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Latina. Finanziaria, per le imprese lo Stato è un nemico. Ivan Malavasi: «C'è una struttura burocratizzata buona solo a metter su tasse»

Davanti le Telecamere di ParvapoliS con Ivan Malavasi, presidente nazionale della Cna, in occasione dell'assemblea annuale provinciale. Il suo è stato un intervento molto duro contro la Finanziaria, ma soprattutto contro il metodo con cui è stata prima presentata al Paese e poi varata. «È soprattutto un giudizio politico, per una Finanziaria che ha atteso per lunghi mesi, con un dibattito lungo che ha diviso il Paese, ed è un errore: il Paese ha già gravi difficoltà economiche e con le divisioni non si va da nessuna parte. Noi abbiamo ragioni anche per criticarla nei numeri, e lo abbiamo fatto, ma è sbagliata da un punto di vista politico, perché è una Finanziaria che risponde solo ad una parte del Paese. Il Paese ha bisogno di risposte a tutto campo: noi ci siamo sentiti la parte responsabile del mancato sviluppo, ma non è così, noi siamo quelli che tutte le mattine apriamo le aziende, con passione e amore e sentiamo il peso di una burocrazia invadente, di uno Stato poco amico. Se abbiamo dovuto cambiare, perché il mercato ce lo impone, lo Stato ha l'obbligo di ammordernarsi e rendere snelle le procedure. Ho un amico che aspetta da otto mesi l'autorizzazione per una copertura del suo capannone; nel frattempo ha aperto un'azienda di 700 persone a Pechino. Non possiamo più avere queste distorsioni: la politica - che io rispetto, e rispetto soprattutto le istituzioni, che sono elemenmto di democrazia e crescita del Paese - deve iniziare a rispondere un po' di più ai cittadini e alle imprese e deve cambiare, anche lei deve sentirsi in competizione, perché per essere bravi non bisogna solo fare un prodotto buono: abbiamo bisogno di farlo girare - velocemente - per il mondo, di avere la certezza degli adempimenti burocratici da fare e non di scoprirne ogni giorno una nuova e diversa, come in questi giorni, in cui non sappiamo come fare l'anticipo Irpef, perché ci hanno cambiato tutte le regole in corsa. Meno dibattiti e più pragmatismo». Bacchettate quindi alle istituzioni: basta con le polemiche, chi ha vinto ha vinto, ora ha il dovere di governare e governi. «È così: io credo che il confronto, anche quando è aspro, sia utile. Poi, i cittadini, quando hanno votato, hanno scelto e quello è il governo dell'Italia, non solo di chi lo ha votato, e quel governo deve rispettarli tutti, deve dare a tutti la possibilità di fare la competizione dell'Olimpiade. Se dobbiamo correre i cento metri, noi accettiamo la sfida, ma partiamo tutti sulla stessa linea, non qualcuno più avanti e qualcuno più indietro. E se siamo zavorrati da impegni e da incombenze, da tempi, da incertezze, questi cento metri non li vinceremo mai. L'Italia ha campioni nell'impresa, ne ha tanti, lasciamoli vincere questa gara». Una gara anche nei confronti delle nuove economie? «Le nuove economie sono una minaccia per molti versi, per altri sono un grande stimolo al cambiamento, per altri ancora - visto che sono un mondo di miliardi di persone - sono una grande opportunità. Vanno quindi valutate con attenzione, non va sottovalutato nulla, ma io vengo da una visita in Cina e in India, che, tra tutte e due, sono due miliardi e mezzo di persone, con un livello di competizione per noi insopportabile in alcuni segmenti di mercato. In altri segmenti di mercato, questi Paesi producono cento milioni di ricchi, il che significa avere un mercato dieci volte più grande di quello dell'Italia. Per noi è una grande opportunità, per la moda italiana, per lo stile italiano, per l'arredamento italiano. Ci guardano, si vestono, si pettinano come se fossero europei. Guardiamoli quindi, e stiamo attenti, difendiamo i prodotti, difendiamo i marchi, difendiamo le linee delle produzioni, ma contemporaneamente apriamo con quei Paesi relazioni economiche bilaterali che consentano di sviluppare e di aprire davvero delle attività commerciali in quei Paesi. Il Governo in questo si sta muovendo, ma ancora secondo me in modo non sufficientemente sinergico: spesso ci andiamo in troppi e separati, tutti vorrebbero mettersi una coccarda all'occhiello, ma quando lo fanno sbagliano, l'Italia vince se si presenta come sistema integrato, perché così è forte. Ogni Provincia, ogni Camera di commercio, ogni Regione, per quanto brava, per quanto abbia un territorio ricco, per quanto abbia risorse, non riuscirà mai a dare l'immagine di un Paese. Abbiamo bisogno di vincere in quei Paesi come sistema Italia».

Andrea Apruzzese

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