purificazione. Un viatico per il Paradiso.
Così, in una perversa dinamica, la vittima ringrazia il carnefice. Accetta una legge patriarcale dove la sottomissione e l’accondiscendenza della donna è assoluta. Una legge che conta sui fantasmi di figure femminili che crea: replicanti di un modello sacralmente imposto dall’integralismo islamico. Un modello dove il corpo scompare sotto veli integrali. E dove quell’unico soffio vitale che traspare dalla feritoia per gli occhi può essere chiuso per sempre sotto un cumulo di pietre.
Maria Mantello
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