Parvapolis >> Cultura
Latina. Le vite degli altri. Ci sono storie di gente a cui la storia non parla mai, come quel comunismo morto ovunque tranne nei cuori
Sono andata a vedere un film tedesco intitolato “Le vite degli altri”. Un film commovente che mette lo spettatore davanti ad una realtà ormai nota: il comunismo nella Germania dell’Est. Non è la solita critica sul comunismo come ce la possiamo aspettare, non è la storia di quelli che vivevano sotto il comunismo avendo però un’impostazione ideologica diversa, e nemmeno la storia di un reazionario nato tale.
Ma è la storia di quelli a cui per l’appunto la storia non parla mai, di quelli che in questa ideologia hanno creduto per davvero, i più traditi; quelli che hanno lottato per l’implementazione di questo modello e che sono stati traditi dall’imperfezione umana, dalle classe dirigenti che erano quelle che ci credevano meno di tutti.
Nella Berlino Est dell’anno 1984, il capitano della Stasi Gerd Wiesler viene incaricato di spiare Georg Dreyman, scrittore di teatro famoso e fedele al regime. Lui stesso ritiene che sia utile tenere d’occhio l’artista, ma non sospetta che il ministro della Cultura Bruno Hempf incoraggi il suo proposito con lo scopo di mettere da parte Dreyman, di cui vuole avere a tutti i costi la compagna, l’attrice Christa-Maria Sieland.
Wiesler è single, senza una vita privata e vive in un appartamento di nuova costruzione arredato spartanamente: spiando la coppia di artisti, è introdotto nel mondo dell’arte e dello spirito libero, e pure nelle relazioni umane, che lui non cura. Mentre vigila l’appartamento, Wiesler scopre che durante la festa di compleanno di Dreyman, Albert Jerska, un regista suo amico che già da sette anni è stato colpito dal divieto di scrivere, legge un volume di Bertolt Brecht, che poi Wiesler prende di nascosto dall’appartamento: in una scena del film Wiesler legge la parte iniziale di “Ricordo di Marie A.”. Georg Dreyman cambia opinione sul regime dopo il suicido di Jerska: nel film si vede che, dopo aver ricevuto la notizia della sua morte, suona la classicistica “Sonate vom guten Menschen” (in italiano: Sonata per uomini buoni), uno studio per pianoforte di cui Jerska gli aveva regalato la partitura alla festa di compleanno.
Progressivamente, sotto l’azione della vita degli altri, Wiesler si sottrae sempre più all’incarico di trovare materiale compromettente sullo scrittore. I suoi resoconti sono irrilevanti. Dreyman scrive un saggio sulla percentuale sorprendentemente alta di suicidi nella DDR e lo fa pubblicare sullo "Spiegel". Wiesler non fa nulla per ostacolarlo. Al contrario, protegge indirettamente Dreyman cercando di insabbiare l’intrigo il più a lungo possibile. Quando la compagna di Dreyman, l’artista Christa-Maria Sieland, psicologicamente debole, viene portata alla sede centrale della Stasi a Berlino per un interrogatorio – su disposizione del ministro della Cultura Bruno Hempf – finisce col rivelare al superiore di Wiesler, Anton Grubitz, il coinvolgimento di Dreyman nell’articolo dello "Spiegel". L’appartamento viene subito ispezionato ma la macchina da scrivere non si trova. Grubitz comunque, per provare la lealtà di Wiesler, fissa un nuovo interrogatorio dell’attrice sotto la sua supervisione, in cui lei rivela definitivamente a Wiesler il nascondiglio della macchina da scrivere: viene allora incaricata di pedinare Dreyman in qualità di collaboratrice non ufficiale. Appena prima dell’ispezione nell’appartamento, condotta personalmente da Grubitz, Wiesler si affretta all’appartamento di Dreyman e di nascosto porta via la macchina da scrivere. Quando il tenente della Stasi Grubitz inizia a cercare proprio nel nascondiglio escogitato da Dreyman e rivelato dall’attrice, Christa-Maria Sieland, anche lei presente, non sapendo che il nascondiglio è vuoto, non può reggere la vergogna del tradimento. Si precipita fuori di casa, viene investita da un camion di passaggio e ferita a morte. Pur senza poterlo provare, ora a Grubitz è chiaro che Wiesler ha protetto Dreyman e perciò gli annuncia che la sua carriera è finita: passerà il resto della sua vita in uno scantinato ad aprire buste con il vapore, fino alla pensione, dopo vent'anni.
