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Latina. Paura di amare. Marlisa Trombetta: «La depressione è oggi sottovalutata. Ci si crede depressi pure se si ha il mal di testa»
Davanti le Telecamere di ParvapoliS Marlisa Trombetta, già inviata culturale del Tg2, alla Libreria
Mondadori per presentare "Paura di amare" (Marsilio), in occasione di una
rassegna di incontri con l'autore a cura di Nunzio Capuano e Mauro Cascio.
Un testo intenso, voluto, meditato, che vuole arrivare con parole
forti alla coscienza delle persone. Perché questo titolo e perché
far conoscere questa storia? «Una bella domanda. Partiamo dal titolo.
Questo titolo l'ho scelto perché è il nodo della questione.
Dopo tanti intoppi, tante difficoltà, tante disavventure. La questione
è proprio questa: quella di non abbandonarsi mai, di non lasciarsi mai andare,
di avere sempre paura dell'altro, di essere diffidenti.
Un atteggiamento di distanza. Così ho pensato che di questo si dovesse
parlare. Un problema abbastanza comune. Ci sono persone che non si aprono. Che non
si danno». Anche lei? «Anche io. Era un mio grande problema. E io da lì sono nata,
ho cominciato a pensare. Quando mi sono resa conto che il mio problema
vero è la paura di amare. Un percorso difficile. In realtà io ho
cominciato dalla depressione. Cioè ho passato un periodo di grande depressione
che volevo assolutamente superare. Superare con la volontà, è importante ma è difficile.
E allora c'è stato questo incontro abbastanza straordinario con il coautore del libro,
uno psicoanalista israeliano che vive a New York, Ariel Jordan, con cui abbiamo
cominciato a parlare nel momento più difficile della depressione. E questo mi chiede:
che succede? Succede che non ho più voglia di vivere. E da quello abbiamo cominciato
a parlare. Siamo stati una settimana in questa isola croata, bellissima, eravamo
lì per un Festival di teatro. E abbiamo cominciato a disinteressarci completamente
del Festival e a parlare, parlare, parlare in continuazione per otto giorni. Non ci siamo
mai fermati. E abbiamo scoperto che il dialogo è come uno specchio. Nel senso che io
parlavo dei miei problemi, che però riflettevano i suoi problemi e viceversi. Una seduta
psicoanalista molto particolare. Perché chi fa psicoanalisi sa che l'analista non parla
mai, meno che meno racconta i suoi problemi. Ci sono delle regole. Ma noi abbiamo
capovolto tutto. Anche perché lui non è un freudiano. Non crede alla regole».
Chi legge questo libro, cosa dovrebbe cogliere? «Credo debba cogliere la possibilità
di cambiare perché credo che tutti noi ci dobbiamo mettere in discussione, perché
i nostri nodi, le nostre carceri, nascono da questo. E quindi vorrei che ci si rendesse
conto che l'importante è aprirsi, e ascoltare. Ed accettare le persone. E non credere
di vivere in una gabbia. Dobbiamo aprire le porte e permettere a tutti di entrare».
Il termine depressione, oggi, è un po' abusato. È ora che la gente capisca che è un problema
vero... «È molto abusato, perché tutti parlano di depressione, anche quando c'è un mal di testa.
Purtroppo la verità è che la depressione è indefinibile. Perché ha diecimila aspetti diversi.
La depressione vera, quella che ti cancella la possibilità di comunicare, che ti incastra
in te stessa, è dura, è seria e bisogna cercare di capire da dove viene. C'è una
difficoltà di fondo, e dobbiamo andare a vedere lì». Sciogliere il nodo...
«Sciogliere il nodo, bravissimi».
Elisabetta Rizzo
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