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Latina. Riccardo Pedrizzi: «Alleanza Nazionale deve diventare il partito delle comunità intermedie». Basta con i personalismi al vertice...

«Alleanza Nazionale deve andare verso una nuova forma di partito, deve diventare il partito delle comunità intermedie». Lo afferma il senatore di An Riccardo Pedrizzi, presidente della commissione Finanze e Tesoro di Palazzo Madama ed esponente di spicco della Destra sociale del partito, intervenendo nel dibattito interno in vista del congresso di Aprile. Per Pedrizzi An "deve superare in primo luogo l'idea che la politica si esprima solamente nei luoghi ad essa deputati; deve capire che leggere ed esprimere la necessità della politica, intesa come sede di elaborazione e ricomposizione degli interessi, è la base per organizzarla e per dirigerla; deve organizzare la struttura facendosi una sintesi delle pluralità degli interessi che la società esprime, in grado di raccordarli, di dare loro respiro comunitario, di farli volare alto, deve affidarsi sul territorio a personalità carismatiche, che consentato alla struttura di avere credibilità e non ripetano dalla struttura la propria credibilità. Il senso della sfida, insomma, è istituzionalizzare il consenso, creare strutture di indirizzo e di mantenimento del consenso ma non in chiave di rigidità da partito guida, naturalmente».
Secondo il senatore di An "privilegiare una struttura aperta alle sollecitazioni e alle diversità espresse dal territorio ove essa è radicata, sensibile al ruolo di punta del leader come capacità di assecondarne la già sperimentata presa sul territorio, consentirà di superare la rigidità di una struttura troppo assembleare, con l'annesso rischio di paralisi derivante dalla necessità comunque di accontentare tutte le componenti e le altrettanto evidenti storture di una organizzazione troppo verticistica, dove il rischio è quello che a decidere sia sempre uno e, spesso, non proprio il migliore.
Ad avviso di Pedrizzi "partire dai leader, mobilitare i circoli, promuoverne altri sempre più tematici (senza rimanerne schiavi), ragionare in tempi di campagne con assegnazione di obiettivi ai responsabili, strutturare un lavoro di ricerca e di sperimentazione di idee e di comunicazione politica all'interno dei circoli stessi, potrebbe (anche accettando il "rischio" dell'emersione di personalità in grado di ricoprire ruoli non più per designazione o investitura dall'alto, ma per capacità di rappresentazione delle esigenze) generare un circuito virtuoso in cui è anche la società a fornire alla politica la spinta delle idee".
Inoltre a giudizio di Pedrizzi "assegnare compiti di coordinamento e direzione ai responsabili di dipartimenti, ad hoc creati, non rigidamente fissati ma formati in base alle necessità, non solo risponderebbe alla naturale esigenza di filtrare le iniziative ed evitare dispersione e anarchie, ma consentirebbe alla leadership di avere a disposizione, magari anche rispondendone in caso di fallimento, chi ritiene di essere grado di mobilitare le risorse e suscitare il consenso intorno al tema d'azione. Oggi An, come partito di governo nazionale e locale, deve essere consapevole di attrarre consensi non solo per i suoi contenuti ideali, ma anche perché partito, appunto, di governo, sede ove maturano decisioni di rilievo collettivo. Può evitare l'ipocrisia di pensarsi partito "di lotta e di governo" e comprendere che anche sinergie diverse, che scaturiscono da legittime ambizioni, possono però essere positivamente indirizzate alla luce di istanze ideali. An può tentare di vivere, insomma, la sua maturità politica con il fascino un po' da adolescenti della sua storia antica".

Mauro Cascio


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