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Latina. Il primo alpinista della storia e l'ascensore. Ovvero: Mosè e la voce del verbo scalare. E i valori sacri e segreti di un condominio

Se è vero che Dio ci ha fatto con due orecchie e una bocca per ascoltare il doppio e parlare la metà, allora, per riflettere, meditare, vale proprio la pena dare un'occhiata a questo originale lavoro di Erri De Luca e Gennaro Matino, "Sottosopra". La geografia dell'Antico Testamento appartiene al paesaggio di una rivelazione. L'intenzione di quella divinità insiste sopra un suolo e sopra un piccolo reparto dell'umanità cambiandone i connotati. Nessuno di noi può identificarsi con Abramo, nessuno può dire con certezza: questo è il Sinai. La scrittura sacra sconvolge quella geografia almeno quanto le esistenze coinvolte. Le acque del mar Rosso si separano così profondamente da lasciare un passaggio asciutto: proprio così, nemmeno un poco umido. È secco e basta, prendere o lasciare, non si può applicare alla scrittura sacra l'unità di misura del verosimile, del verificabile. Non si può con lei giocare alla letteratura come fece Thomas Mann che di fronte alle dieci piaghe d'Egitto si mise a scegliere: questa è probabile, quest'altra meno, quest'altra niente affatto. La rivelazione di quella divinità allestisce la geografia, ne dispone, non traccia mappe, anzi le scombina. La scrittura sacra nomina montagne conosciute, l'Ararat, altre ignote. Inutile cercarle, chiedere riscontri. Ma molta rivelazione si svolge su alture. E allora si possono leggere le pagine della scrittura sacra con la bussola e l'aiuto di una cartina, ma senza la pretesa di farle coincidere. De Luca e Matino raccontano così le distanze tra terra e cielo, tra creatore e creature e raccontano le montagne, lissù in cima queste distanze si annullano.«Amo la Bibbia perché è estremista. Neanche la geografia sta quieta: "Le montagne saltarono come arieti, le valli come cuccioli di gregge" racconta il salmo. E il Sinai vallo a trovare, prova a piantarci sopra la bandierina, se sai dove sta. Il Sinai è il Horeb, due nomi sono il minimo per una montagna introvabile e data per trovata varie volte, nel gioco dell'oca dell'archeologia. Il Sinai, Horeb, har Helohìm, monte di Helohìm, ha due soli alpinisti in solitaria: Mosè, tre volte in vetta, Elia che si accampò in una sua grotta a ricevere la più speciale manifestazione fisica della divinità, la voce in una polvere sottile. Mosè muore da alpinista come già toccò a suo fratello Aron, sul monte Hor». Quella volta salì con loro Eleazar, il figlio di Aaron, con gli abiti del padre. Nelle scalate è normale togliere i panni ai morti per scaldare i vivi come da noi bersi uno Sheridan o un Cointreau al pub o accendersi un Antico Toscano. È un atto che sa di fregatura, come il commercio equo e solidale, che è quella cosa dove tutto fa un po' più schifo e costa il doppio. Lassù dove più intensa è la solitudine, si fanno mosse che a valle sembrano atroci. Lassù sono giuste.
PS. Che poi a me questa storia delle salite e delle discese mi fa venire in mente qualcosa di più profano. È come quelli che si credono furbi e nel pianerottolo ti prenotano un ascensore sia per salire che per scendere. Ora, non bisogna mandare a memoria Quine per comprendere che con il bottoncino con la freccia rivolta in basso vuoi far capire che vuoi scendere e con quello con la freccia in alto vuoi dare ad intendere che vuoi salire. Giuro, ho visto gente che non ha letto l'Organon di Aristotele disimpegnarsi con eleganza nell'atto, apparentemente semplice e formale, di chiamare un ascensore. Non è difficilissimo. Pure se l'amministratore non ti fa il disegnino con le istruzioni e non te lo appende nella bacheca della portineria. Ma purtroppo c'è gente che non ci arriva, li preme tutti e due, convinta di far prima. Vogliono scendere e salire. Contemporaneamente. Ora, anche un celebroleso con la febbre e le convulsioni capirebbe che se un ascensore è prenotato per salire e tu devi scendere fai perdere tempo a chi ci sta dentro, perché la cabina si ferma al tuo piano, e se ci sali dentro che sei al terzo ti tocca magari salire all'undicesimo prima di tornare a terra. Il fato sa essere ironico. Proprio bastardo. Questi signori qui quando aprono la porta e tu hai già voglia di prenderli a schiaffi, ti fanno con aria stralunata: ma sale? E si incazzano pure. Loro! Tu ti senti pure in colpa, povero fesso che per salire hai prenotato col tastino e la freccia all'insù e sei salito in un ascensore che sale, razza di conformista borghese che non sei altro. «No, io scendo», ti fanno tutti indispettiti, come se poi a me me ne importasse qualcosa di quel che volevano fare loro. Mi hanno fermato apposta per dirmelo. Ma si andassero a leggere Wittgenstein.

Mauro Cascio


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