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Latina. Finanziaria, rapina al ceto medio. Domenico Cambareri: «Ridisegnare dall'alto sistemi economici con accenti populisti è un rischio»

Ancora una volta un problema di scarsa omogeneità delle forze della coalizione al governo in riferimento ai vari capitoli della finanziaria; e il tentativo di ottenere non solo quelli che sono indicati come miglioramenti oggettivi, ma curvature talora marcatamente partitiche, ideologiche, corporative che esprimono una ridondanza dell’ azione o della non soddisfazione di specifici settori parlamentari della maggioranza stessa. Il secondo punto, è quello della mera strumentalità messa in atto da parlamentari che producono con un attivismo ad uso d’ immagine e/o elettoralistico decine o centinaia di proposte di modifica. Questo è l’ ennesimo copione che si è svolto e che ancora per qualche settimana si svolgerà sotto i nostri occhi. A prescindere da tutto il resto, ad iniziare dalla blindatura della discussione imposta dal governo con i voti di fiducia. Basti pensare non a questo governo e non a quello di Berlusconi, quanto soprattutto a quello che fu guidato da D’ Alema. Il gioco politico dell’ attuale governo non si è mosso di molto rispetto agli antecedenti della sinistra, come appunto quello di D’ Alema e dello stesso Prodi. Una caratterizzazione spinta, secondo marcature ideologiche altrove in Europa superate, nel differenziare il modello sociale liberale da quello democratico e socialista , ovvero il pesante ritorno alla leva fiscale dell’ imposizione diretta. Cosa fra le più importanti e sicuramente fra le più qualificanti in senso positivo, e non demagogicamente in senso burocratico-patrimoniale-poliziesco, è quanto è stato indicato per incidere in maniera forte sull’ evasione fiscale. Saranno i fatti però a dare la risposta reale, e sin da ora è bene aggiungere che una parte dell’ evasione fiscale è stata sempre direttamente causata dall’ elevata tassazione.
L’ approvazione della finanziaria vola oramai verso le battute finali, nel rispetto di quello che è il pesante gioco che comporta il bicameralismo perfetto. In via preliminare è da dire che gli oltre due mesi di esilarante tormentone indicano, per l’ ennesima volta, che in Italia le più crude e spassionate considerazioni sono solo cose da buttare al vento; e che, anche in questo, la fisiologia democratica è assolutamente inadeguata ed ammalata, e non fa altro che consegnare le camere in una forma di autosequestro abbandonando il Paese a se stesso, e promuoverndone indefessamente il ruolo di ottuse mestatrici della stessa democrazia. L’ intervento del capo dello Stato in questo è del tutto emblematico, e le prime proposte non di meno. È doveroso tuttavia non sperare ma diffidare, visto quale è l’ autobiografia delle camere. Non si vuole disconoscere quanto è accaduto negli ultimi quindici anni in merito allo snellimento delle procedure atte a conservare un autonomo e non sminuito ruolo del Parlamento rispetto al governo e in esso un non meno adeguato ruolo al diritto all’ esercizio attivo delle prerogative dell’ opposizione nei dibattiti e nelle votazioni parlamentari. Ma i tempi morti, le vere perdite di tempo rispetto al modello anglosassone sono ancora troppi, e il loro definitivo ad quem non inciderebbe formalmente e sostanzialmente nel rivedere il significato stesso dell’ esercizio attivo delle prerogative dell’ opposizione. Per di più, una parte non indifferente delle proposte di modifica degli articoli della legge finanziaria proviene, da molte stagioni, dalla stessa coalizione di maggioranza che è stata di volta in volta al potere. Ciò indica subito almeno due punti di differente significato: il primo è l’ espressione o guadagno dei ceti medi pubblici. I quali nella condizione della reale vita quotidiana, se devono accendere per molti anni un mutuo per la prima casa, per esempio, o pagare in nero i fitti per i figli che studiano all’ università o versare somme enormi per il riscatto della laurea, si trovano in condizioni di effettiva ristrettezza economica, laddove le diverse misure per i redditi più bassi, senza che vi sia un’ anagrafe aggiornata con verifiche incrociate obbligatorie biennali (ad iniziare dall’ edilizia abitativa popolare e dal riscatto degli appartamenti di queste strutture o la loro utilizzazione in subaffitto per studenti, operai, extracomunitari) e l’ evasione fiscale da parte di fette più o meno numerose dell’ artigianato, del commercio e delle libere professioni alterano il quadro generale delle condizioni degli italiani e mimetizzano molteplici iniquità. È difficile individuare e riconoscere molti meriti a questa finanziaria, visto che, come lo stesso Padoa Schioppa ha dichiarato, bastava una manovra complessiva di 15 miliardi di euro. Molto, molto meno della metà di quanto effettivamente messo in atto. È chiarissima la scelta ideologica che sta a monte, e che è ben blasonata nella logica della politica economica a cui è propria l’ imposizione alla fonte. E a cui è ben proprio il modello social-sindacale dello Stato pesante e pesantemente zavorrato dall’ enorme aumento delle spese per nuove commissioni e nuovi organismi in cui fare scorrere uffici e quadri di sindacati, partiti