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Latina. Contro i perpetui. Ivan Scalfarotto racconta la sua esperienza di outsider alle primarie: «Un'anticamera generazionale»

Ai microfoni di ParvapoliS con Ivan Scalfarotto, autore del saggio "Contro i perpetui", con il quale racconta la sua esperienza di candidato "outsider" nelle elezioni primarie del centro sinistra del 2005, ma anche, se non soprattutto, le difficoltà delle generazioni più o meno giovani ad affermarsi nella società moderna. Scalfarotto è stato ieri a Latina per "Giovani d(')annata(i) - Un'intera generazione in anticamera". Organizzato dall'associazione Il Cavallo e la torre, e moderato da Giuseppe Pannone, l'incontro ha visto il dialogo aperto tra Scalfarotto, alcuni giovani sul palco (una disoccupata, un operaio, una studentessa, un imprenditore, un libero professionista) ed il pubblico presente in sala, confrontatisi sulle difficoltà, per intere generazioni, di inserirsi nel sistema sociale economico e politico del nostro Paese. Scalfarotto, quest'anticamera, per i giovani italiani, in tutti i campi, quanto deve durare ancora? «Credo duri già da parecchio e dovrebbe finire presto. Non ne faccio solo una questione generazionale, il Paese è fermo, bloccato: siamo il Paese che nel 2006 ha votato per gli stessi candidati del 1996; i giovani al governo sono gli stessi giovani di dieci anni fa; nelle università le baronie procedono; gli ordini professionali chiudono gli accessi alle professioni; nel mondo del lavoro chi ha più di 45 anni ha tutti i diritti compresa la pensione, mentre chi ha meno di 45 anni ha solo precarietà e nessun futuro. È un Paese dove esiste una linea di demarcazione tra generazioni ed è un Paese fermo, fintanto che non riusciamo a riprendere quelle energie fresche che a 35-40 anni dovrebbero essere la spina dorsale della nazione. Invece qui siamo messi in anticamera e questo è un prezzo che paghiamo tutti». Hai toccato il tema degli ordini professionali: qual è la tua valutazione della situazione italiana, e in particolare dell'Ordine dei Giornalisti? «Abroghiamolo domattina, non serve assolutamente a nulla. L'Italia è un Paese ancora largamente corporativo e l'Ordine dei Giornalisti è una classica corporazione. Mi si dice spesso che gli ordini servono a tutelare il cliente: io ho molta perplessità su questo, ma in particolare su quello dei giornalisti, perché non vedo quale tutela abbia il lettore dall'Ordine dei Giornalisti. Se uno sa scrivere un pezzo, che lo possa pubblicare, senza dover chiedere il permesso alla corporazione di essere ammesso». Politica, economia: hai analizzato la situazione dei giovani in diversi settori. Ma come possono fare ad emergere? «Bisogna provare a muoversi. Il problema in Italia è però anche quello della meritocrazia. Anche se ti muovi e dimostri talento, non vuol dire che questo ti assicuri delle possibilità: spesso si viene premiati più per la lealtà che per la bravura. Se sei assistente universitario hai più possibilità di diventare titolare di cattedra perché sei fedele al professore, piuttosto che per le tue doti straordinarie. Allora, finché le cose staranno così, perché io dovrei dimostrare la mia bravura, se poi alla fine, mettendomi in coda (perché l'Italia è il Paese in cui ci si mette in coda e si aspetta) prima o poi arriverà il mio turno? Per questo tanta gente va all'estero e molte delle nostre migliori intelligenze sono all'estero, e tante nazioni costruiscono ricchezza sul nostro talento. Dovremmo riflettere seriamente su questa perdita secca per tutto il Paese». Ti sei candidato giovanissimo alle primarie del centro sinistra nel 2005. Come giudichi oggi la situazione politica? «Già il fatto che io venga definito "giovanissimo" a 41 anni suonati, ci fa capire qual è la situazione in Italia. Non credo di essere giovanissimo, ma di fatto lo sono, perché in realtà è tutto relativo. Non è una bella situazione: abbiamo dato in 4 milioni e mezzo un mandato forte a Romano Prodi, che è stato ignorato, il governo si è lacerato immediatamente, il vulnus che ha ricevuto il governo con la crisi non è recuperabile, per cui non credo che questa legislatura durerà cinque anni, ed è una cosa triste perché finiamo sui giornali internazionali come italiani instabili e questo tocca sia la destra che la sinistra. Spero che quando si arriverà alle elezioni, se ne approfitti per fermarci e prendere delle decisioni di tipo strutturale. Ad esempio, a Londra, i conservatori, dopo 15 anni di stallo, hanno tirato fuori un signore del '66, David Cameron, che li ha riportati in testa ai sondaggi e - devo dire la verità - dice cose molto più a sinistra della Serafini o della Binetti».

Andrea Apruzzese

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