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Latina. Quando i disagi te li racconta il cinema. Gianluca Mattioli debutta nella sceneggiatura: «Una tematica che coltivo da anni...»
Davanti le Telecamere di ParvapoliS Gianluca Mattioli, neurologo psicanalista e cosceneggiatore
di «Latina, cinema e disagi». Di che cosa si tratta esattamente?
«Questa giornata di sabato è stata la prima iniziativa relativa al contributo che
questa città può dare oggi sul disagio esistenziale, attraverso il cinema,
la forma più sofisticata della letteratura e della comunicazione».
Lei ha fatto una ricerca sui disagi nel mondo e sulla loro evoluzione dal loro
punto di partenza. Qual è la meccanica? «Questa ricerca nasce dal laboratorio
sperimentale. Noi abbiamo avuto l'opportunità negli ultimi anni di aver
scoperto l'esistenza del "piacere paradossale", che è una particolare risposta
del cervello in condizioni di precarietà che trasforma l'esperienza dolorosa
in piacevole. Questo lo vediamo nelle forme di rabbia, di odio, di intolleranza:
dal genocidio al razzismo; ma anche nel quotidiano, tra le famiglie normali
che ama farsi dispetto per ottenere una fonte di piacere. È quello che si intende
a livello popolare quando si dice "l'amore non è bello se non è stuzzicarello".
Questo vissuto quotidiano fatto di competizione, porta alla dissolvenza della
famiglia e alla violenza». Nel suo studio lei parte dagli umanoidi
e dal cannibalismo... «La tematica è stata portata avanti da tempo.
La lotta al cannibalismo è stato l'obiettivo principali delle religioni e della
democrazia. Cannibalismo inteso come piacere della distruzione del proprio simile».
Torniamo al film. C'è una colonna sonora particolare... «Sì, lo Stabat
mater. Un'opera che rilegge un'omonima poesia di Jacopone da Todi, del 1200,
che narre il pianto silenzioso di Maria sotto la croce, che segna l'avvento
della nuova società, che cerca attraverso il perdono, il pianto sommesso,
di superare la condizione della rabbia e della violenza. Latina oggi è in grado
di produrre film relativi alla distruttività e alla vendetta. Ricordo e cito
il film di Luciamo Melchionna: Gas; un film che ha portato alla conoscenza
della violenza giovanile, un tema di attualità che ci riguarda attraverso
i modelli educativi che ci vengono proposti». La repressione che gioco ha?
«Il disagio va studiato, non va represso. È un segnale di pericolo
di fronte a un dato di realtà. Un'indagine OMS ha riconosciuto questo
aumento degli infarti del 20% in Europa e negli Stati Uniti. Io ritengo che
questo picco di aumento sia legato alla disoccupazione. E alla paura
di non inserirsi nel mondo del lavoro». La competizione... «È il pane
quotidiano, è il piacere paradossale che supera il limite. E ciò
produce degli scompensi. E noi, come comunità latinense, ne sappiamo qualcosa.
Noi deriviamo da un fenomeno di immigrazione e di bonifica integrale
che è stato uno sviluppo di civililtà ma che ha avuto bisogno del fanatismo.
Oggi il nostro obiettivo è quello di studiare questo fenomeno, nella vita quotidiana».
Diana A. Harja
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