e molteplici organizzazioni collaterali. Giustizia sociale per tutti, ma aumento nel numero e nella quantità delle prebende per pochi. Logica antagonista a quella liberista e, in altri contesti storici, a quella aristocratico-classista, che si risolve nell’ essere ancor più beffardamente classista. Non ci si può ritagliare un premier o una maggioranza a piacimento. Allo stesso modo, in una maggioranza così composita multiforme e contraddittoria quale è quella oggi al potere, il suo leader non può imporre la sua volontà nel riempire i quadratini delle cariche istituzionali. Questo è uno degli aspetti più condizionanti per Prodi, non solo per gli uomini, e in particolare, per certi uomini, ma soprattutto per le idee e i fini verso cui costoro premono spavaldamente. Due categorie in particolare, sindacalisti ed ex terroristi, sono quelle che purtroppo hanno già bollato questo governo per l’ ignominia morale. Sugli ex terroristi non bisogna spendere alcuna parola; sui sindacalisti, ricordare sempre che sono in magna pars gli artefici materiali della distruzione socio-economica e morale della Nazione, anche se agivano con tattiche funzionali alle strategie dei partiti che si lottavano senza esclusione di colpi: DC, PCI, PSI. Non basta parlare di proletarizzazione del ceto medio pubblico. Bisogna utilizzare la lente d’ ingrandimento al suo interno, cosa che il ministro e i suoi vice economici con Prodi non fanno. È assurdo, deleterio, iniquo continuare a parlare di contratti nazionali non solo di comparto ma in generale, quando ormai da dieci anni pieni, sempre con D’ Alema e la sua anima nera sul pubblico impiego, sulle riforme costituzionali e sugli appannaggi alla classe politica locale, furono enormemente rimpinguate e aumentate le ulteriori voci retributivi camuffate nella contrattazione decentrata, voci che hanno fatto innalzare enormemente la spesa per il personale di tanti enti e organismi, in primis delle regioni. Queste retribuzioni sono tali nel pieno senso della parola, e non mere integrazioni, accessori, responsabilità funzionali, premi di produzione, di presenza, per progetti, etc., specie per i dirigenti e i funzionari. Esse hanno soprattutto determinato squilibri enormi e inammissibili con le altre funzioni e professioni statali. Per questo aspetto, grazie anche alla critica esiziale dell’ opposizione, Prodi e Padoa-Schioppa sono strati troppo cedevoli con regioni ed enti locali: i loro bilanci devono essere totalmente sgrassati. Il voler ridisegnare dall’ alto il sistema socio-economico in senso accentuatamente democratico-populista costituisce un rischio oggettivo anche per le sorti stesse del governo. Infatti, dopo avere dato queste immense concessioni all’ ala estrema della coalizione, Prodi e Padoa-Schioppa sono ancora impreparati nel grande avvio delle riforme strutturali, che dovrebbero seguire ad inizio del nuovo anno. Ma su questo terreno, l’ ala estrema pare che non sia disposta a fare concessioni. Ciò dimostra un errore di ulteriore valutazione e di errore nella scelta dei tempi, così come ebbero già a sbagliare con Bersani tra inizio estate ed inizio autunno dal cominciare dai tassisti e dai libero-professionisti sul tema dell’ evasione e non dalla grande industria e dalla grande distribuzione. Un merito, fra i pochi, che qui conviene ricordare, al di là dall’ uso demagogico che purtroppo ne ha fatto l’ ex ministro dell’ economia Tremonti (per quanto lodevole il perché), è quello di aver recuperato enormi risorse per la Difesa, destinate dapprima ad una generalizzata macelleria. Il grave è che, per accontentare, blandire, tranquilizzare (demagogicamente) la solita ala estrema, Prodi e Padoa-Schioppa hanno camuffato queste cifre dentro il bilancio delle attività produttive. Non tutto è falso, visto che le navi e i mezzi di cui si parla sono espressione delle più elevate capacità tecnologiche italiane ed europee, ma la promozione di queste cose deve avvenire alla luce del sole, facendo crescere la coscienza civile e il senso della responsabilità di governo anche nelle frange anti di fatto e di diritto associate appunto nel governo del Paese. In questo settore, Berlusconi, pur avendo cercato di inserire, purtroppo con contraddizioni e semplicioneria, l’ Italia in un più ampio contesto e ruolo di protagonista internazionale, non ha mantenuto promesse e impegni. Cosa ha fatto? Ha predisposto e ratificato con i ministri competenti gli accordi con i partener, ad iniziare dalla Francia, che oggi il governo Prodi deve onorare per necessità, anche per evitare la fine delle capacità operative delle Forze Armate. E su Scuola e ricerca? È buio fitto. E gli scioperi fatti e programmati sono come al solito una burla. Ma avremo una prossima occasione qui su ParvapoliS per tornarci più direttamente. La cosa più grave, infine, in riferimento al rilancio delle attività produttive, è il blocco della costruzione del ponte di Messina di cui negli scorsi decenni proprio le sinistre erano state gli alfieri e il mancato rilancio delle autostrade del mare rimaste sulla carta con Berlusconi. E ultimo ma non ultimo, la gravissima assenza di un piano per il ritorno al nucleare civile.

Domenico Cambareri


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