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Latina. Babbo Natale, Gesù adulto. In cosa crede chi crede. Per il ceto medio riflessivo la fede non vuole argomenti. Da qui l'umorismo...
Il credente, da grande, smette di credere in Babbo Natale, o in Gesù Bambino che porta
i regali seguendo le liste compilate dai bambini buoni. Ma, se crede, dovrà credere
che quello che è nato a Natale è il Figlio di Dio, e non di Giuseppe; che è il
Re dei Giudei e non, poniamo, un riformatore religioso venuto a predicare la religione
dell'amore, una specie di Hari Krishna palestinese. La situazione
non migliora a Pasqua, anzi. Il credente, se crede, non dovrà limitarsi a credere
che Cristo è morto il venerdì; dovrà anche credere che è risorto la domenica.
Ora, quanti tra quelli che si dichiarano cristiani, credono nella Resurrezione?
Si direbbe che tantissimi credenti considerino la resurrezione un mito edificante,
o non ci pensino affatto, e che non sperino più di tanto nell'aldilà, come è evidente
se si presta attenzione a quanto siamo accaniti nelle lotte per vivere a lungo nell'aldiquà,
anche sopportando restrizioni e diete che, se solo ci fosse qualche speranza sull'aldilà,
sarebbero buttate a mare insieme alle cyclette.
«Se il simbolo dei vecchi credenti è il Cristo risorto, quello dei nuovi
credenti è Cristo che si è fatto carne dimenticandosi di essere Dio,
che è disceso ed è morto per noi, e magari non è nemmeno risorto: l'importante è
la kenosi, la discesa, l'annientamento, l'umiliazione; non l'apoteosi,
la risalita, la deificazione».
A questo punto, diventa non ovvia una
domanda: in cosa crede chi crede? E la risposta più scontata in genere è: il
credente, se cristiano, crede in Dio. Non è così che comincia il Credo? Sì, ma quale?
Quale Dio e quale credo? Non c'è entità senza identità, dicono i filosofi. Asserire
di credere in Dio senza accettare o determinare un contenuto è come non credere in niente.
Chiunque, infatti, potrebbe chiederci: "Sei sicuro di credere in Dio e non invece in
qualcuno o in qualcosa che gli assomigli molto?". E non sapremmo cosa rispondergli.
«Infatti è impossibile credere se non si crede in qualcosa, cioè in un ente, per bizzarro
o non convenzionale che sia, proprio come malgrado tutto ci si riferisce a qualcosa
quando si dice che l'attuale re di Francia è calvo o che il Berkley College ha una cupola
rotondoquadrata. Da qui non si scappa: si può certo dire che dietro alla collina c'è un cane,
o uno zombie, o una lepre marzolina, o un conigliopapero, o un Grande Autore Contemporaneo;
ma non si potrà dire che dietro alla collina c'è qualunque cosa, o meglio, uno stranissimo
non-ente generico».
"Babbo natale, Gesù adulto. In cosa crede chi non crede", l'ultimo libro di Maurizio Ferraris,
che insegna Filosofia Teoretica all'Università di Torino propone i problemi e gli
aspetti più sorprendenti della fede contemporanea, che oscilla tra l'incredulità
nei dogmi e la fede nei miracoli.
«Chi dice "credo in Dio" sta asserendo qualcosa di cui non controlla il significato
e di cui per definizione ignora il referente: più o meno come se dicesse: "credo nel
Sarchiapone". Capisco che un conto è credere in un oggetto vago, oscuro, e comunque
finito, come il Sarchiapone che nella veneranda gag di Walter Chiari stava dentro a un
cestino, e un altro è credere in un oggetto, magari vago e oscuro, però infinito, come per
l'appunto Dio. Si dovrà tuttavia ammettere che questa difesa è davvero debole,
perché è come dire che chi crede in una cosa infinita crede in qualsiasi cosa».
Ferraris giunge a un finale a sorpresa: chi crede,
se è cattolico, e qualunque cosa creda di credere, in realtà crede nel Papa, non in Cristo,
non in Dio, e figuriamoci poi nello Spirito Santo.
Una tesi che era già stata di Joseph De Maistre. Solo che lui aveva giocato a carte scoperte.
Mauro Cascio
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