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Latina. Cattolici alla riscossa. Ratzinger di nuovo in campo per addomesticare la laicità dello Stato. Ma legge e catechismo non coincidono

Il 9 dicembre, papa Ratzinger, in occasione del convegno dei giuristi cattolici, è tornato a parlare di “sana laicità”. Una connotazione aggettivale che nella Chiesa viene da lontano. Quando sani erano i cristiani apostolici romani, e i non sani erano i dissidenti, gli eretici, gli apostati. A cominciare dagli ebrei, che venivano visti come propagatori di infezioni e pestilenze. E non solo nel lontano medioevo. Per rinfrescare la memoria, basterebbe una consultazione degli scritti antisemiti di Civiltà Cattolica a cavallo dell’800 e del ‘900. Dopo gli ebrei, fu la volta dei catari, che addirittura ordivano alleanze con i “perfidi ebrei”, come scriveva ad esempio papa Alessandro V intorno alla metà del Trecento. Il gruppo dei “malati” si andò ingrossando con le “streghe”: “le amanti di satana”. Poi arrivarono i protestanti. Poi i liberi pensatori, i giacobini, i liberali, i massoni, i socialisti... Insomma tutti coloro che dissentivano o rifiutavano il sistema ideologico ecclesiastico. Oggi, per la Chiesa il pericolo è la visione laica del mondo nel suo valore più alto di diritto-dovere per ciascuno di sperimentarsi e di progettarsi liberamente, autonomamente e responsabilmente al di fuori di appartenenze precostituite. Sul piano statale, questo significa autonomia da ogni confessionalismo. Libero Stato in Libera Chiesa (chiese). E poiché il processo di secolarizzazione e di laicizzazione è nei fatti. E con esso più pressante l’esigenza di legislazioni conseguenti, la Chiesa cerca di addomesticare la laicità per non perdere ulteriore terreno. Così chiama i suoi fedeli a raccolta: “È compito, allora, di tutti i credenti, in particolare dei credenti in Cristo, contribuire ad elaborare un concetto di laicità che, da una parte, riconosca a Dio e alla sua legge morale, a Cristo e alla sua Chiesa il posto che ad essi spetta nella vita umana, individuale e sociale”. In verità, nello Stato Italiano la Chiesa non ha affatto un ruolo secondario. Istituzioni ed iniziative ecclesiastiche possono trovare ampia diffusione ed abbondante sostegno economico, grazie al Concordato e alla miriade di leggi e leggine. La visibilità poi, non è certo occultata. Anzi, spesso, è addirittura amplificata ed osannata in tanti servizi e programmi delle reti televisive pubbliche. A lamentarsi semmai dovrebbero essere i laicisti. Ma questi, oltre ad essere assai tolleranti, non hanno a disposizione per le loro rimostranze altrettanti spazi e fondi. Ma il papa sa bene che i laici (senza aggettivi) ci sono. Così, vuole per la sua Chiesa sempre maggiore spazio: “lo Stato non consideri la religione come un semplice sentimento individuale, che si potrebbe confinare al solo ambito privato. Al contrario, la religione, essendo anche organizzata in strutture visibili, come avviene per la Chiesa, va riconosciuta come presenza comunitaria pubblica”. Il papa, riconosce tuttavia l’autonomia dello Stato (“realtà terrene”), ma precisa che non si può credere che “le cose create non dipendono da Dio, e che l'uomo può disporne senza riferirle al Creatore*”. Insomma, Istituzioni statali e Governi rientrando necessariamente nel disegno provvidenziale divino, devono ascoltare la voce dell’interprete: “Non si tratta, infatti, di indebita ingerenza della Chiesa nell'attività legislativa, propria ed esclusiva dello Stato, ma dell'affermazione e della difesa dei grandi valori che danno senso alla vita della persona e ne salvaguardano la dignità. Questi valori, prima di essere cristiani, sono umani, tali perciò da non lasciare indifferente e silenziosa la Chiesa, la quale ha il dovere di proclamare con fermezza la verità sull'uomo e sul suo destino*”. Non è solo libertà di pensiero che il papa rivendica. Questo diritto, conquistato dal laicismo, lo ha già. La Chiesa vuole piuttosto che catechismo e legge statale coincidano.

Maria Mantello


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