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Latina. Torre Pontina, l'orgoglio di una comunità. Possiamo essere la Milano a sud di Roma. Basta riuscire ad andare avanti così...
Vengo da un mondo basso, rasoterra. Queste cose ti rimangono e ti portano la meraviglia per le cose che vanno in su. Ero studente universitario la prima volta che andai in Francia. Una sorta di Gran tour al contrario. La Francia fino a Parigi mi era parsa una Italia ordinata: bassa tanto quanto la terra mia. Non che non fosse bella e di bellezze popolata. In Savoia mi innamorai anche di una ragazza che prendeva il sole sul lago, naturalmente lei non ha mai saputo della cosa. Ma queste erano questioni che capitavano anche dalle mie parti.
Vengo da un mondo basso, rasoterra. Queste cose ti rimangono e ti portano la meraviglia per le cose che vanno in su. Ero studente universitario la prima volta che andai in Francia. Una sorta di Gran tour al contrario. La Francia fino a Parigi mi era parsa una Italia ordinata: bassa tanto quanto la terra mia. Non che non fosse bella e di bellezze popolata. In Savoia mi innamorai anche di una ragazza che prendeva il sole sul lago, naturalmente lei non ha mai saputo della cosa. Ma queste erano questioni che capitavano anche dalle mie parti. È stato a Parigi che ho capito il mondo. Entrata da Place de l’Italie, le strade che diventavano grandi e in gola ti prendeva il timore di perderti in una città grande. In una sorta di crescendo verdiano tutto assumeva dimensioni che non ti aspettavi, fino all’incontro con l’infinitamente alto, con la sfida al cielo. Eravamo sotto la Torre Eiffel, 319 metri di acciaio imbullonato, piccoli guardavano da sotto la punta della torre, guardavamo il cielo. Ero sotto l’unico tempio che l’uomo aveva fatto a se stesso, non è fatta la Torre Eiffel per onorare il padrone, o Dio, o un satrapo, o una azienda di successo, è stata costruita solo per indicare l’ardire dell’uomo. Io provinciale mi trovavo sotto il tempio laico alla ragione, alla tecnica, alla sfida per il futuro. Milioni di travi, milioni di bulloni: una macchina perfetta.
“Debbo salire” mi sono detto. Dovevo andare su a vedere quanto l’uomo può andare in alto. In cima il cartello indicava i metri, 319. Come quelli di Sezze, bizzarra analogia, ma nell’eccezione mi sono sentito un po’ a casa, anche io ero nato così in cima.
Stavo a Parigi e non era più il mio mondo rasoterra, era il mondo del positivismo, degli uomini che più non erano “nei campi e nelle officine”.
Ero davanti alla cosa più bella del mondo.
Vi ho raccontato questa storia per spiegare il mio amore per le altezze, per le costruzioni ardite, perché sono simboli di sfide nuove, e la differenza tra l’uomo e gli altri animali sta nel pollice opponibile, ma anche nella capacità di immaginare domani e di trasformare il mondo.
Quando sono passato davanti al centro commerciale Latina Fiori e ho visto su un cartello l’immagine del grattacielo, mi pare si chiami Torre Pontina, “è alto 134 metri?” “È il più alto d’Italia?”. Come anche a casa mia stiamo facendo qualcosa per domani. Poi sui giornali ho cominciato a leggere di Renzo Piano che a Torino sta realizzando il grattacielo della San Paolo, 130 metri anche lì. Stiamo parlando di edifici più alti del Pirellone di Milano (124 metri), l’edificio simbolo della Milano che diventava europea, della industria italiana che diventava industria del mondo. Del simbolo stesso del boom economico.
“Il coraggio di cambiare ha reso le città italiane le più belle del mondo. La paura del futuro rischia ora di ucciderle, di ridurle a musei invivibili e avvelenati dal traffico” È l’attacco del pezzo di Curzio Maltese pubblicato da Repubblica lo scorso 14 novembre e parla del grattacielo di Piano. “Le capitali del pianeta, Londra e New York, Parigi e Barcellona, Berlino, Praga e Sidney si lanciano nella inaugurazione di grandi opere nei centri urbani. In Italia la contemporaneità suscita immediato sospetto e aperta ribellione” È sempre Curzio Maltese che parla.
Penso, ma allora Latina sta dentro le nuove sfide di questo paese. Allora ha ripreso ad essere la Milano a sud di Roma. Latina è la città della macchina, nasce solo perché la macchina ha reso possibile la sua esistenza. Al convegno del Rotary sull’acqua che si è tenuto presso la sala Step a Latina venerdì 16 novembre è stato ricordato Leonardo e i suoi piani di bonifica delle paludi pontine: sono esposti al Museo della Scienza e della Tecnica di Milano. C’è tutto in quei piani: la rete dei canali, il canale principale, il Sisto. Insomma Leonardo aveva capito, tutto, ma la bonifica non la poteva fare: mancavano le macchine, mancava la forza per alimentare le pompe, le idrovore.
Una città nata per grazia, non di Dio, ma della macchina, non può non osare, non guardare avanti.
Un grattacielo di 134 metri è una chiesa laica allo spirito di Latina di cambiare. Immaginare è lo spirito vero dei pionieri, chi poteva fidarsi a venire a costruire il futuro qui se non immaginava come sarebbe stato domani?
Guardo la foto della Torre Pontina, mi immagino piccolo davanti a questo ascensore verso il cielo, a Torino per farlo, il grattacielo, ci vuole la San Paolo, qui lo fanno imprenditori locali. Lì si realizza, attraverso la matita di Renzo Piano, il simbolo di una banca. Qui si fa una costruzione funzionale, per farci vivere la gente. Una torre con la gente dentro, la costruzione più democratica in Europa. Piccoli appartamenti, 50 metri quadrati ciascuno, e uffici.
Sembra dire quella foto con la scritta, gli appartamenti si vendono, che si può comperare una porzione di cielo. La giustizia sociale è passata per “la libertà dal bisogno”, poi per “la qualità della vita”, ora? Pensiamo alla eguaglianza nei sogni. E i sogni si fanno in cielo.
Nei riti il divino è “nell’alto dei cieli”.
Curzio Maltese chiede a Renzo Piano (la Repubblica, 14 novembre 2006): “La Torino industriale rifiuta di inchinarsi allo strapotere della finanza, delle banche, materializzato in un simbolo di dominio come un grattacielo?” Piano: “È una critica motivata. Ma anche qui non facciamoci condizionare dai simboli. Le torri sono per loro natura simboli di potere, d’accordo. Ma costruire in verticale ha i suoi vantaggi. Qui il vantaggio è di poter creare un grande parco per i torinesi. Il San Paolo ha molti terreni, io potrei sdraiare la torre in orizzontale e i verdi sarebbero contenti di far sparire un parco”.
Sono i temi culturali dentro una grande costruzione, e quella di Latina, la Torre Pontina, non è simbolo del potere finanziario, del San Paolo che sfida la Fiat nella idea stessa di leadership di una comunità. La nostra è una torre fatta da un gruppo imprenditoriale locale, da costruttori. È come la Torre di Parigi che non porta il nome dell’Edf, il monopolista elettrico di Francia, non è la sede della Renault, non quella della Peugeot, ma è il nome di un ingegnere, di quello che l’ha fatta. Così il grattacielo di Latina è il tempio ai muratori.
Lidano Grassucci
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