Parvapolis >> Cultura
Latina. Attualità di Giuseppe Mazzini. Il suo pensiero si declina al quotidiano con straordinaria freschezza. Era un politico oppure un mistico?
Sono rimasto piacevolmente sorpreso nel seguire una trasmissione passata su un canale televisivo della nostra città dedicata a un grande personaggio, quale certamente deve stimarsi Giuseppe Mazzini, trasmissione condotta dal giornalista-scrittore Mauro Cascio e Anna Maria Augugliaro, saggista che proprio al Risorgimento ha dedicato i suoi interessi culturali, fino a diventare segretario dell’Associazione Mazziniana Italiana.
Questo fatto, unitamente alla recente costituzione dei 20 Circoli dedicati a Giovanni Spadolini, coordinati da Germano Donato (per informazioni: cell. 335-6530055 o email: circolispadolini@gmail.com), lascia intendere l’attualità del pensiero repubblicano, dato l’evidente disagio che percorre il Paese dopo il tentativo di introduzione di un Sistema politico bipolare che, dopo i primi entusiasmi, ha convinto pochi, riuscendo perfino a rivalutare un’epoca, quella del pentapartito, troppo in fretta etichettata come il Male Assoluto e travolta da un ciclone, quello di Tangentopoli, che ha lasciato non poche macerie e troppe domande senza risposta (cosa è davvero cambiato?).
In un’Italietta che pare terra di conquista per avventurieri e furbetti vari, Mazzini è ancora nel cuore di molti, per la sua grande capacità di creare speranze di cambiamento, progresso e giustizia sociale. Ma è bene aggiungere che la sua fama non conobbe confini. E infatti molti leader, tra i quali Gandhi, Golda Meir, David Ben Gurion, Nehru e Sun Yat-sen, consideravano Mazzini il proprio Maestro e “I doveri dell’uomo” la propria Bibbia morale, etica e politica. Già: i doveri. Cosa resta, oggi, di questo concetto?
Va detto che nessuno dei protagonisti della Storia patria aveva un’idea così alta e completa di cosa dovesse essere l’Italia. Non il Cavour che, pur definito da Spadolini “l’unico uomo di Stato, per uno Stato che ancora non c’era”, si opponeva tenacemente all’idea unitaria intendendola come il semplice ampliamento del Vecchio Regno di Sardegna, non il Cattaneo che, chiamando il proprio giornale pubblicato nel 1848 “Il Cisalpino” e non “L’Italiano”, restringeva l’orizzonte del proprio progetto politico federalista al solo Nord, non il Gioberti che, ne “Il Primato”, si faceva promotore di un anacronistico legame tra Stato e Chiesa.
Buona parte del pensiero democratico laico affonda le proprie origini nel pensiero mazziniano.
Come amava ricordare proprio Spadolini, si tratta di un pensiero che giunse alle più recenti formazioni politiche laiche e democratiche passando attraverso l’Unione Democratica Nazionale di Giovanni Amendola, la Pentarchia del 1925, il Partito d’Azione di Ferruccio Parri, Emilio Lussu e Leo Valiani e per il Partito Repubblicano Italiano di Ugo La Malfa.
Per salvaguardare l'economia e allo stesso tempo tutelare gli interessi (e i diritti) dei più poveri, Mazzini puntò su una forma di lavoro cooperativo, secondo cui l'operaio doveva detenere una piccola fetta del capitale: in questo modo si potevano contenere le disuguaglianze.
L’idea era quella di un’organizzazione non più di stampo liberale (quindi oligarchico), ma democratica, il cui messaggio politico era indirizzato a tutte le classi sociali, anche le meno abbienti, affinché fossero protagoniste del processo di unificazione tendente a fare dell’Italia uno Stato unito, indipendente e repubblicano, da inserire nella nuova Europa unitaria, basata su nobili valori di reciproco rispetto.
Negli anni ’30 il Mazzini fondò “La Giovine Europa” (dopo aver dato vita alla più celebre “Giovine Italia”) che aveva appunto lo scopo di promuovere quel lungo processo di integrazione europea che si sta oggi concludendo.
Egli sosteneva la pari dignità tra tutti i popoli europei: per lui la massima conquista civile della società era stata l’abolizione della schiavitù, ed infatti, come può leggersi a pag. 92 del volume 17 del Westminster Review (1852) si fece fautore dell’emancipazione (graduale) delle colonie britanniche.
Teorizzando l’integrazione fra le nazioni europee in un’ottica democratica e riformista, Mazzini giunse con quasi un secolo d’anticipo ad affermare ciò che grandi europeisti, quali Altiero Spinelli, La Malfa, Umberto Terracini e Giorgio Amendola sosterranno nel “Manifesto di Ventotene” alla fine del II conflitto mondiale.
Quel che preme rimarcare è che Mazzini subordinava il concetto di Patria a quello più ampio di Umanità, auspicando che il concetto di nazione venisse superato a favore di una federazione fra i popoli europei che da un lato avrebbe permesso la rimozione delle tensioni internazionali e, dall’altro lo sviluppo dei popoli più poveri.
Le nazioni sarebbero dovute giungere a questo nuovo assetto geopolitico spinte dalla vera comprensione della “legge morale” cui tutte sono per natura soggette.
Il pensatore democratico intravedeva già negli anni ’30 come la vecchia idea d’Europa, nata a Vienna nel 1914, non potesse reggere davanti al progredire impetuoso della Storia.
In tale considerazione vi è una consonanza con il filosofo tedesco Hegel che, nel 1831, affermava che in breve tempo l’Europa avrebbe ceduto il primato agli Stati Uniti.
Ma contrariamente ad Hegel, che vedeva le nazioni in una naturale e reciproca competizione, Mazzini le considerava necessariamente cooperanti, in nome dell’Umanità di cui ogni singola nazione è parziale manifestazione.
Il movimento mazziniano ebbe anche un ruolo di promozione dei diritti della donna, come testimonia l'opera di numerose mazziniane, tra cui Giorgina Saffi, moglie di Aurelio, tra i più stretti collaboratori di Mazzini, prova evidente di una lungimiranza non comune.
Il Mazzini, insomma, aveva capito che le donne sono una grande risorsa per la società e la famiglia.
Deve da ultimo rimarcarsi che nell’opera mazziniana intitolata “Filosofia delle Musica” è presente un aspetto profondamente religioso (anche se l’autore non riconosceva valore alla gerarchia ecclesiastica) e di tensione verso il divino che ha portato Gaetano Salvemini ad affermare quanto segue: “Mazzini non fu né un uomo di Stato, né un filosofo. Fu un mistico. Chiunque non vive per se stesso, ma per gli altri, è un mistico”. Io, più semplicemente, preferisco definirlo benefattore. Forse Mazzini è stato proprio questo: un benefattore capace di vedere molto lontano.
Fernando Bassoli
|