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Latina. Come smettere di farsi le seghe mentali e vivere felici. Pure se un collega vuole farti le scarpe senza essere un calzolaio

Quando ho regalato una copia di "Come smettere di farsi le seghe mentali" ho fatto fatica a far credere che non lo avevo scritto io. Giulio Cesare Giacobbe sembrava uno pseudonimo. Via, è la tua prosa. Mi dicevano. Lo spernacchio è tuo. E poi perché mi hai regalato proprio questo libro e non un altro? Io non ho dato risposte intelligenti, anche perché ero stato colto alla sprovvista. Ma l'insinuazione era canaglia. Giulio Cesare Giacobbe è di una brillantezza e di una lucidità che a volte credo di non avere. Ed è molto più spiritoso di me. Avevo in realtà più voglia di lasciarlo credere che di negare. Lui che fa? Prende una sega mentale, te la smonta e ti lascia vedere come è fatta dentro. «Se chiedi a uno che si fa le seghe mentali se è felice, ti risponderà di no, che è immensamente infelice, che soffre. E di fatto il male che soffriamo è raramente fisico, è quasi sempre mentale. Ed è dovuto alle seghe. Alle seghe mentali, voglio dire. Le seghe mentali quindi fanno male. Danno sofferenza. Se sei intelligente questa risposta non basta e vuoi sapere qualcosa di più circa il meccanismo della sega mentale e quindi della sofferenza. Allora, cos'è la sofferenza? Fisiologicamente, la sofferenza, sia fisica che mentale, consiste in uno stato di contrazione muscolare in qualche parte del nostro corpo. La contrazione muscolare è provocata da uno stato di tensione elettrica, che è comunicato alle cellule muscolari dalle cellule nervose che sono nel cervello. È nel cervello, dunque, che si decide se attivare lo stato di contrazione muscolare e quindi di sofferenza. Tu direi, ma che razza di stronzaggine è, questo sistema? Perché mi devo fare male da solo? Figlio mio, avrai capito che a questo mondo non ti danno niente per niente. Mettiti nei panni del Creatore. Devi inventare una cosa che faccia fare una cosa a una cosa quando succede una cosa. Se tu hai fabbricato un fesso che si fa mangiare dalla prima tigre che passa di lì, che succede? Fine della creazione dell'Uomo e tu come Creatore ci fai una figura di cacca. Quindi devi inventare un sistema che impedisca al fesso di farsi mangiare non soltanto dalla prima tigre che passa di lì ma neppure dalla seconda e possibilmente neppure dalla terza (alla quarta non ci puoi fare più niente perché vuol dire che il fesso, nonostante tutti i tuoi accorgimenti, si è andato a mettere proprio in una fottuta tana di tigri). Ma come devi farlo, questo sistema, per costringere il fesso a scappare? Devi farlo in modo che infligga al fesso un tale disagio a stare fermo a farsi mangiare dalla tigre, da convincerlo a fare qualcosa: o a protestare in modo talmente vivace da convincere la tigre a rinunciare al suo pasto (cosa difficile, perché le tigri quando si mettono a tavola non vogliono essere disturbate da nessuno), oppure a portare vie le trippe». Il fesso chiama questa sofferenza paura. Un suo parente più raffinato la chiama tensione. Oggi i pericoli inventati dal nostro cervello sono infiniti. Alcuni sono attinenti al nostro io corporeo, altri al mondo che ci circonda: il collega che sta cercando di farci le scarpe (pur non essendo un calzolaio), l'amico che sta cercando di farci la moglie (per un avendo un'agenzia matrimoniale), il marito che sta cercando di farci l'amica (pur non soffrendo noi di solitudine), il Fisco che sta cercndo di metterci in mutande (pur non essendo noi dei calciatori). Il pensiero è dunque la causa principale della nostra sofferenza, l'essenza stessa della sega mentale. Un'intensa attività masturbatoria si chiama filosofia.

Mauro Cascio


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