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Latina. Il canto di Erato. La nuova raccolta di Leone D'Ambrosio. «La donna incarna in questi versi anche il desiderio, inappagato, di Assoluto»
“Questo Canto di Erato possiede qualità. È pieno di grazia, non è “grazioso” aggettivo sviante e riduttivo, unisce grazia all’eleganza precisa del verso e merita di chiamarsi Canto.(…) Canto d’amore, dunque, dove la prevalenza del vuoto si unisce alla malinconia o alla tragedia di una bimillenaria tradizione di amanti sempre aggrappati all’orlo scivoloso di una coppa”. Scrive questo Maria Luisa Spaziani, “Musa” del più grande poeta del Novecento, Eugenio Montale, nell’ultima raccolta poetica di Leone D’Ambrosio che ha per titolo “Il canto di Erato” edita dalla casa editrice romana Azimut.
Come il precedente “Amore segreto”, tradotto in francese in “Je dormirai dans ton âme”, anche questa è una raccolta di cui la purezza lirica s'indirizza al canto dell'amore. È un colloquio sommesso e dolce del poeta con l'amata, dispensiera di gioia e di tormento.
“Corre a te la mia pazienza/ e nel destino d’ogni uomo/c’è un mare tramutato in fuoco/ e due anime che si toccano”.
“I versi di D’Ambrosio hanno ‘la loro donna’, una figura (o una serie di figurazioni) che incarna il desiderio di ‘assoluto’. Un assoluto che è simbiosi ininterrotta di felicità con sofferenza, di percorso vitale e l’in limine della morte”. Scrive Alberto Bevilacqua nella nota di chiusura alle 52 poesie che compongono “Il canto di Erato”.
Claudio Ruggiero
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