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Latina. I liberali e le canne. Benedetto Della Vedova: «Anche Milton Friedman, ispiratore di Reagan e la Thatcher, era antiproibizionista»

Sul decreto Turco si registra anche un intervento di Benedetto Della Vedova, deputato di Forza Italia e presidente dei Riformatori Liberali, la formazione radicale che non ha seguito Pannella e Capezzone, la Bonino e la Bernardini nella loro avventura a sinistra nella Rosa nel Pugno. «Il provvedimento del Ministro Turco è ragionevole e condivisibile. Sono eccessive le preoccupazioni di chi lo considera un messaggio “devastante”: è una misura che si colloca nel solco della legge Fini-Giovanardi, ampliando i margini della depenalizzazione per quanto riguarda il possesso dei derivati della cannabis per uso personale. Ci è parso comunque fuori luogo l’accento anti-centrodestra usato dal Ministro: se la Casa delle Libertà ha compiuto negli anni di governo una scelta - a mio avviso - sbagliata, il centrosinistra non ha certamente saputo fare di meglio nel quinquennio precedente, bloccato da veti incrociati. È necessario che in Parlamento parta un confronto aperto e che anche nel centrodestra si apra un confronto che abbia su questi temi come punto di riferimento le politiche e le posizioni che caratterizzano le forze liberali e moderate del resto d’Europa, dalla Gran Bretagna, alla Spagna, alla Germania. Un’ultima doverosa riflessione proprio per aprire il dibattito nella Casa delle Libertà. In questi giorni è morto il premio Nobel Milton Friedman, l’economista ispiratore delle grandi rivoluzioni liberiste della Thatcher e di Reagan, un pensatore che ha saputo porre l’accento sulla necessità di politiche antistataliste sia nel campo dell’economia che delle libertà individuali: non a caso, era un anti-proibizionista».
Sostenitore del libero mercato contro ogni ingerenza da parte dello Stato, tanto da meritarsi il titolo di anti-Keynes. Così ascoltato da influenzare le politiche economiche di due campioni del liberismo del Ventesimo secolo: Ronald Reagan e Margaret Thatcher. Milton Friedman è morto in ospedale per complicazioni cardiache all'eta' di 94 anni, a San Francisco dove abitava, dopo essere stato uno degli economisti più influenti e ascoltati degli ultimi 50 anni, influenzando molte teorie in campo monetario. Convinto sostenitore del libero mercato, Friedman ha impostato tutti i suoi lavori sulla dottrina del monetarismo, sul principio secondo cui l'inflazione può essere governata dalla Federal Reserve, la banca centrale Usa, con il semplice uso della leva monetaria. «Se la Fed - era solito ripetere tutte le volte che gli era possibile - avesse seguito queste linee come principio guida, avrebbe evitato la Grande Depressione della fine degli anni Venti». Giudizio condiviso dall'attuale "banchiere dei banchieri", Ben Bernanke, in un intervento pubblico nel 2002. Secondo Bernanke il pensiero di Friedman "ha così permeato la moderna macroeconomia che si rischia di non apprezzare il carattere rivoluzionario e originale delle sue idee". Anche Alan Greenspan, ex numero uno della Fed per 18 anni, ha ammesso che Friedman "è stato un punto di riferimento" per la sua vita. Nato a Brooklyn nel 1912 da genitori ebrei emigrati dalla Cecoslovacchia, laurea alla Rutgers University nel 1932, master all'Università di Chicago e dottorato alla Columbia, Friedman ha sviluppato le sue teorie proprio studiando il New Deal, voluto da Franklin Delano Roosevelt per risollevare il Paese dalla profonda crisi economica, arrivando alla conclusione che solo il libero mercato e la politica del laissez-faire sono la chiave per reggere le sorti dell'economia. Professore emerito di economia presso l'Università di Chicago dal 1946 al 1976, lo stesso anno che gli vale il premio Nobel per l'economia, Friedman deve i suoi contributi economici più rilevanti agli studi sulla teoria quantitativa della moneta, dei consumi e sul ruolo e sull'inefficacia della curva di Phillips (frutto della relazione inversa tra inflazione e disoccupazione) nel lungo periodo. Questo perché, per Friedman, l'inflazione è solo un fenomeno monetario e, in quanto tale, non è utile a ridurre la disoccupazione nel lungo termine. La leva, quindi, per arginare le dinamiche dei prezzi è quella del controllo della crescita della massa monetaria, una regola seguita sia dalla Fed sia dalla Bce. Friedman si è dimostrato un ottimo divulgatore del pensiero liberista, tanto che dalla cosiddetta scuola neoliberista ortodossa di Chicago sono emersi un'altra decina circa di premi Nobel (i Chicago Boys), e da influenzare negli anni Ottanta le scelte del governo inglese di Margaret Thatcher e di quello americano di Ronald Reagan (oltre ad aver avuto rapporti contrastanti con i presidenti Richard Nixon e Gerald Ford). Amante delle provocazioni, Friedman, sempre negli anni Ottanta, fu anche uno dei pionieri della legalizzazione della droga, avendo preso posizione contro la guerra dell'allora presidente George Bush contro gli stupefacenti sostenendo che era destinata a fallire: proprio come il proibizionismo degli anni Venti e Trenta che non era riuscito a sradicare il consumo di alcol. Tra le sue teorie, sempre oggetto di discussione, figura anche quella del rigetto della responsabilità sociale d'impresa sia sul piano economico sia su quello etico, sulla base del principio che i manager agiscono nell'interesse dei soci. In altri termini, il denaro impiegato per risolvere problemi sociali, anche se l'impresa ne è la causa, significa fare 'beneficenza' con i soldi dei soci-proprietari. Insomma, il mercato prima di tutto. Friedman attribuiva il suo successo a quattro "capricci del destino": l'emigrazione dei genitori dalla Cecoslovacchia a New York, che gli permise di nascere americano; l'aver avuto un professore di geometria al liceo che gli mostrò il rapporto tra l'Ode a un'urna greca di Keats con il teorema di Pitagora, e la bellezza di una formula matematica; la borsa di studio alla Rutgers University; e, a Chicago, dove andò a perfezionarsi, l'incontro con la sua vicina di banco, Rose Director, che sposò sei anni più tardi e con la quale scrisse molti dei suoi libri e dei suoi articoli.

Elisabetta Rizzo


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