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Latina. Sinistra: è crisi. «Quoque tu, Brute». Luigi Di Mambro non regge
l'affronto dei cinque "traditori" e si dimette da coordinatore dell'Ulivo
Ai microfoni di ParvapoliS Luigi Di Mambro.
Quello che sembrava essere un fatto squisitamente tecnico-urbanistico
riguardante l'adozione del PRG a Latina, si è trasformato in un evento politico ed istituzionale
dalla portata inimmaginabile e inopinata: non si è liquefatta solo la Casa delle Libertà,
come da tempo si dice da ogni parte; quello che maggiormente stupisce è che anche l'opposizione,
rappresentata dall'Ulivo, si è frantumata: nessun vincitore - se non Finestra e il "suo" PRG -
solo molti, troppi vinti. Mai il coordinatore organizzativo dell'Ulivo, Luigi Di Mambro,
avrebbe creduto di poter un giorno vedere la sua coalizione non solo disintegrarsi, ma
anche defezionare dalla parte della maggioranza tanto invisa. I DS Mauro Visari e Fortunato
Lazzaro, i deantoniani Davoli e Galardo, il socialdemocratico Pasquale Mancini e il PPI,
Rosario Sciuto, tutti dalla parte di Finestra e di AN. Inverosimile. Paradossale. La rabbia
e la delusione di Di Mambro è tale e tanta che l'hanno portato a dimettersi dalla carica
di coordinatore dell'Ulivo, di quell'Ulivo tanto amato che lo ha fatto scendere nell'arena
politica nelle ultime elezioni come candidato alla Camera dei Deputati. Non ce l'ha fatta,
Di Mambro, e non ce la fa ora a sopportare lo "scempio": "Quoque tu, Brute" sembra dire ed
è quasi un fiume in piena ai nostri microfoni. Sa bene che sarà molto difficile ricompattare
le fila del suo Ulivo, superare questo che il momento più brutto della politica della Sinistra
a Latina - come l'ha definito l'inossidabile capogruppo consiliare dei DS, Giorgio De Marchis,
già durante la sua dichiarazione di voto, la lunga notte del "conclave" consiliare - ,
andare avanti per fare un'opposizione vera e democratica, in una città orfana della sua
maggioranza - spezzata anche a colpi di carte bollate e di probabili esposti in Procura -
ma anche di chi la minoranza di governo dovrebbe fare.
Marianna Parlapiano
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