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Latina. Opera prima, emergenze e dintorni della scena. Cantieri teatrali Koreja al "Via". «Anche i nostri nonni sono stati albanesi»
Davanti le Telecamere di ParvapoliS Fabrizio Saccomanno e Cristina Mileti, protagonisti dello spettacolo ‘Via’ che ha inaugurato con successo la rassegna ‘Emergenze e dintorni della scena’, in programma nello spazio teatrale Opera Prima in via dei Cappuccini 76 a Latina. Pubblico gremito e grande prova d’attore, 70 minuti durante i quali Saccomanno racconta e fa rivivere le vicende di un’Italia poverissima del dopoguerra costretta ad emigrare verso il Belgio per lavorare nelle miniere di carbone. La performance viene rappresentata da tre anni, ci sono ancora tante richieste e ad aprile sbarcherà in Colombia, dove ancora si vive la realtà delle miniere. La tragedia di Marcinelle, 136 vittime italiane, svela i suoi antefatti sociali, politici ed umani con intensi risvolti psicologici, attraverso una recitazione al fulmicotone. L’uso di semplici ma efficaci espressioni dialettali si fonde con una convulsa gestualità carica di passionalità descrittiva. Sulla scena solamente due sedie che man mano si trasformano in un treno, in una baracca di un lager, in una ‘balera’ belga, in un sotterraneo polveroso e carico di carbone di una miniera. Uno sperduto paesino nel Salento pugliese, da cui trae spunto la narrazione, è pretesto per rievocare un’Italia, quella rurale e sonnolenta degli anni ’50 , troppo in fretta rimossa dall’incessante ed incalzante ritmo dell’usa e getta quotidiano. Il rito delle sfide tra ragazzi in bicicletta (chi si ricorda più delle Graziella?), il senso di appartenenza alla via, al vicolo, da ‘Ragazzi della via Paal’, l’infanzia stentata ma felice contrapposta alla forzata calata in Belgio (per ogni minatore il governo italiano riceveva 200 kg di carbone), la triste e drammatica esperienza a 1500 metri sottoterra in minima parte mitigata il sabato sera dalla conquista delle fascinose donne ‘belgesi’. E poi il lento ma inesorabile sedimentarsi della polvere nei polmoni, la silicosi mista al gas malefico sotterraneo detto grisou: tutto ciò segna il crescendo rossiniano, l’apoteosi finale della tragedia di Marcinelle. Alla cascata verbale di Fabrizio Saccomanno, che a tratti canta e balla un’Italia che fu, fa da complemento l’eloquente silenzio di Cristina Mileti, la cui bravura mimica sottolinea, amplificandolo, il senso tragicomico dell’intera vicenda. Sì, perché non si riflette solo tragicamente, ma a tratti si ride di cuore per la grande vis grottesca delle evocazioni dialettali. E tutto questo, partendo da due sedie vuote ad inizio della rappresentazione: magia del teatro.
Claudio Ruggiero
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