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Latina. L'Architettura delle case del Fascio. Ecco una Mostra intelligente: spunti di ricerca, storici seri, idee intelligenti. Un modello
Ci sono mostre e mostre. Quella inaugurata giovedì scorso a Palazzo M, su "L'Architettura
delle Case del Fascio in Italia e nelle Terre d'Oltremare", è stata concepita e realizzata da professionisti della ricerca e dell’allestimento: con risultati eccellenti nella presentazione di foto, disegni, ritagli e pennelli informativi che illustrano le variegate tipologie – per dislocazione geografica e data di costruzione – delle centinaia e centinaia di sedi del Pnf sparse nella Penisola.
La mostra rimarrà aperta fino al 28 ottobre: con ingresso libero dalle 17 alle 20 durante la settimana, dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18 nei week-end; poi farà tappa ad Aprilia, Pontinia e Sabaudia. Il catalogo, edito da Alinea e curato dagli ideatori del progetto scientifico Flavio Mangione e Andrea Soffitta (entrambi architetti), offre ottimi spunti di ricerca per gli storici e una piacevole lettura per gli appassionati di storia; ma, da storico, avrei preferito una maggiore attenzione per le condizioni di conservazione degli edifici illustrati e raccontati: cioè, su come le comunità locali del post 1945 hanno saputo recepire e valorizzare – o ignorare e distruggere – degli edifici così densi di storia, forse ingombranti. Edifici ma anche memoria.
Potrebbe essere questo lo spunto per una nuova ricerca della Fondazione Ce.S.A.R, il Centro Studi sull’Architettura Razionalista dell’Eur, che sotto la guida dell’architetto Cristiano Rosponi e con l’appoggio anche finanziario della Regione Lazio negli ultimi 18 mesi ha realizzato eventi di grande spessore culturale, ha avviato una collana di pubblicazioni di pregio, ha messo in cantiere programmi di ricerca internazionali, ha manifestato sulla stampa opinioni qualificate sulla politica dell’architettura in Italia.
Il Ce.S.A.R è un esempio di politica virtuosa: soldi pubblici, stretti contatti con le istituzioni e le università, idee intelligenti, persone competenti. E’ un modello che dovremmo adottare anche a Latina, per poter cominciare a valorizzare il nostro patrimonio unico al mondo – le città di fondazione dell’Agro pontino, le opere di bonifica e colonizzazione – che meriterebbe l’inclusione nella Lista del patrimonio culturale dell’umanità dell’Unesco. Rispondiamo infatti a tutti i requisiti, nei prossimi anni verranno privilegiati siti di architettura contemporanea (a tutt’oggi sottorappresentati), potremmo attingere al fondo di 4 milioni di dollari che l’Unesco mette a disposizione ogni anno per attività di tutela e valorizzazione. Le autorità competenti sono state sollecitate, le risposte sembrano piuttosto incoraggianti.
A patto che, per l’appunto, vengano incentivate le attività di ricerca di alto profilo scientifico (coinvolgendo storici ed architetti professionisti e non dilettanti allo sbaraglio), gli interventi strutturali (non sembra particolarmente complicato e dispendioso realizzare pannelli informativi per gli edifici storici, che li illustrino ai cittadini e ai possibili turisti), il coinvolgimento anche di studiosi e studenti delle maggiori università americane, inglesi, francesi che spesso manifestano grande attenzione per le vicende del nostro passato e presente. Bisogna riuscire a captare queste correnti benefiche, anche economiche: per una politica moderna che sappia trasformare la Cultura in una preziosa risorsa.
Giuseppe Mancini
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