Dopo qualche anno, in seguito alla riunificazione, Dreyman legge perplesso i documenti della Stasi relativi alla sua persona. Dai documenti risulta infatti che l’agente della Stasi "HGW XX/17" lo ha coperto. Riesce a rintracciarlo. Ora Wiesler gira con un carrello della spesa a mettere pubblicità nelle buche delle lettere. Dreyman però non entra in contatto con lui. Due anni dopo Wiesler vede per caso il manifesto del romanzo “Die Sonate vom guten Menschen”, scritto da Dreyman. L’intestazione reca la scritta "a HGW XX/17, in riconoscenza", il nome in codice di Wiesler presso lo Stasi. Wiesler compra il libro. Alla domanda del negoziante, se gli debba fare un pacchetto regalo per il libro "Sonata per uomini buoni", Wiesler risponde: "No, è per me".
Parlare di questo film è quasi un atto dovuto. La delusione di questo agente è davvero grande. Non era questo il comunismo nel quale aveva creduto. La realtà era il comunismo degli abusi dei potenti, dei divieti di lavoro degli artisti che la pensavano diversamente, il comunismo che aveva portato al numero più alto di suicidi della storia della Germania, e di nuovo il comunismo che fa crescere all’inverosimile la corruzione, che trasforma le donne, le madre di famiglia in prostitute, il comunismo che fa diventare Giuda il tuo fratello, il tuo vicino, tua moglie.
Vedendo questo film mi sono nate delle riflessioni: come mai non avevo mai pensato a questo?
Perché pensiamo sempre a noi, a tutti quelli che il comunismo l’hanno subito passivamente. Noi ci siamo lamentati delle mancanze primordiali che in Romania esistevano, ma non abbiamo mai pensato a quelli che queste mancanze le capivano, come un sacrificio per il bene di tutti.
Ecco le vere vittime: loro hanno creduto nel bene comune, nell’uguaglianza e sono stati traditi dagli abusi delle classe dirigenti.
Ecco il fallimento del comunismo: l’imperferzione, sia questa forse umana, dei dirigenti.
Queste persone hanno perso tutto: è come se una vecchietta cattolica integralista vedesse il Papa che sputa sul crocifisso. Le crolla un mondo, tutto quello in cui ha creduto, tutto il suo sistema di valori. La maggioranza fa finta di non vedere queste problematiche, questi fallimenti, ma quelli “puri nel cuore” le vedono. Sono loro i veri delusi.
È la delusione di chi venerava Lenin come un dio e credeva Marx una specie di San Giovanni.
Noi, i più giovani non conoscevamo un modello alternativo, per noi la realtà era quella. Non sapevamo dell’esistenza della Coca-Cola e nemmeno di cosa significasse il diritto di avere un’opinione propria ed esprimerla.
Se abbiamo il coraggio di guardare oltre le apparenze, e ce ne vuole di coraggio, scopriremo che l’applicazione di ogni ideologia ha le sue imperfezioni, ma dobbiamo cercare di cogliere quella con meno rischi. I rischi del comunismo applicato li abbiamo visti, anche quelli del fascismo, per non parlare delle ideologie religiose che hanno creato nella storia più vittime che tutte le altre ideologie. E ancora le creano. Il liberalismo ha anche lui le sue “miserie”, per citare Mauro, ma ha meno rischi.
E a proposito di Mauro, l’unica cosa che gli piaceva del comunismo era che gli intellettuali venivano apprezzati. Sì, è vero, ma il libero pensiero veniva completamente annullato, per trasformare tutti in pecore, in automi.
Per concludere, un pensiero ai comunisti idealisti, quelli che ancora credono in quei valori, a Vladimir Luxuria (a proposito il comunismo applicato era omofobo; scommetto che diventava anche lui/lei anticomunista se ci viveva dentro): rispetto i vostri ideali, ma se mai venisse applicato in Italia, le vere vittime sarete voi, i primi delusi.
Diana A. Harja
|