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Latina. Giovani artisti crescono. Rinaldo Paoletti, rivelazione dell'estate culturale pontina: «Provo a raccontare le nostre contraddizioni»
Davanti le Telecamere di ParvapoliS con Rinaldo Paoletti, scultore e ceramista di Latina. Rinaldo ha poco più di 34 anni ed è approdato nel panorama artistico latinense solo da qualche anno, ottenendo subito dei riconoscimenti importanti.
La sua biografia ci insegna che il talento artistico – cioè quella capacità di filtrare il mondo, rielaborarlo ed eventualmente condividerlo con gli altri – non si impara: è qualcosa che o si ha o non si ha. Riconoscere e incanalare un’inclinazione personale è una scelta, forse un’intuizione, ma possederla è un altro discorso, tutto un altro paio di maniche.
Paoletti impara i primi rudimenti tecnici a scuola da Nicoletta Piazza, un’altra importante esponente dell’arte figurativa pontina, per poi sviluppare concetti personalissimi. A San Felice Circeo – Torre dei Templari – c’è la sua ultima mostra, un’esposizione che riunisce numerosi dipinti firmati – tra gli altri – da Pietro Piccoli, Ezio Colosimo e Venanzio Manciocchi.
Sono nomi che non hanno bisogno di commenti e le cui opere circondano Rinaldo anche fisicamente nelle varie sale della mostra, facendone l’ideale complemento di raccordo tra scultura e pittura dell’Agro.
Paoletti ha una personalità molto spiccata. L’impressione che dà è quella romantica dell’artista umile e riservato, ancora non pienamente consapevole dell’impatto delle sue idee e, quando gli chiediamo di parlarcene, lui ci risponde a colpi di ecologia, di sensibilità, di immersione nel contemporaneo.
Le sfere sono un tema molto ricorrente, tanto che ci viene spontaneo chiedergli cosa rappresentino, perché – quali cittadini di questo capoluogo – forse abbiamo la deformazione di vedere in ogni rotondità un ricordo urbanistico di piazze comunali e rotonde stradali… ma le sue sfere poco c’entrano – almeno a livello conscio, con tali curve. Le sue sono l’espressione del potere creativo presente in natura: la forma del mondo e del sole, la pancia di una donna incinta, la “ciotola” dispensatrice di cibo sono l’iconografia vitale dell’origine.
E all’origine naturale delle cose si rifà anche il bellissimo accostamento all’arte concettuale che è il “Luogo di Riflessione”, una parabola naïf dell’arte coeva per illuminare come con un teatrale “occhio di bue” la consapevolezza che tutti noi dovremmo tenere di più al nostro mondo: “Costruisci il tuo mare” è lo slogan posto su uno specchio da boudoir appoggiato apparentemente con distrazione su un cavalletto. Subito sotto c’è una consolle su cui è catalogato tutto l’occorrente per creare l’ambiente balneare “naturale”: un tubetto di tempera azzurra, un cd con il rumore delle onde, un po’ di sabbia in materiale polimerico. L’intento polemico si realizza nel desiderio di mostrare la natura nella massima espressione sintetica; dove per “sintetico” non si intende solo “conciso”, ma anche “artificiale”.
Il linguaggio di Rinaldo Paoletti è un po’ come l’Esperanto: di facile comprensione e di veloce apprendimento, ma non di forzato e ricercato impatto collettivo; “per molti, ma non per tutti”, volendo parafrasare una nota pubblicità di qualche anno fa.
Racchiudendo in sé tutte le contraddizioni di una società sofisticata, portatrice sana di una cultura dell’Estetica esasperata ai massimi livelli, le opere di Paoletti – che siano grandi e concettuali o piccole e “prêt à porter” – racchiudono in sé il candore dell’autenticità e la semplicità della purezza primitiva, qualità tipicamente e tradizionalmente presenti nelle strutture urbanistiche di recente creazione nell’“Olim Palus” per eccellenza.
Siamo nell’Agro Pontino, Anno Domini 2007, di fronte a un ragazzo che non si lamenta del contesto culturale sostenendo che è povero, ma lo riconosce per quello che è e lo piega ai suoi criteri di identificazione sociale con risultati che si fanno e – si spera – si faranno sentire.
Rinaldo Paoletti è una rarità in un contesto in cui il Latinense D.O.C. in genere lo si riconosce subito dal suo tipico, sterile parlar male dello stesso Latinense D.O.C.
Sara Fedeli
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