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Latina. Napoli, il crocevia della modernità. Giovanni Capuano: «Un periodo cruciale della nostra storia, con i valori dell'Illuminismo...»
Davanti le Telecamere di ParvapoliS Giovanni Capuano, autore del libro
"Dispacci da Napoli 1797 - 1799". Un periodo movimentato...
«È il periodo della Repubblica napoletana, delle Guerre Napoleoniche,
il periodo in cui vengono al pettine parecchi nodi. Napoli diventa il centro
di movimenti, che vengono dall'Illuminismo e culmineranno nella rivoluzione
francese. È il crocevia della modernità. La fine della Repubblica e la morte
di molti intellettuali napoletani è una grande sconfitta.
La società è divisa in due. Da una parte c'è un popolo che vive una vita
abbastanza disagiata e dall'altra una nobiltà infingarda. Ecco, gli intellettuali
rappresentano il nucleo della borghesia e vengono travolti. La loro è una rivoluzione
passiva, vengono coinvolti. In questo mio saggio è protagonista Hamilton,
e non è che ne esca benissimo. Di fronte all'occasione della sua vita, conquistare
un palcoscenico, costringe con l'inganno Ferdinando IV a muovere guerra ai francesi,
con tutti i risultati che conosciamo». Hamilton si era perfettamente integrato
nella società napoletana. «Il Re lo chiamava "paesano nostro". La sua
casa era la più gaia, aveva una moglie, ex cortigiana, che sapeva cantare
e intrattenere».
Viveva bene, via... «Amava il popolo, c'era una sorta di mito del buon selvaggio
sulla scorta di Rousseau. Poi amava passeggiare, se ne andava su per il Vesuvio.
Era in contatto con la sua Inghilterra, con la Royal Society. A Londra
non sarebbe stato nessuno. A Napoli ha il suo peso. Sebbene critichi tante
cose. La ricchezza è distribuita male. Non c'è
buon governo né giustizia. C'è la superstizione al potere, l'allusione ovviamente
è alla chiesa cattolica».
E sempre protagonista, ieri come oggi, la chiesa e il suo
rapporto controverso con la modernità. I cattolici hanno sempre avuto difficoltà
ad integrarsi... «In effetti l'Illuminismo è una lotta a tre. Tra la chiesa tridentina,
l'Illuminismo moderato inglese e quello radicale continentale che inizia con Spinoza
e che ha in Voltaire il suo massimo rappresentante. Basta con la superstizione,
con i miracoli. Quando oggi Ratzinger parla oggi di relativismo parla di
questo humus culturale. Il mondo può funzionare di per sé e non c'è bisogno
di un'autorità divina. La morale non la dà la divinità. Il mondo non è ordinato
dall'alto, ma ce lo ordiniamo noi». E questa guerra tra mondo laico e chiesa
cattolica non è mai finita... «No, ci sta sempre. Sotto varie forme. L'uomo
sa che deve morire e non vuole accettarlo. E allora ha bisogno delle credenze.
Sembra che gli animali non lo sappiano che devono morire, anche se personalmente
non ci credo. Noi non possiamo la fine dell'animale. Se ci viene a mancare questa
speranza non viviamo. È per questo che Marx non ha capito una mazza».
Diana A. Harja
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