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Latina. Via della Pace, nonno e la Paoil. Lidano Grassucci: «Noi abbiamo sempre sognato rivoluzioni buone, che sanno di struffoli al miele»
Si chiama “via della pace” e collega - passando dentro una valle bellissima, metà Dolomiti metà canyon delle Montagne Rocciose, con tante ginestre intorno - Roccagorga a Ceriara. Quasi il nulla con il niente, due mondi quasi fermi. Oggi la strada è “offesa” di tanto in tanto da anonime casette. Eppure questa strada è “eroica”, è il monumento alla rivolta per il lavoro della gente dei Lepini. Della mia gente. Qui ci ribellammo all'ordine costituito, direbbe De André, per lavorare, per mangiare, per vivere. I carabinieri arrivavano all'improvviso per arrestare i “rivoluzionari lepini”. Rei? Di lavorare. I miei per lavorare sono andati in galera, per lavorare hanno messo in gioco le loro stesse vite. Non per la puzza, per il lavoro.
Scioperavano andando a lavorare, si ribellavano sudando e... non facevano male ad una mosca. Gandhi qui si conosceva poco, ma siamo gente anarchica, buona e abbiamo sempre sognato rivoluzioni dolci, ribellioni che sapevano di struffoli al miele. Quei braccianti sono entrati nella storia conquistando il lavoro.
Mio nonno Lidano, si chiamava come me, non era uomo di molte parole: non superava in media le 4 al giorno. Solo con me che sono stato forse, per lui, la cosa piu' cara al mondo, arrivava a sette.
Un giorno mi prese da parte, riteneva che era arrivato il momento della ragione (avevo 13 anni), e mi spiegò: “gl'omo po puro fa le tre della domano, po i la sera a do vo. Basta ca la domano alle 5 va a fadia” (traduzione: l'uomo può fare quello che ritiene più giusto, anche tutta la notte. Ma non è uomo se la mattina alle 5 manca a lavoro). Da quando ho finito l'università non ho mai saltato un giorno di lavoro, mai. Nonno non me lo perdonerebbe.
Vi ho raccontato queste storie per dire cosa significa per noi il lavoro, la “fadia”. E' sacro, è l'uomo stesso, è la sua libertà. Non c'è valore sopra questo.
Capite perchè ritengo ingiusto quanto sta accadendo alla Paoil, perchè dissento, civilmente, ma dissento, da chi chiude la fabbrica per ragioni che non siano catastrofiche. Ogni minuto che le macchine della Paoil stanno ferme sono speranze che non ci saranno più.
Noi ci siamo ribellati e siamo diventati cittadini quando abbiamo conquistato il lavoro.
Non discuto di leggi e leggine. Se ci sono leggi che consentono di chiudere opifici senza ragioni che siano di grave nocumento alla salute pubblica queste leggi vanno cambiate, abolite, cancellate. Per questo Andrea Costa entrò in parlamento nel 1882. Per questo dopo di lui centinaia di socialisti, di cattolici democratici, di comunisti sono andati nel parlamento.
“Liberate la Paoil” non è uno slogan, è una battaglia in difesa di valori, è la tutela di cento lavoratori che rischiano di perdere la ragione stessa della loro fatica. E non ci si venga a dire che avranno la mobilità.
Vi rispondo come facevano le mondine quando scoprirono il verbo di Costa: “Se 500 euro vi sembran tanti, restate voi senza lavorare”.
Lidano Grassucci
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