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Latina. Il Referendum più importante della nostra storia sta passando sotto silenzio. La gaffe del Tg3. E la protesta, beffarda, dei Radicali pontini

«Un Parlamento fuorilegge ed una classe politica irresponsabile: il Paese si prepara a votare il primo referendum costituzionale della sua storia senza un solo giorno di dibattito politico. La Commissione di vigilanza e la Rai, complici le più alte cariche dello Stato, hanno scippato ancora una volta, e ancora di più, a oltre 40 milioni di cittadini-elettori-spettatori la possibilità di conoscere per deliberare». Parte dai Radicali pontini la denuncia: il parlamento è fuorilegge. «Con decreto del Presidente della Repubblica del 3 agosto 2001 è stato indetto per il giorno 7 ottobre 2001 il primo referendum costituzionale della storia della Repubblica italiana. E, fatto senza precedenti, le votazioni si svolgeranno in assenza della doverosa informazione, sia circa i contenuti del quesito referendario che delle tesi e posizioni dei vari soggetti politici, ovvero in aperta violazione della legge. La legge n.28/2000, c.d. legge par condicio, stabilisce, infatti, che 45 giorni prima del voto debbano partire, sulle reti pubbliche e private, gli spazi di comunicazione politica specificatamente previsti per la competizione referendaria. Ciò significa che dal 24 agosto i cittadini italiani avrebbero dovuto essere messi nelle condizioni di "conoscere per deliberare" attraverso spazi di tribuna politica, di approfondimento politico e messaggi autogestiti dei soggetti politici aventi diritto. Ad integrazione della disciplina di legge sarebbero dovute intervenire le disposizioni di attuazione emesse dalla Commissione parlamentare di Vigilanza, relativamente alla Rai, e dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, relativamente all'emittenza privata. Mentre, per le reti private, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha dettato, in data 7 agosto, le disposizioni di applicazione (seppur contra-legem), per la RAI manca a tutt'oggi qualsivoglia linea di indirizzo. A causa delle risse fra e nei due Poli, ancora una volta uniti nella comune, sciagurata irresponsabilità, la presidenza della Commissione di vigilanza, indispensabile per il suo stesso funzionamento, è stata eletta il 24 settembre scorso. Quindi, a meno di una settimana dal voto, nessuna regola è stata ancora scritta per la Rai, nessuno spazio di approfondimento e di dibattito è andato in onda, contrariamente a quanto la stessa Rai ha dato modo di intendere allorché ha comunicato che avrebbe provveduto ad autoregolamentarsi in assenza del regolamento della Commissione di vigilanza. Il neo presidente della Commissione di vigilanza, Petruccioli, come primo atto, ha sottolineato l'importanza storica e sostanziale di questo referendum; salvo poi - la coerenza è quasi tutto in politica - fissare il primo incontro della Commissione con i vertici Rai l'8 ottobre, ovvero un giorno dopo le votazioni. Anche il Garante è fuorilegge per i Radicali: «L'Authority ha approvato, in data 7 agosto, la delibera n. 539/01/CSP "Disposizioni di attuazione della disciplina in materia di comunicazione politica e di parità di accesso ai mezzi di informazione relative alla campagna per il referendum popolare confermativo della legge costituzionale recante modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione. Lo ha fatto contra-legem: non vi è stata la consultazione preventiva con la Commissione di vigilanza prevista dall'art. 4, comma 2 della legge n.28/2000. Mai era successo prima. Ciò porta a conseguenze gravissime, teoricamente anche la nullità della delibera, cioè dell'unico provvedimento esistente in materia di informazione elettorale referendaria, visto che quello sull'emittenza pubblica è ancora assente. Deve essere riconosciuto all'Autorità di aver mostrato la volontà di rispettare i propri obblighi di legge pur in assenza dell'attività della Commissione di vigilanza, ma ancora oggi rimangono senza risposta alcuni interrogativi posti dai Radicali italiani il 22 agosto scorso: l'Autorità ha segnalato formalmente il rischio cui andava incontro, a causa dell'inesistenza di una Commissione di vigilanza, nell'approvare un atto nullo, quindi consapevolmente illegittimo, alle Istituzioni competenti, e cioè ai Presidenti delle Camere e al Presidente della Repubblica? L'Autorità vuole spiegare perché non è stato inserito, nelle premesse della Delibera, il fatto della mancata consultazione con la Commissione (precedentemente era stata sempre premessa all'interno della delibera la "consultazione con la Commissione di vigilanza come previsto dalla legge 28/2000")? L'Autorità, a cui spetta non solo il compito di formare le regole, ma anche quello di vigilare sul rispetto delle regole stesse nella comunicazione politica, ha segnalato che l'assenza del regolamento per l'emittenza pubblica impedisce di fatto all'Autorità stessa di adempiere ai suoi doveri istituzionali? (fatto curioso: l'art.23 della Delibera 539/01/CSP, nel parlare di Vigilanza e sanzioni, dice testualmente che "le violazioni della legge 28/2000 nonché di quelle emanate dalla Commissione di vigilanza e dall'Agcom, sono perseguite d'ufficio dall'Agcom"; quindi, prima non dicono che non c'è stata consultazione perché non c'è la Commissione, poi fanno finta di niente e dicono che interverranno!). L'Autorità vuole spiegare a quali norme farà riferimento per l'esercizio delle funzioni di vigilanza e sanzionatorie rispetto alla RAI, visto che non c'è un regolamento? In quale modo la Rai, concessionaria del servizio pubblico, ha inteso garantire in ogni caso ai cittadini l'informazione e la comunicazione politica necessaria alla realizzazione dei suoi fini istituzionali?». E arrivano le considerazioni: «Ancora una volta, e ancora di più, la lesione della legalità raggiunge le sue degenerazioni massime proprio lì dove massimo dovrebbe essere il suo rispetto. E ancora una volta, come nel caso della Corte costituzionale, ad esserne protagonisti sono proprio quei Garanti che quella legalità dovrebbero garantire. Non possiamo, per di più, trascurare le responsabilità del Presidente della Repubblica il quale, nel suo ruolo di garante della costituzione, ben avrebbe potuto, noi preferiremmo dovuto, segnalare al Parlamento la gravissima lesione alla legalità democratica e ai diritti civili e politici dei cittadini che si stava via via realizzando con il blocco delle attività della Commissione di vigilanza. In un contesto da Repubblica delle banane, il Parlamento è tranquillamente andato in vacanza con una campagna referendaria (la più importante della storia italiana, almeno formalmente, essendo una modifica costituzionale oggetto di referendum) letteralmente senza regole e quindi senza inizio, con 11 seggi non assegnati, e con due giudici della Corte costituzionale ancora non eletti. Ebbene, in questo contesto i Radicali pongono alla classe politica italiana l'urgenza di confrontarsi con una domanda: quale funzione, quale valore il rispetto della legalità deve avere nella vita e nell'agenda politica italiana? Darsi una risposta, qualunque essa sia, è oramai una necessità non più rinviabile».

Mauro Cascio


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