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Latina. Dc, il cuore unico dei tanti eredi. Mario Bertone: «Rinasceremo uniti dalle nostre ceneri». E critica le strategie di Tortorelli

Davanti le Telecamere di ParvapoliS Mario Bertone, segretario provinciale fino al IXX congresso della Democrazia Cristiana - Scudo crociato - Libertas. La Dc è, nel bene e nel male, un patrimonio, raccolto oggi da una moltitudine di eredi, da non capirci più niente. Qual è oggi la situazione? «Io penso che chi fu democristiano allora, lo deve essere anche oggi. Violenze, furti ed espropriazioni del simbolo oggi sono separate. Oggi c'è di nuovo un unico nome, un unico simbolo, una unica identità». Vogliamo provare a disegnare una mappa dell'esistente, in provincia di Latina? «La mappa è vasta. Si va dalla Democrazia Cristiana - Scudo crociato - Libertas, alla Democrazia Cristiana per le autonomie, dalla Margherita all'Udeur e all'Udc, dal gruppo democraticocristiano di Prandini all'Italia di mezzo di Follini. Senza tralasciare le componenti cristiane di altri partiti, e ricordando anche l'Associazione Provinciale Democratici Cristiani, che non è un partito ma tanto apporto ha dato in questi anni alla sensibilità e al dibattito del nostro mondo». Questa sera a Gaeta c'è un incontro a Gaeta tra le due anime della nuova Dc, Sandri e Pizza, un tentativo di chiarificazione all'interno. Lei cosa si aspetta? «Già nel 1948 la Democrazia Cristiana nacque dalle diverse componenti presenti nei diversi partiti. Si va verso la strada dell'unificazione. Io credo che l'incontro di questa sera sarà importante. Se c'è una divisione a livello nazionale, non è detto che questa divisione debba essere rivissuta anche a livello provinciale. La politica locale è autonoma. Cercheremo di trovare un accordo senza discriminare nessuno». Mario Tortorelli sembra orientato a trovare un accordo con il centrodestra. Lei che ne pensa? «Io penso che sia presto parlare di strategie e di alleanze. Bisogna avere contatti con gli altri partiti dopo avere una certa chiarezza al nostro interno. E poi bisogna vedere se questi partiti ci vogliono, in base ai programmi. Detta così a me piacerebbe pensarmi al di fuori degli schieramenti e al di fuori dei poli. Tempo fa presentai una lista di Rinascita della Democrazia Cristiana, con una orgogliosa scelta identitaria. Questo non vuol dire non avvicinarsi a questo o a quello. Ma bisogna che si creino delle condizioni».
Da laici e liberali quali ci consideriamo da sempre, non possiamo risparmiarle la domanda. Cosa ne pensa dei Dico? «Penso che vi stupirò con la risposta. Sono tuttosommato favorevole. Il governo non può ignorare queste coppie di fatto. È gente che vive qui, e uno stato democratico, uno stato civile non può dare anche a questa gente la tutela dei diritti più elementare. Questi non sono problemi politici gravi. Casomai è un problema economico. Quando si parla di reversibilità, per esempio, di pensioni: siamo sicuri di potercelo permettere? Ma ripeto, non sono questioni di morale o di confessione religiosa». Resta che c'è stata un oggettivo tentatico di interferenza del Vaticano nella nostra vita politica... «Veda, qui non si tratta di laicità. Il Vaticano è un altro Stato. Noi siamo una grande nazione, dove ci sono cattolici e laici. La chiesa deve lasciare più libere le scelte morali degli italiani. Casomai sono i politici italiani che fanno confusione. È ovvio che i politici cristiani devono tenere in gran conto le opinioni del Vaticano, ma poi ognuno agisce secondo coscienza e secondo opportunità. Senza isterismi e senza catastrofismi. Senza perdere, nel caso di concessioni alla secolarizzazione, nulla in autorità politica e in solidità di governo. Sbaglio o quando grazie ai radicali la società civile conquistò il divorzio era al governo la Democrazia Cristiana?»

Diana A. Harja

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