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Latina. Un inno alla vita, e l'Onu dice sì alla moratoria. Elisabetta Femiano: «Serata di grande impegno». Con Amnesty International

Davanti le Telecamere di ParvapoliS con Elisabetta Femiano, protagonista dello spettacolo , che andrà in scena questa sera al teatro ridotto “A. Cafaro” di Latina: “L’ultimo giorno di un condannato a morte” di Victor Hugo, regia di Danilo Proia. La pena di morte continua ad essere purtroppo, un tema che fa ancora discutere. Il diritto, di cui alcune Istituzioni si appropriano, di poter decidere della vita di un altro uomo, è aberrante. Oggi più che mai è necessario continuare a parlare del problema, è necessario scuotere le coscienze delle persone, ci dice Elisabetta. Sul palco non troviamo un uomo, come previsto nell’opera di Hugo, ma una donna, a simboleggiare la morte del futuro di un essere umano. Una donna con un abito da sposa nero, che richiama la contrapposizione futuro, quindi possibilità di generare altra vita e morte. Assistiamo alla “lettura” di una sorta di diario di cui la protagonista rende partecipe la platea narrando il suo ultimo giorno di vita. Un “flusso di coscienza” scandito da una tonalità vocale che passa da una ostentata lentezza, dovuta al peso che l’animo della protagonista deve sopportare, consapevole del suo destino, ad un ritmo più veloce, quasi tagliente, come le lame della ghigliottina che le strapperanno la vita, per arrivare infine alla disperazione e nello stesso tempo alla rassegnazione, consapevole di una sentenza certa. Una scenografia scarna, fatta di strutture in ferro, che rimandano di continuo al senso di prigionia che non solo il corpo ma anche l’animo della protagonista vivono. Un monologo, intervallato dal controcanto di Marie, interpretata da Agnese D’Apuzzo, figlia del condannato ma nello stesso tempo futuro dell’umanità perché capace di tramandare e di ricordare, chi è stato portato via da un giudizio tanto assurdo. La “morte bambina”, quindi ingenua incapace di giudicare chi ha di fronte, ma pronta a terminare il suo compito. Un inno alla grandezza dell’umanità, un susseguirsi di sensazioni scandite dalla musica dal vivo di Fabio Morosillo. Uno spettacolo tragicamente attuale, non a caso patrocinato da Amnesty International, che si batte per l’abolizione della pena di morte, ancora in uso in ben 6 Paesi del mondo: Cina, Iran, Pakistan, Sudan, Iraq e Usa, e applicata con metodi come l’impiccagione, la decapitazione, la lapidazione. Sembra assurdo, quasi anacronistico parlare di queste cose nel 2007. Ancora più assurdo è rendersi conto come un opera dell’800 possa ancora essere esempio della nostra società. Ieri l’Onu ha approvato la risoluzione per la moratoria delle esecuzioni capitali, che ora passerà all’Assemblea Generale, in attesa entro la metà di Dicembre, di una approvazione definitiva. Una giornata storica per l’Italia che da tredici anni si batte per questo. Un primo spiraglio di luce in un tunnel lungo secoli.

Natalia Pane

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