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Latina. Ciao Alessio. Di fronte alla portineria non lo salutai e mi portò il broncio. Non sempre nelle cose della vita c'è il tempo per poter riparare

La disgrazia non ha parole per poterla esprimere. C'è solo un silenzio freddo che non puoi riempire. Dicono che hai bisogno di tempo, per ragionarci su. La verità è che qui la ragione dichiara tutta la sua impotenza. Cosa vuoi ragionare quando a morire è un bambino di 4 anni? Cosa vuoi ragionare quando se ne va nel modo più incredibile, mentre stava giocando in villeggiatura col fratellino e con gli amici? Cosa vuoi ragionare quando ti dicono che è morto perché ha messo un piede in una lampada da terra, forse a piedi nudi o con le scarpette di gomma bagnate? Cosa vuoi ragionare quando ti raccontano che hanno tentato di aiutarlo, senza capire bene cosa stesse succedendo, quando lo hanno visto con gli occhi sbarrati e le braccia in avanti per cercare aiuto? Cosa vuoi ragionare quando i soccorsi arrivano un'ora dopo, con l'autombulanza che non può salire perché non c'entra nei vicoletti di Ischia e medico e infermiere se ne vanno a piedi? Cosa vuoi ragionare quando la tragedia si squaderna, e ti prevede altre tragedie al suo interno, è un articolarsi che nemmeno se ti mettevi a tavolino riuscivi a immaginare? Cosa vuoi ragionare quando vuoi evitare l'autopsia, per non avere il corpo straziato. Cosa vuoi ragionare quando devi dormire fuori perché sotto casa hai decine di telecamere che devono mandare in onda il tuo dolore, hai microfoni attenti ai tuoi singhiozzi? Perché c'è bisogno di chiedere come stai, perché non si capisce, perché non si immagina. Cosa vuoi ragionare quando devi far sparire i giornali da casa, quando tieni spenti i televisori perché il fratello e il cuginetto di chi se ne è andato ancora non lo sanno, sanno che sta male, sanno che è svenuto ed è caduto? Cosa vuoi ragionare quando addosso ti senti la frustrazione, l'impotenza, calda come una maglia di lana indossata ad agosto. Pensavo di non scriverlo questo pezzo. Pensavo di scrivere di altro. Dell'ultimo libro che ho letto, dell'ultimo film che ho visto, dell'ultima volta che ho pianto. Ma volevo un'altra occasione per salutare mio nipote. L'ultima volta lui ci rimase male, perché non lo salutai. In realtà non l'avevo visto. Sorrisi solo al fratello. Lui andò a protestare con mia moglie. (Io mi faccio cazziare anche dai bambini, mi capita anche questo; ho l'autorevolezza di un chihuahua). «Lo zio non mi ha salutato». E mi cazziò pure mia moglie. Poi mia madre e poi mia suocera. O il contrario. Succede sempre così, una cazziata tira l'altra, come le ciliege. Stavolta li frego tutti e ti saluto. E saluto solo te. Con tutto l'amore che posso. Ciao, Alessio.

Mauro Cascio


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