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Latina. I doppi cognomi, i bagni moderni e il residence di via dei Volsci. Piccoli appunti preoccupati sulle paure reali del mondo moderno
Ora, ci sono due cose che mi sono reso conto di temere. Intanto i doppi cognomi.
Richiedono una capacità esegetica ed interpretativa con più funzioni
di un coltellino svizzero. Io invece ragiono a senso unico. Ad un incrocio
mi chiedo sempre dove devo girare, non mi riesce di prendere due strade
contemporaneamente. Sarà che ho una seicento e non una macchina fica.
Due cognomi non so cosa vogliano dire, mi spiazzano. Arrivo a temere
che dietro un doppio cognome ci siano persone che giocano con l'ambiguità,
sfuggenti, ipocrite. Prendi Lidano Grassucci. Si chiama Grassucci. Un cognome
solo. È chiaro, schietto, genuino. Fa tutto alla luce del sole. Se ti deve
dare una pugnalata ti prende alla giugulare, mica alle spalle. Da lui ci comprerei
pure il prosciutto. E io per il prosciutto sono un rompicoglioni. Oppure
prendi Picca. Si chiama Picca. Uno solo. E pure facile. E soprattutto è corto.
Picca. Punto. Senza tanti preamboli, lo vedi che chi lo porta è uno pratico,
che ti arriva dritto al sodo. Di uno che si chiama Picca ti fidi. Pure se suona
il puti puti.
Ma c'è di peggio. Non so se vi è mai capitato, di andare in bagno nella Metro a Roma o in
quei bagni a tempo che ficchi la monetina ed entri. Fare le tue cose lì
è fisiologicamente impossibile, ti si ribella tutta la natura. Finché
va in tilt il Pc sti cazzi, fai ctrl, alt, canc e resetti. Oppure
passi al Mac. Ma se va in tilt un coso di questi e io non esco più?
Ci sarà aria a sufficienza? Ti pare che devo morire coi pantaloni calati?
Oppure, metti che si impazziscono le porte, e che si aprono all'improvviso
e quelli che stanno facendo la fila fuori mi leggono in faccia quell'espressione
assorta che so fare solo quando creo. Come se i pensieri non bastassero solo
loro ad annullare la concentrazione, c'è il fatto che la tazza è altissima,
enorme, se ti siedi lì sopra, e ci riesci dopo aver saltellato un po', giusto
per riscaldarti prima della singolar tenzone, rimani con i piedi a penzoloni;
e io coi piedi a penzoloni non riesco a fare granché. Dopo un po' mi si addormentano
le cosce. Dopo che non hai fatto niente, c'è comunque il problema di buttare
l'acqua e prenderti la carta. Dovrebbe essere anzi il contrario, prendere la carta
e buttare l'acqua. Il problema è che resti lì davanti come un ebete a cercare
di capire come funziona e a leggere le etichette che lo spiegano.
Ci vuole la laurea in ingegneria per quello che a casa ti riesce così bene.
La forza dell'abitudine, direbbe Thomas Bernard. E pure Claudio Ruggiero.
Se hai la laurea in filosofia t'attacchi. Non li commuovi. Puoi raccontargli
pure tutto Heidegger. La carta non te la danno uguale. Ti pare che è finita qui?
Illuso! C'è la battaglia
col sapone. Infili la mano e te lo schizzano. E già solo infilare la mano è inquietante.
Io manco alla Bocca della Verità l'ho mai voluta infilare. Che cazzo ne so cosa c'è dentro.
Metti una tagliola.
Infili la mano da un'altra parte e ti arriva una sputazzata d'acqua.
Proprio due gocce. Che manco all'equatore. Il sapone ti rimane tutto. Esci le mani
e le rinfili. Niente. Lo rifai ancora. Ed ancora niente acqua. È lì che pensi:
ma non era meglio fare tutto a casa? E hai pure speso 50 centesimi. Con le mani
insaponate cerchi allora l'apposita placchetta d'istruzione. Che ti spiega
di ficcarle dentro quelle benedette mani tutte insaponate senza fare tante storie
e di aspettare fiducioso. Tu lo rifai con tutta la fiducia di cui sei capace.
Ma l'acqua non ne vuol sapere. Puoi giusto toglierti il sapone con la carta.
Ma dovresti ricominciare la trafila per avere i due fogli che ti spettavano
di diritto già prima. Alla fine ti asciughi le mani sui jeans. Ti avvicini
all'uscita sperando che almeno qui funzioni tutto. Io riesco a fare quell'espressione
rapita ed intensa solo ai citofoni del Residence in via dei Volsci che non ho mai
capito come funzionano. Ogni volta che vado da Mancini o da Cambareri è un incubo.
Sudo dal giorno prima. Lì non sono mai riuscito ad entrare, entro di straforo
quando esce una macchina di uno che abita lì. Dal bagno per fortuna sì, in genere esco.
È facile,
basta premere un pulsante giallo. Esci che è una bellezza. Hai pagato, non hai risolto nulla
delle tue emergenze interiori, ma in compenso ti sei divertito. Ah, la tecnologia.
Mauro Cascio
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