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San Felice. Elezioni. Giuseppe Schiboni: «Mi ricandido. E mi sorprendono le chiacchiere sulla stampa. Chi decide, qua, è il partito...»

La notizia della non rieleggibilità a sindaco di San Felice Circeo è notizia di questi giorni su tutti i quotidiani locali. Complice una sentenza del Consiglio di Stato su un caso analogo. Secondo questa decisione Schiboni non sarebbe più eleggibile visto che ha ricoperto un mandato di una durata superiore a due anni, sei mesi e un giorno ed un secondo mandato di durata inferiore a tale soglia terminato a seguito dell’annullamento delle elezioni ed ha attualmente un terzo mandato, dopo un periodo di gestione commissariale. A questo punto un ulteriore mandato, sempre secondo la sentenza, sarebbe il quarto consecutivo. Pronte sono arrivate le dichiarazioni del primo cittadino: “Mi stupiscono i titoli cubitali sulla stampa locale sulla possibilità di essere ricandidato. Che mi possa o no ricandidare, quale secondo o terzo mandato che sia, non dipende da me, ma dal partito che rappresento. I riferimenti fatti dall’opposizione su una ‘preoccupazione’ per la scelta di un altro candidato sindaco sono del tutto infondate. La nostra squadra di governo ha maturato negli anni persone preparate ed affidabili tali da portare avanti i programmi e le iniziative in questa fase particolarmente importante del paese, a prescindere da chi possa essere designato mio successore qualora io non mi ricandidassi. Si tranquillizzino comunque tutti, soprattutto le opposizioni, che avendo la fiducia del partito e degli elettori, mi rivedranno come candidato sindaco alle prossime elezioni. Ad oggi non siamo ancora in campagna elettorale, stiamo completando il programma di governo e questo già ci assorbe in modo totale per energie e tempo. Ovviamente, nelle fasi preelettorali, in ossequio alle direttive nazionali del Presidente Silvio Berlusconi, perseguiremo la linea del Partito Unico delle Libertà, continuando il lavoro già intrapreso in varie riunioni con le altre forze della Casa delle Libertà. Le storie passate, tuttavia, hanno creato delle questioni più personali che politiche che rendono tortuosa la strada di riconciliazione. Facciamo politica nelle sedi istituzionali e non nelle aule di Tribunale”.

Roberta Colazingari


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